Schiacciati dalla folla, tra urla e fischi. Il rilascio di 150 palestinesi poi l'Ok. Scarcerato anche il super terrorista Zubeidi
venerdì 31 gennaio 2025 Il Giornale 1 commento

Il Giornale, 31 gennaio 2025
Sono stati momenti di terrore e di cruda violenza quelli in cui al 481esimo giorno di tortura i rapiti israeliani che ieri avrebbero dovuto percorrere la strada verso la libertà sono tornati a casa dopo un anno e quasi quattro mesi di crudele sequestro. Il Paese è sotto shock, Netanyahu ha fermato per diverse ore l’accordo per la liberazione dei 150 carcerati palestinesi pattuiti fino a ricevere l’assicurazione dai mallevadori, chissà quanto realistica, che non succederà di nuovo. Arbel Yehoud, 28 anni, smagrita, con gli occhi sbarrati, è stata per lunghi momenti sommersa da una folla impenetrabile, ondeggiante, urlante, che le si stringeva intorno mentre il suo viso di ragazza si faceva sempre più bianco e passo passo conquistava la strada fra armati di Hamas verso l’auto della Croce Rossa, e la gente di Gaza, punteggiata di armati della Jihad Islamica e di Hamas, pieni di odio, inneggiava a Sinwar a Khan Yunes, davanti alle rovine della sua casa. Anche Gadi Moses, 80 anni, un’icona del sionismo kibbutzista classico, agricoltore e nonno ideale, è stato per più di mezzora invisibile, inghiottito nella impossibile strada fra ali di odio costruite per dimostrarsi padrona del campo. Ma Gaza in realtà ha solo mostrato quanto inaffidabile sia ogni accordo con i gruppi che la dominano e con la popolazione allevata nella più cieca aggressività verso gli ebrei, specie quando sono inermi, come si è visto il 7 ottobre.
La giornata di ieri è stata, invece che una cesura, il seguito di quel giorno terribile in cui furono uccisi 1200 abitanti dei kibbutz nei modi più terribili e 252 furono rapiti. Ora ne restano 68 fra vivi e morti che dovrebbero tornare a casa, se funzionerà, in tre fasi di un cessate il fuoco di cui è in corso la parte in cui si devono riconsegnare 33 rapiti. Lunedì, mentre Netanyahu volerà al suo appuntamento a Washington con Trump, il primo invito a un premier straniero, si comincerà a discutere la seconda fase, mentre i ministri ben Gvir e Smoptrich minacciano di far cadere il governo. Otto persone ieri hanno intanto ritrovato in maniera contorta, scioccante, pericolosa, la strada della libertà, tre israeliani e cinque lavoratori tailandesi. Per prima, in maniera relativamente conforme alle restituzioni precedenti, verso le 10 di mattina è stata consegnata alla Croce Rosa Agam Berger, vent’anni: tre giorni prima erano state liberate Liri, Naama, Daniela e Karina, quattro sue colleghe “tazpitaniot”. Ora sono insieme all’ospedale Ichilov, estatiche nella gioia di essere insieme dopo le violenze e la solitudine: la mattina del 7 ottobre tutte stavano di vedetta e furono trascinate via nel sangue dalla base di Nahal Oz, da dove avvertirono e non furono credute dell’invasione dei terroristi. Agam è apparsa bella e concentrata, come nelle foto che la mostrano quando suona il suo violino o come Israele la conosce dai racconti delle sue compagne che hanno riferito quanto la religione l’abbia sostenuta quando nelle mani dei terroristi rifiutava la carne, o di accendere la luce o il fuoco di Sabato. Hamas l’ha vestita da soldato anche se è stata rapita in pigiama e poi sottoporta a privazioni e violenze, e l’ha costretta a salutare con la mano la folla agitata. Sullo sfondo una cartina di Israele denominata “Palestina”. Molte le bandiere nere della Jihad Islamica e quelle palestinesi oltre a quelle di Hamas. Fra le rovine di Khan Yunis, Arbel Yehud e Gadi Moses hanno attraversato un momento di estremo pericolo di vita mentre i cinque thailandesi venivano avviati al confine. Li aspettavano oltre agli elicotteri e ai dottori, del cibo thailandese, preparato per farli sentire a casa.
In cambio dei rapiti e mentre si spera che sabato si avrà un’altra liberazione, escono dalle carceri i criminali palestinesi scambiati, 30 a civile e 50 a soldato: ci sono molti grandi terroristi come Zakaria Zubeidi, Mahmoud Atallah e Ahmed Barghouty con decine di ergastoli, assassini plurimi che hanno esploso autobus, caffè, pizzerie, che hanno ucciso volontariamente bambini nelle scuole. Non si sa ancora dove andranno adesso a preparare, probabilmente, i loro prossimi attentati. Ieri in una foto inconsueta e sorridente l’emissario di Trump per il Medio Oriente Steve Witkoff con il ministro dissenziente Smotrich e con il braccio destro di Netanyahu Ron Dermer, proveniente dall’Arabia Saudita, vuole evidentemente rafforzare la determinazione a tenere in piedi l’accordo. È andato anche ad aspettare i rapiti personalmente: Trump ci tiene. Dell’accordo desiderato dagli USA e delle mosse necessarie per garantire a Israele che Hamas non sopravviverà Bibi parlerà con Trump.
venerdì 31 gennaio 2025 08:49:02
Grazie del resoconto di una giornata terribile, raccapricciante. Quella violenza, quella espressione di forza, quel tumulto di persone intorno alla donna israeliana, sempre più schiacciata e terrorizzata, sono davvero uno schiaffo a Israele e all'Occidente. Mi sono iscritta all'associazione 7 ottobre, qualche mese dopo il pogrom, per combattere nei social l'assurdo connivenza della stampa di sinistra, di alcuni partiti e di molti gruppi giovanili, contro Israele, con chiari accenti antisemiti. Sono cattolica, ho avuto una lunga militanza nel PCI e poi anche, ahimè, in RC, ma sono rinsavita e ho intrapreso un lungo percorso di revisione, che mi ha portato ad aderire a Italia Viva fin dal suo esordio nel 2019. Sono molto preoccupata dell'avanzata dell'Islamismo, credo che sia in atto un vero e proprio attacco alla cultura occidentale e che oltre la cacciata degli ebrei questi terroristi vogliano spingersi oltre. La ringrazio per i suoi articoli. Ho 75 anni e sono stata una bibliotecaria del Mic. Cordiali saluti