SCIENZE DELL’ EDUCAZIONE Feuerstein, perché credo che intelligenti si diventa
mercoledì 27 ottobre 1999 La Stampa 1 commento
E’ identico a Pizarro, con la barba bianca che gli scende sulla
camicia e
il basco tondo. Reuven Feuerstein - che venerdì riceverà
dall’ Università di
Torino la Laurea Honoris Causa in Scienze dell’ educazione e domani,
ore
16,30, terrà una conferenza a Palazzo Nuovo, via Sant’ Ottavio, aula
39,
ingresso libero - ha un curriculum e una bibliografia sterminati. Ma
ciò che
colpisce di più è il miracolo continuo che produce il suo lavoro. Lo
incontriamo a Gerusalemme, nel suo International Centre for the
Enhancement
of Learning Potential. L’ energia del vecchio professore provoca un
riverbero
abbagliante sui collaboratori e sui pazienti, circa 200, tutte
persone che
soffrono di gravi difficoltà cognitive legate a malattie genetiche
come la
sindrome di Down.
C’ è qualcosa nella sua esperienza di vita, professor Feuerstein, che
l’ ha
portata a sviluppare un metodo che parte dalla convinzione teorica
che
l’ individuo è modificabile a livello intellettivo quasi senza alcun
limite,
a prescindere sia dai danni ambientali, per quanto terribili, sia da
quelli
genetici?
« Sì , l’ intelligenza non è un’ abilità immodificabile la cui evoluzione
avviene secondo stadi prefissati. E’ un potenziale dinamico sul quale
è
possibile intervenire in qualunque momento, non solo quando il
bambino è
piccolo, per favorire lo sviluppo e recuperare le carenze» .
Come è nata questa convinzione che poi ha sviluppato in una teoria e
in un
metodo ormai diffusi in tutto il mondo?
« La vita mi ha messo in tante situazioni apparentemente insuperabili
che poi
si sono risolte con esiti positivi e imprevedibili. L’ Olocausto, la
tubercolosi, le guerre... Sono nato nel 1921 in Romania, da una
famiglia di
rabbini, il quinto di nove figli. La mia famiglia era sionista,
socialista,
ultraortodossa, un coacervo di ideologie molto attive e anche in
contrasto
fra di loro... Ho imparato a leggere a tre anni, e subito mi sono
trovato
nella condizione di insegnare agli altri a leggere e a scrivere. A
otto anni
mi è stato affidato un allievo di quindici anni che non riusciva ad
imparare
niente. Suo padre mi disse: ti prego, aiutalo perché non posso morire
se non
impara a leggere il kaddish (la preghiera che i figli recitano quando
seppelliscono i genitori ndr). Sin da ragazzo ho insegnato in
situazioni in
possibili, prima nei campi di preparazione sionista quando i tedeschi
stavano per invadere Bucarest, poi in Transilvania dove venivano
raccolti
bambini scampati ai campi di concentramento. Poi sono stato a mia
volta
internato, e sono stato liberato solo per un miracolo, un errore di
persona.
Ho insegnato in Romania a Bucarest, e finalmente il 20 aprile del ‘ 44
si è
compiuta la mia aliyah sulla nave Milka, ovvero il mio passaggio in
Israele:
in quel coacervo di esperienze quasi impossibili, di sforzi inauditi
di
sopravvivenza ma anche di immense speranze e entusiasmo, ho
cominciato il
mio lavoro con in bambini che arrivavano dai campi di sterminio e più
tardi
dai Paesi del Maghreb. Situazioni intrattabili, psiche e corpo che
apparivano rovinati definitivamente. Qui ho cominciato a sviluppare
la mia
teoria, approfondita poi negli studi in Svizzera. Può un trauma
psichico
ritenuto insanabile essere sanato? Quando riesci ad avviare a una
vita
normale un bambino come Noah che si era aperto in un campo di
concentramento
la strada per uscire da sotto una montagna di morti, quando vedi che
riesci
ad avviare al servizio militare, al lavoro normale, un ragazzino
marocchino
che a dodici anni ha contratto una malattia alla pelle che lo rende
inavvicinabile agli altri, che è violento e non ha nessuna abilità
lavorativa, che ha vissuto sempre senza genitori negli interstizi
della
società , capisci che l’ intelligenza umana è una macchina in movimento
continuo, che deve trovare solo un guidatore capace di
indirizzarla.» .
Può sintetizzare la sua teoria?
« La mia teoria si chiama "Modificabilità cognitiva". La sostanziale
plasticità dell’ intelligenza si conserva ben oltre l’ infanzia, e non
esiste
quoziente d’ intelligenza basso che ci possa scoraggiare. Abbiamo
aiutato a
diventare normali bambini con quozienti 70, 60, 50. Il quoziente
d’ intelligenza ci racconta solo quello che il ragazzo ha appreso, non
ci
dice nulla su quello che potrebbe essere messo in grado di imparare
con la
giusta mediazione degli insegnanti. Perché è questa mediazione che è
indispensabile nel mio metodo. Il cambiamento che il loro lavoro può
indurre
nei disabili non si limita a comportamenti, alla superficie, ma
interessa
direttamente la struttura dei processi mentali, e quindi resta
stabile nel
tempo. Il metodo richiede tutta la dedizione, tutta la capacità
selettiva
dell’ educatore, tutta la sua pazienza nel selezionare le nozioni e i
principi utili al bambino e nel regolare i tempi dell’ apprendimento,
che per
esempio nei bambini Down sono più lenti. Comparazione,
classificazione,
percezione analitica, relazioni spazio temporali sono per noi materie
di
apprendimento. Ci aiuta un’ autentica industria di giocattoli speciali
che
produciamo per aiutarci con l’ aiuto di disegnatori, artigiani,
educatori.
Sono giocattoli complessi, pensati in modo specifico per superare
certe
disabilità : ho visto spesso i nostri ragazzi diventare più veloci e
abili
dei ragazzi normali nel rimettere insieme i pezzi di un qualche
speciale
puzzle. L’ insegnante accompagna il ragazzo non solo nel regno della
conoscenza, ma in quello dello sviluppo del suo stesso cervello, che
si
modifica nel tempo.» .
E’ sicuro che più che degli insegnanti non servano persone dotate di
particolarissime doti umane, di carisma e di pazienza, persone quasi
introvabili?
« Non direi: certo la formazione del maestro è la colonna
indispensabile di
tutto il nostro lavoro, ma l’ esperienza è straordinariamente
positiva. Solo
qui da me ci sono 160 insegnanti, ma la volontà di apprendere il
metodo è
gigantesca e riceviamo richieste di formazione da tutto il mondo: il
nostro
programma detto IE (Instrumental Enrichment ) è tradotto in tutte le
lingue
europee e in molte lingue asiatiche, inclusi il cinese e l’ arabo.
Circa 30
mila studenti imparano il programma, i nostri metodi, le scuole, la
formazione, stanno diventando sempre più diffusi. Anche in Italia si
è
cominciato a capire quello che sembrava impossibile fino a pochi anni
fa.
Nessuno deve essere messo da parte.» .
La parte che colpisce di più nel suo lavoro è quella del recupero dei
bambini affetti da Sindrome di Down. Per lei i cromosomi sono
un’ opinione...
« Non è proprio così : ma anche per loro vale il principio che tutti si
possono modificare con un lavoro di comportamento, conoscenza,
comunicazione. Sono i tre principi del metodo in generale, e anche
con loro
il metodo modifica il cervello, lo sviluppa, crea nuovi circuiti.» .
Pensa che una società del profitto come la nostra sia disposta a
mettere a
disposizione dei bambini Down quasi un insegnante a testa? E in
definitiva
anche per quel che riguarda loro, non si crea sofferenza in queste
persone
che crescono in consapevolezza e acquistano via via la percezione che
comunque non saranno mai eguali agli altri?
« I ragazzini Down imparano sì di non essere eguali, ma anche di non
valere
di meno: e il nostro metodo li conduce sempre a uno sbocco in cui
siano
apprezzate le loro qualità , cosa che accade invariabilmente perché
sono
dolci, impegnati, sensibili, dotati di senso dell’ umorismo... Adesso
che
vivono molto più a lungo che nel passato riescono a giungere a
risultati
davvero utili alla società . Per esempio sono molto dotati nella cura
degli
anziani, o come aiuto degli infermieri negli ospedali. Curandoli la
società
non va incontro a nessuno svantaggio economico, ma a due vantaggi:
mette in
condizioni migliori sia chi soffre di Sindrome di Down sia tante
persone che
essi possono assistere veramente bene» .
Quindi continuerà la sua guerra contro i geni.
« Non è una guerra: io non credo che possiamo accettare un doppia
ontologia:
esiste un solo essere umano, con la sua parte genetica e la sua parte
socioculturale. Tutta la vita siamo protagonisti di una interazione
costante
fra la prima e la seconda di queste zone della nostra mente. Non
siamo nella
jungla, Tarzan è lontano. La musica, l’ arte in generale, il senso
morale e
le norme etiche non sono genetiche: la cultura è destinata a cambiare
senza
tregua quello che la natura ha fatto. Saperla indirizzare vuol dire
lavorare
per il meglio a costruire un buon essere umano.» .
Professore, lei appare in gran forma, ma a ottant’ anni non sente la
fatica
di un’ impresa ciclopica come quella di cambiare l’ essere umano?
« Con tutto quello che ho passato, non mi sarei certo aspettato di
arrivare a
quest’ età . Nessuno me l’ aveva promesso e quindi sento come un dono
meraviglioso di poter ogni giorno seguitare a lavorare a qualcosa di
utile.
Quindi prego di continuare quanto più posso, e finora ho ricevuto
questo
dono di Dio. Mi sento come lo shohet (il macellatore rituale ndr)
della
storia di Shai Agnon che la Morte ha deciso di portarsi via: lo
incontra
mentre di Shabbat va al suo lavoro e quando la Morte lo invita ad
andare con
lei, lo shohet risponde di essere pronto. "Solo, c’ è un problema"
aggiunge,
"la comunità non avrà la carne per preparare la cena di shabbat". La
Morte
visto che il mondo ha bisogno del suo prescelto, si ferma. Ogni tanto
mi
cullo nell’ illusione che possa accadere anche per me» .
Fiamma Nirenstein
mercoledì 22 maggio 2024 22:10:30
L'intervista con Reuven Feuerstein offre uno sguardo illuminante sulla natura dell'apprendimento umano e sul potenziale per la modificabilità cognitiva. La sua convinzione che l'intelligenza non sia un'entità statica, ma piuttosto un processo dinamico che può essere modellato attraverso la mediazione educativa, è un messaggio potente e inclusivo. Feuerstein dimostra con la sua esperienza e il suo lavoro che ogni individuo, indipendentemente dalle sfide o dalle circostanze iniziali, ha la capacità di apprendere e crescere. La sua dedizione e la sua visione hanno ispirato migliaia di educatori in tutto il mondo e continuano a plasmare l'educazione inclusiva e il pensiero pedagogico moderno.