Sull'Har Karkom, nel Neghev, l'archeologo italiano trova una conferma alle sue tesi La Luna di Sin svela il monte di Mosè Anati: "Il vero Sinai è in Israele, ecco le prove"
lunedì 1 giugno 1998 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
UN giorno di aprile il professor Emanuel Anati guardava dai monti di
Edom in Giordania il profilo della sua montagna, Har Karkom situata
in Israele, nel Sud del deserto del Neghev, quasi in Egitto. Giallo
e nero il monte, forte il sole, e l'aria gravida di santi misteri.
Anati è un eminente archeologo fiorentino, tre volte laureato, una
volta a Gerusalemme, una a Harvard, una alla Sorbona. Un pozzo di
scienza, fondatore del Centro camuno di studi preistorici, autore
di importanti pubblicazioni sulla cultura e l'arte dell'uomo
primitivo. Ma l'Har Karkom per lui è qualcosa di diverso, è la
sua passione: secondo gli studi che conduce ormai da molti anni, la
montagna altro non è che l'autentico Monte Sinai dell'Esodo, delle
Tavole della Legge. Ma andiamo per ordine.
Dunque, Anati guardava il profilo del monte nel deserto contro il
sole, e pensava a tutte le scoperte che in questi anni insieme con
i suoi allievi e assistenti lo avevano portato a quelle
conclusioni: da quando aveva cominciato a scoprire sul Jebel Ideid,
il nome arabo del luogo che significa Monte delle Rimembranze o
delle Assemblee, un'enorme quantità di segni rivelatori
dell'importanza di quel monte che già all'orizzonte appare più
grande e più ben delineato degli altri.
Nel profilo del monte Anati fissò di nuovo quel piccolo bozzo,
quella semicupola che aveva notato varie volte, ma adesso gli parve
chiarissimo che si trattava di un tumulo importante, degno di
essere finalmente scavato. Così questa volta gli archeologi hanno
spostato una quantità di pietre nere, la base inorganica e
naturale del posto; ma nel cuore del tumulo, bianca come un grande
gioiello troneggiava una grossa pietra semisferica levigata,
chiaramente un oggetto di culto fatto a forma di luna. Anzi una
luna: la Luna di Sin, appunto il dio della Luna. Qualunque
egiziano, a chi visiti il Sinai, racconta subito che dalla luna
deriva il nome della penisola desertica e della relativa montagna
di Mosè . Si può dunque immaginare le emozioni di Anati quando ha
trovato quella che gli è sembrata la prova definitiva delle sue
teorie. Ecco, ha pensato, un'ulteriore prova che questa montagna è
il vero Sinai, il monte del dio Sin. Lo studioso è uscito dal
tumulo nero sorreggendo la luna con tutte e due le mani. Accanto,
gli archeologi hanno trovato anche un coltello di selce dell'età
del bronzo fatto per i sacrifici votivi degli animali.
Un'importante ragione in più , dice Anati, a conferma della sua
ipotesi. Tutta la spedizione, fatta di 34 persone fra cui 18
italiani compreso il responsabile dello scavo, Valerio Manfredi, ha
fatto festa.
Questa forse è la scoperta che può aiutare a superare
definitivamente lo scandalo che la comunità archeologica non ha
mai superato di fronte alla teoria di Anati, che tuttavia va
acquistando negli anni sempre più attenzione. È duro pensare che
Mosè non ricevette le Tavole della Legge su quel picco accanto a
quello dove oggi sorge il Monastero di Santa Caterina, nella
penisola del Sinai; ma Anati spiega che in quella zona mai e poi
mai sono state trovate tracce di periodi anteriori all'epoca
bizantina. Sarebbe un'invenzione bizantina l'idea che Mosè abbia
ricevuto le Tavole su quel monte. Mentre le tracce di sacralità di
Har Karkom risalgono alla notte dei tempi.
Il monte conserva tracce di villaggi e di insediamenti dell'età
del bronzo poste ai piedi di quella montagna coperta di mille
santuari, e questo risponderebbe alla memoria contenuta nella
Bibbia del Sinai come di un santuario proibito ai profani. Le
analogie sono tante. Il Sinai è ricordato nella Bibbia come un
monte coronato di fumo e di fuoco, e in realtà i segni di incendio
sono profondi e diffusi su tutte le pendici. Mosè restò 40 giorni
in cima al Sinai, ed ecco che è stata ritrovata una grotticella
che porta i segni della lunga permanenza di un solo eremita nel
periodo che Anati ha stabilito essere di circa 800 anni precedenti
a quello stabilito dagli esegesi, circa nel 2200 avanti Cristo, 200
chilometri da Santa Caterina.
Ma questo non può offuscare la quantità di oggetti sacri
ritrovati nel monte: altari, piattaforme per sacrifici, luoghi di
assemblea, di preghiera, 77 cippi antropomorfi, e anche moltissima
arte rupestre. Da una pietra guarda addirittura un grande occhio di
Dio, da un'altra appaiono graffite le Tavole suddivise in dieci
sezioni. E adesso la luna del dio Sin: Anati l'ha lasciata in un
deposito di Israele, ed è tornato in Italia più agguerrito che
mai, deciso a far valere le sue tesi.
Fiamma Nirenstein