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Testa a testa Gantz-Bibi: caos Israele

mercoledì 18 settembre 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 18 settembre 2019

E' parità sostanziale fra i due grandi protagonisti di questo terribile scontro elettorale che elegge la 22esima Knesset dello Stato d'Israele, anche se i diversi canali televisivi danno numeri un po’ diversi. Per esempio Benny Gantz riceve 33 seggi dal Canale 13 mentre Benjamin Netanayhu ne prende 31, ma secondo il primo Canale i due sono pari con 32 seggi a testa. Ma nessuno dei due candidati principi, il capo del Likud e di Blu e Bianco, ha, in generale, contando gli alleati, il numero fatidico di seggi necessari per rappresentare la maggioranza che consente di formare il governo: 61. Netanyahu infatti può contare su 56 o 57 seggi, e Gantz invece su 54. I due partiti che decideranno il destino dei due leader adesso, nella fase in cui il Presidente deve designare il suo prescelto, sono il terzo partito, quello arabo "Lista Unitaria" che è cresciuto fino a 12 seggi e "Israel Beitenu" "Israele casa nostra" di Avigdor Lieberman, lo stesso che ha mandato a gambe all'aria Netanyahu cinque mesi fa, il superlaico che può indifferentemente fare una scelta o di destra o di sinistra tenendo tuttavia fermo un punto: il suo odio conclamato per Bibi e anche per i religiosi (Bibi non lo è). Crescono i partiti ortodossi fino a 17 seggi, si mantengono in sella i due partiti di sinistra che passano le forche caudine per entrare in parlamento con 5 mandati ciascuno. Bibi, sempre fortissimo, però non ha vinto.

Adesso comincia la via crucis del grande scontro fra l'ex capo di Stato maggiore timido e cortese Benny Gantz e il primo ministro che è stato al governo 13 anni e che ormai metà della gente d'Israele vuole fuori, con la sua volontà di ferro di restare alla guida del Paese. Israele vive uno stato post traumatico dopo una campagna elettorale tesa e aggressiva. Anche le ultime ore sono state caratterizzate da drammatiche richieste di aiuto da parte di Netanyahu tramite Facebook: andate a votare, vi sveglierete col governo di "Blu e Bianco" coi partiti arabi, vi ritroverete il Paese diviso e indifeso. Ieri tutti i leader come messaggeri isterici dalle spiagge ai mercati sono corsi a dire personalmente ai votanti di andare ai seggi. Separarsi da Netanyahu con un taglio sarebbe stato un gesto freudiano di uccisione del padre, non si è compiuto il gesto di temerarietà cui un Paese che vive la continua utopistica adolescenza della libertà democratica in tempo di guerra. Ma 13 anni sono tanti, e l'aggressione concentrica ha toccato tutte le corde possibili, familiari, populistiche, giustizialiste, moralistiche. La vera battaglia adesso è su un numero, 61, quello dei parlamentari necessari per avere la maggioranza. Il presidente d’Israele Reuven Rivlin comincerà solo il 25 settembre a ricevere i rappresentanti dei partiti e poi avrà tempo fino al 2 ottobre per dare l'incarico. Certo non vuole un terzo turno elettorale in un anno.

Quattro mesi fa gli exit poll della notte, dettero a Benny Gantz la vittoria. Così il contendente di Netanyahu fece un discorso di trionfo che si rimangiò il giorno dopo: sbagliarono perchè non riuscirono a identificare la sconfitta a destra del Likud, che sottrasse voti alla coalizione di Bibi; e quella a sinistra di Gantz, che vide la sparizione del partito laburista. Gantz non ha comunque 61 seggi a meno di non consegnarsi al partito arabo o a Lieberman, l'uomo che anche la volta scorsa ha tenuto le chiavi della situazione predandola. Per Bibi, l'infuocata campagna elettorale ha disegnato un campo religioso più robusto e difensivo a causa dell'aggressione durissima da Lieberman e dal secondo di Benny Gantz (che ne avrebbe volentieri fatto a meno) Yair Lapid. E sparito il partitino messianico dell'estrema destra, Di fatto il partito arabo unito di Ayman Ouda che nel passato, a volte contro i desideri del suo elettorato, ha aggredito lo Stato stesso con parole e episodi di odio e delegittimazione, resta impraticabile.

Alla fine, può darsi che la strada segnata sia quella di un governo di coalizione. Ma essa si profila lunghissima e difficile, dato che i votanti di sinistra, non vogliono accettare un governo con Netanyahu. Tutta la campagna è stata su di lui, contro di lui, con parole grosse, offese sanguinose. La formazione di un governo che si basi su 61 parlamentari rappresenta anche la conferma dell' immunità parlamentare che, a causa delle accuse ancora non formalizzate, Bibi vuole ottenere per restare in carica. Fino all'ultimo minuto le rivelazioni di sinistra hanno inseguito Netanayhu anche sul terreno della sicurezza: si è scritto che martedì notte, dopo che un attacco di missili su Ashdod lo aveva costretto a cercare rifugio durante un comizio, Bibi aveva cercato con una telefonata alle 2 di notte ai ministri del gabinetto di ottenere l'approvazione per una guerra a sorpresa contro Hamas. La guerra non c'è stata, ma su Israele ciò che come al solito più incombe è l'acuto accerchiamento terroristico. Gaza, al sud, seguita coll'attacco di missili, gallerie, aquiloni infuocati, assedio; ma soprattutto la minaccia è quella dell'Iran e degli Hezbollah ormai su tutto il confine del nord. Da mesi Israele è costretta a intervenire per fermare gli attacchi degli armamenti molto avanzati da Siria, Libano, Iraq, dove l'Iran si organizza da conquistatore. Gli Hezbollah hanno istallato fabbriche di missili di precisione vicino a Beirut  sotto la direzione del generale Qasem Soleimani, lo stratega delle Guardie della Rivoluzione. Ormai la guerra è aperta e pericolosa: Iran e Israele si guardano negli occhi. Intanto, l'Iran è stato accusato degli attacchi missilistici che la milizia Houthi ha condotto contro l'Arabia Saudita. Il presidente Trump minaccia per questo guerra. Il miracolo israeliano di mantenere la sua incredibile democrazia mentre la guerra lampeggia, è il prezioso retaggio del nuovo leader.

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