SI ACCENTUANO LE DIVISIONI INTERNE ALLE FAZIONI PALESTINESI: OBIETTIV O, ACQUISIRE IL MERITO DEL RIPIEGAMENTO ISRAELIANO L’ incognita Hamas su l ritiro da Gaza Abu Mazen non controlla la galassia dei gruppi estremisti
domenica 14 agosto 2005 La Stampa 0 commenti
inviata a GAZA
Con la grande bandiera verde alle spalle, ornati delle loro fasce da
« martiri» cariche di slogan inneggianti al potere di Dio, con i loro mitra,
i leader di Hamas sono apparsi tutti insieme in uno show che non si vedeva
da dieci anni: in un albergo di Gaza, davanti a una selva di microfoni,
hanno annunciato in arabo e in inglese che, dopo il ritiro di Israele, gli
attacchi proseguiranno. Haniyye, rotondo, la barba grigia, fiancheggiato da
quattro fondatori, ha sfidato il presidente dell’ autorità palestinese Abu
Mazen, in aperto contrasto con la sua promessa di evitare ogni violenza e
contro gli ordini di contenimento impartiti dall’ Autorità alle forze armate:
« Hamas rimane fedele alla resistenza come scelta strategica. Hamas rimane
fedele alla sua ala militare e al suo diritto di possedere armi... non
permetteremo a nessuno di usarci, non volgiamo scontrarci con l’ Autonomia
palestinese ma non daremo a nessuno la possibilità di monopolizzare il
processo decisionale» .
E questo a un giorno dalla celebrazione ufficiale, alla presenza di Abu
Mazen, dell’ uscita di Israele da Gaza, dopo che al porto decine di migliaia
di pescatori avevano applaudito il discorso del Presidente. Abu Mazen aveva
detto, come pochi giorni prima Abu Ala, il Primo ministro dell’ Autonomia,
che Gaza è solo il primo passo verso la conquista di Gerusalemme capitale:
una scelta di linea dura, accattivante per chi sia in bilico fra Hamas e
Fatah. E Mohammed Dahlan, l’ uomo di Abbas a Gaza, aveva chiamato all’ unità
sotto una sola bandiera, quella nera, verde rossa e bianca di Arafat, e non
quella verde dello sceicco Yassin. Intanto Hamas, sventolando le sue
bandiere verdi, di cui ha fatto cucire 70 mila esemplari, oltre a 40 mila
uniformi militari e 100 mila cappelli, per festeggiare la giornata in cui i
palestinesi potranno entrare nelle zone occupate dai settler, mostrava alla
stampa un’ impressionante esercitazione militare, con mitra, pugnali,
missili, capriole sui fuochi. Subito imitata ieri dalla Jihad islamica,
responsabile dell’ ultimo attentato a Netanya che ha mostrato l’ abilità delle
sue milizie.
Poco aiuta sapere che intanto Mohammed Dahlan ha dispiegato 7500 uomini
lungo l’ attuale linea divisoria con il Gush Katif per impedire attacchi e
scorribande. Il messaggio di Hamas, come ci spiega l’ analista palestinese
Khaled Abu Toameh, si chiama Indihar, che in arabo classico significa
« espulsione e sconfitta» : viene usato su tutti i giornali, nei discorsi
pubblici e fra la gente quando si parla del ritiro. E vuol dire una cosa
sola: Israele se ne va da Gaza perché è stato, appunto, « espulso e
sconfitto» dall’ Intifada. La gente di Ramallah e di Betlemme come quella di
Gaza, è d’ accordo nel ritenere che lo sgombero sia una conseguenza degli
attacchi suicidi di questi anni e dei missili Kassam, più di 6000 nel corso
dell’ Intifada, centinaia ancora in queste ultime settimane.
Per esempio Nadem, un insegnante di Betlemme, ne è profondamente convinto:
« Il processo di Oslo è stato molto meno efficace, l’ Intifada, lo si vede da
questo ritiro, è stata molto più utile. Gli shahid hanno avuto un risultato
concreto. Non è vero, come dice Abu Mazen, che il terrorismo suicida e i
Kassam danneggiano la causa del popolo palestinese» .
Un’ inchiesta condotta dal Palestine Information Center Web ha accertato che
il 94 per cento dei palestinesi vede lo sgombero come Indihar, la vittoria
dell’ Intifada. Dunque, ambedue le fazioni, Fatah e gli integralisti
islamici, rivendicano la paternità dell’ Indihar, perché è una sicura chiave
di successo e del potere economico e politico che verrà dal possesso di
Gaza. Confida Hani, gommista di Gaza, padre di quattro figli: « Non vedo
l’ ora di muovermi liberamente su e giù per la Striscia, ho sognato da sempre
questo momento. Voglio portare i miei bambini su tutte le spiagge, vedere i
posti che non ho mai visto, e sperare che il domani porti solo cose buone» .
Chi raccoglierà questa gioia avrà una forza spendibile anche nel prossimo
futuro, ora che il consesso internazionale e soprattutto il presidente
americano George Bush, trasferiranno all’ Autonomia molti aiuti concreti: si
deve costruire il porto, riaprire l’ aeroporto, promuovere imprese economiche
di ogni genere, infrastrutture, posti di lavoro. Ma cavalcare l’ Indihar e
gestire una situazione pacifica è una contraddizione in termini: se la gente
è convinta che Israele si batte con l’ Intifada, difficilmente si applicherà
a coltivare la sua speranza di tornare alla Road map e di trattare.
E poi Hamas vuole partecipare alla festa, e lo fa sulla sua linea, quella
che gli consente di ricattare Abu Mazen minacciando attentati e ipotecando
l’ intero sgombero. Per ora Abu Mazen tiene duro anche se non reagisce
direttamente. « Non accetteremo - dice - una situazione in cui Hamas cerca di
distruggere l’ Autorità palestinese e sostituirla» . Bisogna vedere se
riuscirà a continuare a evitare l’ uso delle armi e a conquistare l’ opinione
pubblica all’ idea della trattativa. Proprio quello che Hamas cercherà di
evitare a ogni costo.