Fiamma Nirenstein Blog

Tra vecchi e nuovi antisemitismi

venerdì 1 gennaio 2010 Diario di Shalom 0 commenti

Shalom, gennaio 2010

E' lungo l’elenco di aggressioni al popolo ebraico, dal furto della scritta ad Auschwitz, al rapporto Goldstone fino alla costante colpevolizzazione dello Stato di Israele

di FIAMMA NIRENSTEIN

La perversione dei ladri che hanno asportato l’insegna di Auschwitz con la scritta “Arbeit machs frei” è degna di nota. Nulla di più irridente e selvaggio insieme era stato mai fatto contro la memoria della Shoah, verso la quale tuttavia permane sempre tanto accanimento. E proprio alla vigilia del Giorno della Memoria (che, voglio ricordare per inciso fu proposta per la prima volta pubblicamente sul Corriere della Sera da mio padre Alberto Nirenstein insieme ad Ernesto Galli della Loggia) ci tocca di registrare la grande proliferazione di antisemitismo nel mondo intero e anche la sua nuova caratteristica: un’articolazione senza precedenti, che varia dall’attacco di Kishinev, con la Hanuccà distrutta da un branco di fanatici religiosi di destra per far posto a una croce, fino al mandato di cattura in Inghilterra che minacciando Tzipi Livni, capo dell’opposizione in Israele, le ha impedito di toccare il suolo britannico.

Forse il vertice di tutta una serie di atti di aggressione al popolo ebraico in questi anni, mentre ci tocca sentire giorno dopo giorno la promessa di Ahmadinejad di distruggere Israele e il popolo ebraico “come un albero ammarcito”, è tuttavia quella proveniente dalla commissione dell’ONU guidata dal giudice sudafricano Goldstone proprio perché non nasce da un regime pazzoide e  integralista come l’Iran, ma dal lavoro prevenuto, inaccurato, scontato, di un’alta sede istituzionale. Il rapporto infatti, minacciando con i risultati ottenuti da tutta una serie di testimonianze organizzate, prevenute e caratterizzate dal pregiudizio, è arrivata alla colpevolizzazione istituzionale del diritto di Israele a difendersi, definendo la guerra di Gaza contro Hamas come una guerra di aggressione, rilevandovi crimini di guerra passibili di essere giudicati da un tribunale internazionale. Insomma, criminalizzando la risposta di Israele a 13mila missili di Hamas piovuti sui cittadini inermi di Sderot e dintorni, con 27 morti e innumerevoli feriti nel corpo e nell’anima, specie bambini. E’ stato proibito a Israele di difendersi in una guerra asimmettrica in cui il nemico usa i civili per fare da scudo ai suoi combattenti, e in cui spara invece sui civili del suo nemico.

 A Gerusalemme, nei giorni scorsi, il Global Forum contro l’antisemismo ha passato in rassegna tutte le modalità attraverso le quali si esprime la nuova ondata di odio antiebraico; e, ricordandone i tanti interventi, non si può che concordare col più famoso storico del Medio Oriente, il professor Bernard Lewis, quando spiega che ci sono stati tre stadi di antisemitismo nella storia del mondo, prima quello religioso, poi quello razziale e infine quello puntato sullo Stato d’Israele inteso come ebreo collettivo, con un’evidente estensione a tutti gli ebrei del mondo. Ciascuno di questi antisemitismi, rileviamo fra parentesi, ha portato a stragi.

Un antisemitismo quindi che non riguarda soltanto Israele, ma la delegittimazione di tutti gli ebrei del mondo che vedono in Israele il centro più importante e caro della loro identità.

L’attacco, dunque, come dicevamo, si origina in mille diverse fonti, è diventato lingua comune: i giornali, a volte anche inconsapevolmente, se ne sono fatti portatori, e così le Nazioni Unite che hanno offerto un podio costante al più repugnante linguaggio dell’odio; le ONG che dovrebbero essere i primi difensori dei diritti civili, basta guardare per esempio alle caratteristiche dei ricercatori e dei dirigenti di Human Right Watch, attivisti antisraeliani prima di ogni altra cosa, all’enfasi da loro messa su Israele rispetto a qualsiasi vera violazione dei diritti nel mondo, all’uso velenoso e continuo di espressioni come “punizione collettiva” o crimini di guerra” e all’uso distorto di terminologia legale ; le aggregazioni degli immigrati islamici, che, non tutti e non sempre, ma con intensità e frequenza hanno fatto uso dei loro pulpiti per farne luoghi di odio antisemita e dai cui sono nati delitti terribili come quello del giovane Halimi, ucciso a Parigi.

Israele, e quindi gli ebrei, quali che siano state le loro posizioni sulla politica israeliana, sono stati delegittimati con le accuse più infamanti, quelle di apartheid e quelle di genocidio, e il paragone fra Israele e la Germania Nazista, pure nel dilagare della negazione della Shoah, è diventato normale discorso politico.

La poliedricità, il provenire di mille frecce a volte anche a forte carattere istituzionale e con una ipocrita copertura morale (basta ricordate la difesa in nome della libertà di opinione di Bildt, ministro degli esteri della Svezia, presidente dell’UE fino alla fine di dicembre dell’articolo del quotidiano Aftonbladet che accusava i soldati israeliani di uccidere i palestinesi per rubarne gli organi) hanno caratterizzato questo ultimo anno di antisemitismo, mentre si moltiplicavano in Europa gli attacchi ai simboli e alle persone, e nel mondo islamico la persecuzione fisica e ideologica degli ebrei, riempiti di improperi e di minacce.

Negli anni passati ci siamo esercitati in tanti autori e militanti a capire a fondo la natura dell’antisemitismo, e vi abbiamo dedicato sforzi teorici immensi: questo per due ragioni. La prima, perchè essere antisemita oggi è un tabù storico cui nessuno accetterà di omologarsi. L’antisemita oggi sostiene che in lui alberga soltanto un onesto critico dello Stato di Israele. In secondo luogo, perché l’antisemita oggi non corrisponde a nessun stereotipo malvagio, nazifascista, razzista. Si può essere antisemiti democratici, anche di sinistra, democratici, intellettuali decenti nell’eloquio e nell’accento, attivisti per i diritti umani, rappresentanti all’ONU o all’UE, esperti neutrali di linguaggio cibernetico… Dunque, ci è stato difficile individuarli e definirli, per la nostra stessa giustificata reticenza.

Ma oggi sappiamo bene chi sono, per quanto tante volte possa dispiacerci. Fu la chiara e onesta definizione di Nathan Sharansky con l’uso della teoria delle tre D (demonizzazione, doppio standard, delegittimazione, questi i parametri su cui capire se si era di fronte a antisemitismo o a legittima critica) che portò una parola definitiva e chiara dopo tanto dibattito.

Oggi, si dovrebbe finalmente aver capito, e scegliere non più il dibattito sull’analisi che continua ancora, troppo a lungo, ma  la ricognizione precisa e quindi la dura reazione Il dibattito suona ormai vuoto e ipocrita: chi avrebbe mai detto che la diffamazione di Israele sarebbe arrivata a tanto, che si sarebbe alzato lo standard della sua emarginazione minacciando di arrestando i suoi leader, condannandola a non difendersi nel momento stesso in cui ogni giorno si levano condanne provenienti da tutti i punti cardinali, sostenute con accuse risonanti in gran parte del mondo, anche in zone prima aliene a questo processo, come il Sud America, parte dell’Africa, la Turchia?

E’ ancora interessante notare che una novità è l’uso continuo dell’invenzione di termini di leggi e di risoluzioni ufficiali in base alle quali Israele sarebbe in continua violazione delle leggi internazionali, dei trattati, delle risoluzioni, degli accordi…insomma in una situazione di colpa giuridica. E’ vero tutto il contrario, Israele agisce secondo la legge internazionale trovando come risposta solo una aggressività che impone spesso azioni maggiori o minori di difesa, come il recinto di sicurezza, o la Guerra di Gaza. Non a caso le accuse provengono da Paesi e gruppi che praticano il terrorismo, che violano tutti i diritti civili, che imbrogliano, mistificandolo a loro favore, il contenuto degli accordi e della storia intera. Il livello di mistificazione è così gigantesco che basta pensare che secondo chi vede gli ebrei come usurpatori essi non furono mai in Israele, mai a Gerusalemme. Mai, c’è chi ha cominciato a dire, essi sono esistiti come popolo.

Peccato che la delegittimazione alle parole affianca armi molto reali, armi balistiche o gruppi terroristici mortali. Questo è sempre stato il cammino dell’antisemitismo, da stupide parole a terribili fatti. Dunque, passiamo ai fatti. I boicottaggi, il lavoro nei campus, lo smascheramento continuo di chi sono gli antisemiti, ovvero violatori seriali dei diritti umani, persecutori sistematici di dissidenti, donne, omosessuali, sia il nostro terreno di scontro da domani. Non siamo più inermi di fronte all’antisemitismo. Le nostre forze sono consistenti, i nostri alleati pronti a battersi con noi come dimostra alla Camera la nascita della Commissione di indagine sull’antisemitismo, una atto istituzionale nuovo che unisce i suoi sforzo a quello di molti altri parlamenti. L’ebreo collettivo, Israele, non è più l’ebreo isolato di un tempo, purchè sappia usare in modo coordinato e solidale i suoi sforzi.

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