Si apre a Los Angeles: artisti di tutto il mondo per una leggenda del XX secolo Coca-Cola, il museo in bottiglia E da Israele il mosaico-provocazione di uno studente
lunedì 7 luglio 1997 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME PARE che non siano finiti ancora i tempi in cui i faraoni
adoravano costruire le loro immense piramidi, testimonianza di potere
sul mondo. Né i tempi dei grandi templi greci, romani, ellenistici.
Non è finito neppure il tempo in cui le grandi potenze utilizzavano
le menti e le braccia di tutti i loro sudditi. Solo che allora si
moriva per la gloria del faraone, specie gli ebrei prima di Mosè , e
ora invece no. E questo fa una bella differenza. In questi giorni qui
in Israele si sente una forte eco del nuovo grande monumento in
gloria della Coca-Cola. Da qui, infatti, viene un'opera d'arte che
serve ad impreziosirlo. Il monumento si trova a Los Angeles, e sarà
scoperto questa notte con fuochi d'artificio e grande gioia. Si
tratta manco a dirlo di un bottiglione di Coca-Cola alto 30 metri,
sexy come sa esserlo solo quella bottiglia curvilinea come Marilyn
Monroe, e anche però immensa come King Kong. Contiene due ascensori
che portano il visitatore fino a un quarto piano da cui si gode una
bella vista e una mostra dedicata al frizzante mondo della Coca-Cola.
Da fuori il bottiglione è tutto festonato di luci e di colore. Chi
va in ascensore sente anche una colonna sonora a base del tintinnio
del ghiaccio nel bicchiere, della soda spruzzante, e l'ascensore
canta anche in tutte le lingue, ovvero liete musichette
pubblicitarie. Quando si arriva al terzo piano, la mostra d'arte
allinea quindici sculture fra cui quella israeliana (è stata
giudicata ). L'autore è uno studente di
grafica di Tel Aviv che si chiama Zohar Gabby, un nome che certo
esisteva identico ai tempi in cui gli ebrei costruivano la Sfinge per
il faraone: Gabby, infatti, vuol dire il servitore, il contabile, il
secondo del rabbino nel tempio. La sua opera consiste in un mosaico
alto due metri e mezzo le cui tessere sono dipinte con colori
naturali antichi. Fa da base a una bottiglia in poliuretano. Il logo
(che parola ricca) è scritto in ebraico, e certo questo
non manca di sollecitare la visione imperiale della compagnia,
insieme con il fatto che le tecniche utilizzate sono costruite
secondo forme e messaggi connessi con l'antica Israele, con Roma, la
Grecia, e in genere con tutto l'universo archeologico dell'Asia
ellenistica. Vogliamo sorridere? Non più di tanto. Oltre all'Empire
State Building, o al Centro Pompidou, di certo anche nella
Bottigliona si esprime il forte desiderio della nostra epoca di
lasciare tracce al massimo del suo splendore. È per questo che anche
McDonald's ha riempito di monumentali cancelli d'oro tutto il mondo,
e in genere laddove essi appaiono insieme alla Coca-Cola e al rock
and roll è segno che ci potrà essere una qualche democrazia.
McDonald's va solo laddove si è creato uno strato sociale disposto a
stare in piedi, in fila, senza accampare privilegi di classe, e che
tuttavia vuole essere servito secondo uno standard di pulizia molto
elevato, spendendo poco, e mangiando e bevendo secondo quello che a
tutti i ragazzi del mondo appare buono: cioè civilmente, in maniera
ordinata, e con un certo sapore. E magari, come in Israele, rompendo
finalmente le regole alimentari religiose. I cancelli di McDonald's e
le grandi della Coca-Cola sono in ogni caso molto meno
sanguinosi di quelli dei Paesi che nella storia hanno amato elevare
al cielo i loro simboli fallici: obelischi, colonne, menhir e
quant'altro. Da noi, a Roma ce ne sono tanti, antichi, e recenti.
Anche molto recenti. Sono più belli dei monumenti alla Coca-Cola o
al McDonald's? Non so, però certamente sono di peggior sapore.
Fiamma Nirenstein
