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Tra le spine e le trappole della Terrasanta Minacce, alleanze tra e stremisti, strumentalizzazioni

martedì 21 marzo 2000 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein GERUSALEMME Inaspettata come tutte le grande occasioni vagheggiate e temute per anni, l’ ora zero è arrivata: il Papa arriva stasera in Terra Santa. E’ in Israele, no è in Palestina. Porterà parole di pace. No, scatenerà la guerra santa fra le tre religioni monoteiste. Condurrà un viaggio quieto e saggio che dispiegherà al mondo la bellezza di un Medioriente finalmente felice. Niente affatto, da sotto la sabbia tutti i mostri dell’ estremismo si affacceranno d’ un tratto. Tra la gioia e la paura per la grande visita che tutti, cristiani ebrei e musulmani definiscono storica e decisiva, oggi Israele accoglie Giovanni Paolo II. Ogni passo del percorso che sta per compiere è minato dalla politica: ogni sasso è conteso, e sotto ogni barba può celarsi un estremista. Il ministro Chaim Ramon, braccio destro di Ehud Barak, responsabile della sicurezza e della logistica di questo lunghissimo pellegrinaggio (fino a domenica sera) porta i segni fisici dello stress: « Cinquemila poliziotti impegnati, un’ area immensa da coprire. Masse in movimento (50 mila pellegrini in un posto così piccolo)... La responsabilità della sicurezza di questo viaggio è esclusivamente dello Stato di Israele, che si impegna anche a rispettare il desiderio del Papa che il pellegrinaggio rimanga strettamente spirituale» . Ma figuriamoci: anche se il tema di fondo resterà la potente volontà del Papa di rivisitare moralmente le origini del cristianesimo, di porre fine una volta per sempre alla malattia dell’ antisemitismo e di stabilire nella culla delle tre religioni monoteiste un’ atmosfera più amichevole, pure la storia contemporanea si fa gioco dei millenni. Già all’ arrivo, stasera, nell’ eliporto di Monte Scopus, un’ altura di ulivi e pietre, dove sorge l’ Università Ebraica e a due passi villaggi arabi, risuona la risata sardonica degli estremisti ebrei che solo ieri notte hanno dipinto a grandi lettere sul suolo di atterraggio frasi come: « Dov’ eri durante l’ Olocausto?» , oppure « Fuori il Papa» . La sorveglianza, che ora è stata, dice Ramon, messa a punto non era abbastanza, ma soprattutto non c’ erano sufficienti informazioni. Il primo giorno di visita, a Betlemme nell’ Autonomia Palestinese, il Papa incontra un grande dispiegamento di ragioni politiche con cui deve fare i conti: è un’ occasione importante per l’ autorità palestinese dimostrare la propria sovranità nazionale a tutto il mondo. Grandi ritratti del Papa con le scritte « Dio protegga la Palestina» appaiono d’ intorno; immagini di Arafat sorridente, grande dispiegamento di bandiere palestinesi con quella del Papa fanno da sfondo alla visita. Oltre ad Arafat riproporrà l’ idea di « Gesù palestinese» e la reazione del Papa sarà basilare per l’ uso che il rais potrà farne in futuro. Il muezzin della moschea situata proprio di fronte alla Chiesa della Mangiatoia rischia comunque di irrompere nelle cerimonie di accoglienza dimostrando che i rapporti tra i musulmani e i cattolici sono molto meno idilliaci di quello che vorrebbe l’ Autorità . E poi, nella visita a Deheishe, il campo profughi, il Papa sarà messo a confronto con il tema della sofferenza palestinese. Due possibili incidenti diplomatici: la comparazione colla sofferenza degli ebrei durante l’ Olocausto, e l’ accettazione dell’ idea del ritorno dei profughi in Israele, su cui è in corso un serratissimo confronto politico. Giovedì , museo dell’ Olocausto, con conseguenti aspettative di ulteriori scuse della Chiesa da parte dei più esigenti. Anche Barak pensa che il Papa ribadirà il suo pentimento: ma è probabile, come dice il rabbino David Rosen che Israele si debba invece contentare di quello che già ha avuto. Con conseguente ondata polemica. Venerdì la grande Messa di Korazim in Galilea, con problemi infiniti di sicurezza. Verso sera un incontro minato con Ehud Barak, dato che avviene sull’ orlo dello Shabbat, il sabato, giorno in cui a tutti e specie al primo ministro è proibito lavorare (almeno in pubblico). Pena, forse, addirittura un’ altra crisi di governo voluta dai partiti religiosi. Sabato prima di tutto la città dove è nata Maria, Nazareth, dove è in corso un conflitto sanguinoso fra cristiani e musulmani per la moschea che i musulmani vogliono costruire proprio davanti alla Chiesa dell’ Annunciazione. Possibili quindi le manifestazioni e l’ intervento della polizia. Poi, al momento di muoversi, chi piloterà l’ elicottero di sabato? Non un militare come è previsto per il resto del viaggio, perché è un dipendente dello Stato. Si cerca dunque un bravo poliziotto pilota. Alla sera, finalmente, di nuovo Gerusalemme. Gli abitanti della parte Est l’ hanno già tutta infiorata di bandiere palestinesi unite a quella del Vaticano, e hanno promesso di occupare le strade con manifestazioni che dimostrino la loro forza in città . Guai in vista. Gli israeliani faranno della visita al Muro del pianto una dimostrazione di sovranità che può però essere molto disturbata da estremisti religiosi. Altri guai in vista. Il momento più problematico è comunque quello della visita alla Moschee della Spianata. La Waqf, l’ organizzazione araba che sovrintende ai luoghi della fede, ha il diritto di organizzarla come vuole, purché sia senza intenti politici e lasci lavorare in pace la polizia israeliana che, cosa altrimenti proibitissima, entrerà col Papa per proteggerlo nel luogo più santo per i musulmani. Un vero thrilling. E poi il Santo Sepolcro: è il luogo dove le fedi cristiane si combattono per un briciolo di spazio, per una panca, per un tombino.

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