SI APRE DOMANI LA CONFERENZA DI DURBAN, IN UN CLIMA DI ACCUSE E RIVENDICAZIONI: UN DURO COMPITO PER L’ ALTO INCARICATO DELL’ ONU Ehy Mrs. ROBINSON che razza di antirazzismo
giovedì 30 agosto 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
inviata a DURBAN
LA prima Conferenza dell’ Onu nel nuovo millennio è solenne nel
titolo
quanto lo sono le migliori fra le umane ambizioni: battere il
razzismo. Ed è
anche stravolta quanto lo sono le contorsioni politiche dell’ uomo.
Battere
il razzismo è un sogno gigantesco. Noi siamo dal XVI secolo un
accumulo di
pensieri che, appunto nella versione moderna, vanno dalla « limpieza
de
sangre» , alla fisiognomica, alla frenologia, all’ idealtipo della
bellezza
classica, o anche allo « spazio vitale» .
Dunque, la signora Mary Robinson, alto incaricato dell’ Onu per questa
« Conferenza mondiale contro il razzismo, la discriminazione razzista,
la
xenofobia, e la relativa intolleranza» che si apre domani a Durban,
ha il
duro compito di gestire il più ambizioso fra tutti i colloqui delle
Nazioni
Unite su questo tema fiancheggiato anche da un’ enorme conferenza
parallela
di tutte le organizzazioni non governative (Ong). E lo è tanto più in
un’ era
di immigrazioni, rifugiati, grandi conflitti etnici e religiosi.
Sarebbe dunque stata una gran bella occasione, anche perché , se le
cose
fossero andate come dovevano, avrebbe riflettuto un atteggiamento
tutto
post-Guerra fredda, in cui gli uomini finalmente smettono di
occuparsi di
conflitti ideologici e parlano di problemi comuni. Perché nessuno è
scevro
da problemi di razzismo. Ma non è andata così . Almeno non fino a ora.
Infatti nella fase preparatoria della Conferenza, sempre di più , nei
grandi
incontri che hanno disegnato la cornice del dibattito a Strasburgo, a
Santiago e soprattutto nel febbraio scorso a Teheran, si è visto il
crescere
di un moto di incontrollata passione antioccidentale, e ciò che si
faceva
strada è stato il desiderio del mondo arabo, affiancato da un coro di
Paesi
non allineati, di utilizzare la circostanza come un palcoscenico di
rivendicazioni soprattutto anti-israeliane e antiamericane. Tanto che
Colin
Powell - segnale vivente (un nero americano segretario di Stato)
insieme con
Nelson Mandela di come la discriminazione razziale possa essere
battuta -
non andrà a Durban: è troppo, inverosimilmente lunga e
sproporzionata,
l’ accusa agli americani di essere il peggiore e quasi l’ unico fautore
dello
schiavismo dei neri. Troppo acuta, e quasi isterica nei concetti, la
parte
del progetto di risoluzione dedicata a Israele. Dunque, anche gli
israeliani
non andranno al meeting, e neppure le organizzazioni ebraiche di
primaria
importanta come l’ Anti Diffamation League.
Mary Robinson ancora vorrebbe salvare la parte universale del
messaggio del
suo convegno, cui si è riferito anche il Papa domenica scorsa:
quindi, la
commissaria dell’ Onu sta ancora cercando di placare le acque, ma i 56
membri
della Conferenza Islamica e i 113 non allineati formano una
maggioranza
precostituita, e non c’ è niente da fare. La risoluzione finale sarà
certamente molto dura.
Dunque due ne saranno i punti centrali: il tentativo di ripristinare
l’ antistorica e oltraggiosa equazione « sionismo uguale razzismo» -
cancellata nel 1991 dall’ Onu stessa (in quella bell’ atmosfera
post-Guerra
Fredda) - arricchita, inoltre, da una serie di punti che riguardano
« la
pulizia etnica» contro i palestinesi di cui si sarebbe macchiato
Israele. La
risoluzione potrebbe rimettere addirittura in forse la legittimità
delle
origini di Israele nel 1948, nonostante nasca dalla partizione
deliberata
dalle Nazioni Unite. Inoltre, si prevede di comparare un ipotetico
« olocausto» dei palestinesi a quello degli ebrei, e - massimo dei
rovesciamenti concettuali al limite del paradosso - il termine
« antisemitismo» andrebbe ora usato riferito agli arabi (semiti) da
parte di
Israele. Bisogna, dicono gli accesi fautori di questo disegno di
risoluzione, sostituire al termine antisemitismo l’ espressione « nuova
discriminazione antiaraba» .
La parte antiamericana, invece, parla della tratta degli schiavi come
se
fosse stata esclusivo appannaggio degli Usa e chiede che gli
americani
porgano scuse e risarcimenti: dimentica come il traffico e l’ uso
degli
schiavi sia stato molto praticato in tutto il mondo, e specialmente
dal
mondo arabo fino a tempi assai recenti.
In generale, invece di interrogarsi a fondo sulle origini del
razzismo, di
compiere un’ analisi precisa delle proprie pecche (quanti ebrei, in
quanto
tali, sono stati cacciati da Libia, Siria, Iraq, Iran, Egitto...) la
Conferenza, che pure contiene termini molto interessanti di
riflessione, va
all’ attacco dell’ Occidente impugnando una spada fiammeggiante. E’
difficile
così che ne possano nascere buoni spunti per combattere il razzismo.
Anzi,
le organizzazioni delegate a questo potrebbero svilire il proprio
ruolo se
la risoluzione sarà così militante. La signora Robinson ha dunque un
duro
lavoro in questi giorni per ricondurre i termini del dibattito in un
ambito
utile e civile.