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Se il terremoto riavvicina Turchia e Israele

giovedì 27 ottobre 2011 Il Giornale 0 commenti

Il Giornale, 27 ottobre 2011

Il terremoto che domenica scorsa si è abbattuto sulla Turchia è un disastro che fa male al cuore. Adesso, molti gruppi internazionali sono alle prese con il salvataggio e soprattutto con il ricovero e il primo soccorso degli sfollati. Fra loro, a segnale che il destino è il fautore del mondo, e non la politica anche dei più astuti, scorgiamo con stupore alcuni soccorritori con una bandiera (ideale) ornata da una stella di Davide. Israele è là ad aiutare la Turchia, che sotto la presidenza di Erdogan non ha fatto che attaccarla in maniera brutale fino all'odio dichiarato e sconnesso, rompendo una vecchia alleanza, considerando Hamas uno dei suoi migliori amici.

La prassi che accompagna un grande disastro è tragicamente usuale, e Israele che è specialista in protezione civile ha subito offerto, con gli altri, aiuto. Ma il governo, mentre ancora le macerie gridavano, ha risposto «no, Israele stia a casa».

Ma Erdogan sa bene cosa sanno fare gli israeliani in questi casi: nel 1999, anno del grande terremoto, è rimasta famosa la scena dei soccorritori ebrei che estraggono una bambina di dieci anni rimasta sepolta per 100 ore. Altri undici sepolti vivi furono salvati da loro, e 140 corpi furono da loro disseppelliti. Stavolta a Erdogan è sembrato di dover far prevalere la sua furiosa antipatia politica al rischio di dovere qualcosa a quei nemici contro cui è lucroso avventarsi per conquistare l'opinione pubblica islamista.

Ma alla fine, non è andata così: che sia stato il dolore, che sia semplicemente il fatto che a volte una mano santa ti costringe a capire che ci sono cose più importanti della propaganda, per esempio la vita. Non importa. Speriamo che da cosa nasca cosa. Intanto, gli israeliani sono partiti per portare strutture di ricovero e conforto. Ce la mettono tutta come scolaretti alla prova. Siamo certi, e speriamo con la gente turca, che prenderanno dieci e lode.

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