SHARON « Non mi aspettavo questa tragedia»
martedì 3 ottobre 2000 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV
PER riuscire a inchiodarlo mentre tutto il mondo lo assedia di
rimproveri e
di domande, bisogna resistere in attesa per tre ore davanti un'enorme
maschera dorata di Zeev Jabotinskij, il fondatore della destra
israeliana
appesa al muro nella sala delle riunioni della direzione del Likud.
Qui, al
quattordicesimo piano del grande palazzo di via King George a Tel
Aviv
blocchiamo Ariel Sharon che siede sotto la maschera a un lungo tavolo
dove è
riunita la segreteria del suo partito. Sono tutti piuttosto agitati.
La sala
risuona dell'eco psicologica assordante degli scontri, degli spari,
degli
urli delle sirene. La visita alla spianata delle Moschee che ha
infiammato
il campo pesa sul partito di opposizione, anche se nessuno vuole
ammetterlo.
E Sharon, il duro generale di cui non si parla mai senza regalargli
l'attributo di « falco» , da sempre abituato a vivere pacato e
corpulento al
centro della polemica mondiale, stavolta ha l'aria molto innervosita.
E'
pallido, il mondo lo assedia, lo considera un nemico della pace e
persino il
responsabile di tutto il sangue che scorre in queste ore.
Come si sente con addosso l'accusa di aver originato gli scontri
mortali in
corso? Chirac pensa che lei abbia compiuto una irresponsabile
provocazione
premeditata, l'amministrazione americana che la sua mossa sia stata
insensatA. Si sente offeso? Oppure fiero di quello che ha fatto?
« Voglio chiarire che non era certo la prima volta che salivo sulla
Spianata
delle Moschee, che da tremila anni si è chiamata Monte del Tempio, il
luogo
più sacro per tutto il popolo ebraico. E comunque la mia visita,
durante la
quale non sono peraltro entrato nella Moschea di Al Aqsa, non aveva
nessun
intento provocatorio. Nessuno nello Stato di Israele e in Gerusalemme
di cui
Israele ha la piena sovranità ha bisogno di permessi per visitare
alcunchè .
Un mussulmano o un cristiano che visitino il Muro del Pianto a Yad Va
Shem,
il museo dell'Olocausto, non hanno bisogno che gli ebrei diano il
loro
permesso» .
Ma lei capisce bene che oltre al diritto esiste anche l'opportunità ,
e qui
era evidente che la sua visita sarebbe stata sgradita e anzi che
avrebbe
dato fuoco alle polveri.
« Questo è un puro pregiudizio che è diventato senso comune. Non è
vero:
l'ondata di violenza era già organizzata e pronta a diffondersi a
macchia
d'olio, anzi, aveva avuto inizio dieci giorni prima a Netzarim con un
lancio
di pietre e uso di esplosivi e armi da fuoco. Poi, la sera prima
della mia
visita e all'alba del giorno dopo erano stati uccisi in due attentati
due
soldati israeliani, uno dei quali nella ronda congiunta
israelo-palestinese.
Venerdì Arafat ha incontrato i Tanzim, la milizia armata dell'ala più
estrema di Fatah, e gli ha dato ordine di dare il via alle
manifestazioni
armate» .
Signor Sharon, tutto il mondo è concorde nel pensare che senza il suo
gesto
l'esplosione di violenza non sarebbe stata così grande. Persino gli
americani.
« Ho scritto una lettera di protesta alla signora Albright in cui
cerco di
fornire le informazioni che mancano nella posizione americana, di
ristabilire la verità » .
Se lei già sapeva questa verità , ovvero che i palestinesi avevano
intenzione
di compiere un'escalation di violenza, tanto più non avrebbe dovuto
salire
alle Moschee.
« Ripeto che un ebreo ha diritto di salire sul Monte che è il luogo
più sacro
per l'ebraismo» .
Non la sapevo davvero religioso; lei è ritenuto un leader laico.
« Non sono religioso, ma sono un ebreo per cui il Monte del Tempio è
un
simbolo nazionale di primaria importanza. Ci venivano già i profeti
Isaia e
Geremia. O è permesso solo agli altri di considerare sacri i loro
simboli?
Dobbiamo chiamare quel monte solo Spianata delle Moschee, come usa
all'improvviso?» .
Torniamo agli scontri. Lei non ha responsabilità ma nello stesso
tempo
sapeva che si preparava un'ondata di violenza. In definitiva, si
aspettava
una reazione tanto dura oppure no?
« Devo confessare che non me l'aspettavo. E soprattutto non mi
aspettavo
l'esplosione di violenza arabo israeliana. Non credevo che dei membri
del
Parlamento Israeliano, della Knesset, avrebbero dato di nazisti ai
nostro
comandanti e invitato alla rivolta totale. Si è accesa una luce rossa
cui
bisogna prestare la massima attenzione» .
Cosa intende dire?
« Intanto, che bisogna ristabilire con estrema urgenza la legge e
l'ordine
dentro Israele. Non è ammissibile che tutto il nord del Paese sia
tagliato
fuori, che sia impossibile viaggiare sulle strade, che i cittadini
siano
impediti dentro i loro confini da altri concittadini dal raggiungere
le
scuole, il lavoro, la casa. Nessun Paese del mondo deve permettere
mai una
cosa simile» .
Sta criticando Barak perché ritiene che tenga in questi scontri una
linea
troppo morbida? Sta dicendo che Barak tiene solo al processo di pace
e per
questo non si impegna a fondo?
« Tutto questo l'ha detto lei. Io non ho nessuna critica da fare in
questo
grave momento al governo. La tensione è estrema, lo sforzo duro, non
posso
che sentirmi solidale di fronte alla battaglia» .
Vuol dire che è in corso una guerra?
« No, non è una guerra. Ma le strade del nord vanno riaperte
urgentemente, la
vita civile deve essere ad ogni costo ripristinata. Non è
stupefacente che
dei deputati israeliani, sia pure arabi, siano alla testa di scontri
che
sfociano anche nella morte dei cittadini? E comunque non si deve
dimenticare
che gli ebrei hanno un piccolo minuscolo Paese democratico, l'unica
democrazia della regione, continuamente minacciato, dove hanno il
diritto di
difendersi, e ci difenderemo fino in fondo» .
Ritiene che adesso il processo di pace sia al tappeto? La sua visita
era
intesa a questo scopo?
« Si deve finirla con l'idea che io sono contro il processo di pace.
Ognuno
ha la sua idea di come raggiungere la pace, che anch'io desidero. E'
pure
ammissibile che io ne abbia una visione diversa da quella della
sinistra.
Quando ero ministro degli esteri, nel 98, mi incontrai più volte con
la
leadership palestinese per pianificare un accordo ad interim di lunga
durata
con una reciproca promessa di non belligeranza. Era articolato su tre
punti,
cooperazione per la sicurezza contro il terrorismo, joint venture
economiche, educazione alla pace. Era previsto anche un modo per
risolvere
il problema della contiguità territoriale» .
Si dice che lei non abbia nessuna fiducia negli arabi.
« Non è per niente vero: c'è una commedia che si chiama ‘ ’ E’ duro
essere
ebreo’ ’ . Potrebbe essercene un'altra parallela, intitolata ‘ ’ E’ dura
essere
palestinese’ ’ . Chi chiede che in quattro e quattr'otto si possa
arrivare
alla fine del conflitto, solo firmando delle carte, non cerca una
pace vera,
ma una pace a effetto» .
E ora, nel breve periodo, quando tornerà almeno la calma?
« Quando Arafat che sempre, nei momenti in cui vuole ottenere di più ,
usa la
violenza, deciderà che ha accumulato abbastanza benefici da questa
esplosione» .
Perché i soldati israeliani uccidono più palestinesi di quanto i
palestinesi
uccidano di israeliani?
« Perché sono loro a assalire i nostri correndo verso le nostre
postazioni.
Noi non attacchiamo nessuno. Loro attaccano in forze, e vengono
fermati. E
poi, cosa mi sta chiedendo? Se non sono troppo pochi gli ebrei
uccisi? Il
mondo ne vorrebbe in numero pari? Ne vorrebbe di più ?» .