SIRIA E PKK, DESTINO COMUNE DOPO LA GUERRA FREDDA
domenica 8 agosto 1999 La Stampa 0 commenti
                
Fiamma Nirenstein 
LA storia giunge sempre precisa ai suoi appuntamenti, e ormai da 
qualche 
settimana l’ attenzione di Hafez el Assad verso la pace con Israele e 
le 
promesse del Pkk, il partito guerrigliero di Ocalan, di porre fine 
allo 
scontro con i turchi, s’ incontrano sulle prime pagine dei giornali. 
Assad, 
che ha scambiato frequenti messaggi, tramite la Giordania e gli 
americani, 
con Barak, è stanco, si dice, a 72 anni desidera preparare al figlio 
Bashar 
la successione in una Siria avviata alla normalità . Poiché la Siria è 
tuttora l’ unico grosso Paese mediorientale in stato di guerra con 
Israele. 
Quanto ai curdi, sarebbero gli appelli del capo Abdallah Ocalan, dal 
braccio 
dei condannati a morte nell’ isola a Sud di Istanbul, il richiamo 
decisivo a 
ritirarsi dalle regioni sudorientali della Turchia. 
Tutto questo è vero: i curdi non voglio veder morire il loro leader; 
i 
siriani non vogliono restare isolati. Ma al di là di ciò , è bene 
cogliere il 
nesso che troppo spesso ormai riteniamo insignificante, passato: 
queste due 
speranze di pace sono ambedue figlie della fine di quel coacervo di 
aberrazioni politiche e ideologiche che fu la Guerra fredda. 
Assad, dopo Nasser a suo tempo, fu il più coccolato, il più armato, 
il più 
sostenuto fra i pupilli di Mosca al tempo del comunismo contro 
Israele e 
contro l’ America. Certo la recente e complessa trattativa condotta da 
Assad 
a Mosca sull’ acquisto di armi per 2 miliardi di dollari, e 
contestualmente 
sull’ enorme debito pregresso, non deve avere incoraggiato il leader 
siriano 
a proseguire sulla vecchia strada; e lo deve certo aver molto colpito 
soprattutto l’ unità della Nato nella guerra del Kosovo: i suoi vecchi 
amici 
si sono tutti americanizzati. 
Quanto ai curdi, il problema di dare libero spazio alle loro 
sacrosante 
richieste di autonomia, calpestate e ignorate dai turchi, certo 
resta: ma 
ricordiamoci che solo il 13 per cento dei curdi chiede la creazione 
di un 
Kurdistan autonomo, e che il 25 per cento degli eletti al Parlamento 
turco 
sono curdi. In altre parole, non dimentichiamo che esiste un’ ala 
moderata 
molto robusta fra i curdi, e che l’ andamento parossistico dello 
scontro (che 
ha fatto 37 mila morti) è nato dall’ eliminazione proprio di questi 
gruppi 
più possibilisti da parte di Ocalan. Egli resta un marxista-leninista 
educato all’ università di Mosca, che ha messo la falce e il martello 
sulla 
prima bandiera del Pkk. Siria e Ocalan si sono incontrati nei campi 
di 
addestramento libanesi della Bekaa, dove gli istruttori e i soldi 
erano 
siriani; nella lunga permanenza di « Apo» a Damasco; nel « Centro 
sovietico di 
cultura» di Damasco, gestito per organizzare ogni tipo di operazione 
dalla 
moglie di Ocalan, Kesire Yildrim. Adesso Siria e Pkk s’ incontrano 
invece 
finalmente sul nuovo e incerto sentiero della pace, il sentiero del 
dopo 
Guerra fredda, che per quanto scivoloso si trova al di fuori degli 
equivoci 
ideologici. Restano certo i problemi etnici, quelli della miseria, 
quelli 
delle frizioni religiose, quello territoriale... Tuttavia, esistevano 
tutti 
quanti anche prima, e in più c’ era un grande equivoco la cui 
scomparsa 
lascia ancora tendenzialmente più spazio ai processi di pace. 
            