SESSANT’ ANNI DOPO LA LIBERAZIONE LETTO IN POLACCO IL MESSAGGIO DEL PO NTEFICE Il Papa: « No al terrore nel nome di Dio» Ciampi: « Le leggi razziali furo no il tradimento dell’ idea d’ Italia»
venerdì 28 gennaio 2005 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
ORMAI da alcuni anni a questa parte, per la precisione cinque, sembriamo
malati di una misteriosa discrasia: cresce la memoria e cresce anche
l’ antisemitismo, crescono le cerimonie, e cresce un mormorio nella piazza, e
anche attacchi fisici e distruzioni antiebraiche stupefacenti; ed è un
antisemitismo nuovo, che si alimenta di leggende su Israele, non presso gli
ignoranti soltanto, ma anche presso chi conosce il disegno e i particolari
dello sterminio (ormai nessuno può non sapere, dove si vede che non è la
conoscenza che elimina comportamenti antisemiti, ma altri fattori ideologici
e politici). Si sa ogni cosa, eppure sono proprio le vecchie teorie a
tornare, i pilastri dell’ antisemitismo genocida: si moltiplicano le teorie
del complotto (Torri Gemelle, Guerra in Iraq, Tsunami, sono stati gli ebrei
e quanta elaborazione sul tema) e il blood libel (Jenin, massacri, leggende
di apartheid, stragi di bambini, non per difendersi ma per aggressività ).
É il sintomo di un futuro non fantascentifico: la memoria della Shoah senza
gli ebrei. Il 9 di novembre a Oslo, nel giorno della commemorazione della
Kristallnacht avvenuta 66 anni fa, è stato proibito a un gruppodi ebrei di
intervenire dispiegando i loro simboli, stelle di David, e bandiere
d’ Israele; un gruppo di dimostranti si è visto approcciare dalla polizia che
li ha pregati di sgomberare. Lo stesso era accaduto in Olanda nel 2000,
quando l’ incontro in piazza di un gruppo chiamato « Resistenza ebraica» era
stato proibito. Questo scorporamento della memoria dagli ebrei d’ oggi è
forse stata dovuta alla paura della componente islamica che poteva essere
infastidita, ma anche il risultato circolare (Europa-mondo arabo-Europa) di
un intensivo capillare cambiamento nel concepire la storia degli ebrei.
La Shoah, in buona sostanza è stata vissuta da gruppi non marginali della
cultura europea, una volta collegata a Israele, non come uno delle ragioni
indispensabili dell’ autodeterminazione ebraica, ma come se fosse stata usata
come scusa della disturbante storia della nascita e dello sviluppo dello
Stato degli ebrei, un pretesto ebraico per creare una situazione difficile
per tutti. É breve il passo per il rovesciamento della storia ebraica
contemporanea, da paese aggredito fin dal 48 a « Paese aggressore» . Prima, il
mondo « liberal» europeo, la sinistra in particolare, vedeva la risposta
principe alla Shoah nell’ approdo dei sopravvissuti a Israele; oggi una
perversa fantasia onora gli ebrei morti quando questo non urti la
sensibilità politica di chi ha da ridire sulla politica o addirittura
sull’ esistenza di Israele, e che si possa avere pena degli sterminati una
volta scorporati da quella identità che oggi consente loro di avere uno
Stato e di difenderlo. Insomma, di essere vivi.
É una fantasia molto perversa, che impedisce la memoria in sè e per sè di
qualcosa di molto preciso, che è avvenuto, che è agli atti: gli ebrei furono
rastrellati a milioni dalle loro case, trascinati coi treni nei campi della
morte destinati alla loro distruzione fisica, i bambini, le donne, i deboli,
siano stati subito intenzionalmente e a freddo eliminati, gassati, bruciati,
la loro sparizione è stata teorizzata come cosa buona e giusta. Simili
comportamenti com’ è evidente non hanno niente a che fare con altre dolorose
realtà anche se non voglio sostenere qui generiche teorie di
incomparabilità . Dalla Cambogia, al Rwanda, al Congo, alla Bosnia, ciascuno
nei suoi modi la sofferenza umana e l’ intenzione genocidia non è stata
diversa.
Ma non c’ è nessuna traccia di genocidio e di tantomeno di nazificazione di
Israele nel pur tragico conflitto Israelo palestinese. Che le vittime siano
diventati carnefici, questa è il più perverso fra i fallimenti della
memoria, eppure è molto popolare. Nel giorno della Memoria, la Memoria deve
essere onorata, e un fenomeno ormai divenuto molto rilevante deve cominciare
a trovare un suo contenimento. La vulgata è ormai quella della vittima che
si fa perpetratore dell’ identico crimine che è stato commesso a suo danno.
Se non fosse un’ interpretazione dei fatti ridicola, la si potrebbe definire
semplicemente volgare.
La mancanza di chiarezza morale che permette di trasferire l’ antisemitismo
su un altro termine (Israele, sionismo) implica l’ assenza di ragione e di
memoria: e se la memoria scompare il pericolo si riaccende.
Marco Tosatti
ROMA
Nazismo e terrorismo attuale hanno le stesse radici: durissima la condanna
di Giovanni Paolo II, mentre dall’ altra sponda del Tevere il Capo dello
Stato, Carlo Azeglio Ciampi, afferma che le leggi razziali del ‘ 38
costituirono un tradimento dell’ idea risorgimentale. Papa Wojtyla ha
affidato il suo messaggio (che è stato letto dal nunzio in polacco) al
cardinale di Parigi, Jean-Marie Lustiger, di origini ebraiche. Lustiger ad
Auschwitz ha perso sua madre, e decine di altri membri della sua famiglia.
« A nessuno è lecito, davanti alla tragedia della Shoah, passare oltre - ha
scritto il pontefice. - Quel tentativo di distruggere in modo programmato
tutto un popolo si stende come un’ ombra sull’ Europa e sul mondo intero; è un
crimine che macchia per sempre la storia dell’ umanità » . Ma è il domani, che
sta a cuore all’ anziano Papa: « Valga questo, almeno oggi e per il futuro,
come un monito: non si deve cedere di fronte alle ideologie che giustificano
la possibilità di calpestare la dignità umana sulla base della diversità di
razza, di colore della pelle, di lingua o di religione. Rivolgo il presente
appello a tutti, e particolarmente a coloro che nel nome della religione
ricorrono alla sopraffazione e al terrorismo» .
Papa Wojtyla ha voluto onorare la memoria di chi perse la vita a causa di
quel « tragico frutto di un odio programmato» , che assume, nelle sue parole
una valenza teologica: « Chino il capo dinanzi a tutti coloro che
sperimentarono quella manifestazione del mysterium iniquitatis» , il mistero
del male. Ha ricordato la sua visita ad Auschwitz-Birkenau nel 1979: « Mi
soffermai davanti alle lapidi dedicate alle vittime. Vi erano iscrizioni in
varie lingue: polacca, inglese, bulgara, rom, ceca, danese, francese, greca,
ebraica, yiddish, spagnola, fiamminga, serbo-croata, tedesca, norvegese,
russa, rumena, ungherese e italiana. In tutte queste lingue era scritto il
ricordo delle vittime di Auschwitz, di persone concrete, benché spesso del
tutto sconosciute: uomini, donne e bambini. Mi soffermai allora un po’ più a
lungo accanto alla lapide con la scritta in ebraico» .
« Bisognerebbe fermarsi davanti a ogni lapide» disse allora Giovanni Paolo
II, Papa da neanche un anno. « Io stesso lo feci, - racconta adesso -
passando in orante meditazione da una lapide all’ altra e raccomandando alla
Misericordia Divina tutte le vittime appartenenti alle nazioni colpite dalle
atrocità della guerra. Pregai anche per ottenere, attraverso la loro
intercessione, il dono della pace per il mondo» . E ogni giorno ripete quella
preghiera: « Continuo a pregare senza mai cessare, nella fiducia che, in ogni
circostanza, alla fine vincerà il rispetto per la dignità della persona
umana, per i diritti di ogni uomo ad una libera ricerca della verità , per
l’ osservanza delle norme della morale, per il compimento della giustizia e
del diritto di ciascuno a condizioni di vita degne dell’ uomo» .
Carlo Azeglio Ciampi ha celebrato la giornata della memoria al Vittoriano:
« Le leggi razziali fasciste del 1938 segnarono anche il più grave tradimento
del Risorgimento e dell’ idea stessa della Nazione italiana al cui successo
gli italiani di origine ebraica avevano contribuito in modo determinante, da
Daniele Manin a Ernesto Nathan, primo sindaco di Roma» . E come il Papa ha
ricordato che « mezzo a quell’ indescrivibile accumulo di male, vi furono
anche manifestazioni eroiche di adesione al bene» , così il Presidente della
Repubblica ha onorato la memoria e l’ esempio degli italiani che non
accettarono e non vollero applicare quelle leggi odiose. « Furono numerosi
gli italiani che seppero anteporre le ragioni della loro coscienza alla
violenza morale e fisica della dittatura e del razzismo, che ebbero il
coraggio di riaffermare con coerenza e dignità la loro fede nella libertà » .
Il Capo dello Stato ha sottolineato un esempio particolare: quello fornito
da « gran parte dei militari italiani internati che rifiutarono di
collaborare, accettando la prigionia e talvolta anche la morte pur di
mantenere fede alla parola data con il giuramento di fedeltà alla nazione
italiana» . « Fu Resistenza vera!» . Così ha commentato la motivazione con la
quale una sala del Vittoriano è stata dedicata, ai 650.000 militari italiani
internati nei lager nazisti, 60.000 dei quali non tornarono vivi in Italia.