SCATTA DI NOTTE LA NUOVA STRATEGIA PALESTINESE DEGLI AGGUATI Un giorn o sul confine dell’ odio Tra proiettili e sassi nelle aree dei coloni
martedì 14 novembre 2000 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
ERANO sembrate parole quasi vuote quelle che Ran un sergente
dell'esercito
israeliano, ci aveva ripetuto fino alle sette di sera a Kitzufim, il
luogo
in cui circa alle otto ora locale da una macchina appostata lungo la
strada
sono partiti gli spari che hanno ucciso un civile israeliano alla
guida del
suo camion : « Finchè non succede nulla, tutto è tranquillo. Vede:
tutto
sembra tranquillo; la strada che secondo l'accordo di Oslo è in
nostro
controllo e porta verso Kfar Darom, l'insediamento là a destra; e a
sinistra
verso Gush Katif, dove sono altri insediamenti della striscia di
Gaza; le
case tutte intorno, le palme, i cespugli. Poi tutt'a un tratto ci
sono gli
attacchi, le aggressioni alla gente che va e viene. E noi siamo qui
con
tutta la nostra forza per proteggerli, per consentire per quanto è
possibile
una vita normale» .
E di questi attacchi ne avevamo uno con le pietre durante la giornata
trascorsa scrutando le unità preposte alla custodia della zona e gli
insediamenti che esse presidiano; ma per strada anche i resti di una
macchina bruciata da cui si era sparato uccidendo un soldato; e il
punto in
cui è saltato per aria con la sua bomba un terrorista suicida; e poco
lontano, il luogo dove tre giorni fa è stata uccisa in un agguato una
ragazza israeliana di diciotto anni, più innumerevoli altri punti in
cui
sono saltati per aria vari ordigni posti lungo la strada in controllo
degli
israeliani, per colpire i coloni e l'esercito che li protegge.
Noi stessi abbiamo ricevuto sul veicolo blindato qualche pietra. E
subito
dopo il nostro passaggio, un uomo è stato ucciso. Dalla parte
israeliana,
ciò che abbiamo potuto vedere testimonia di fatto che i soldati sono
pesantemente armati e molto ben difesi da trincee e mura di cemento;
e che
psicologicamente sembrano pronti, nonostante un'educazione che
risente in
modo molto evidente dei sette anni di processo di pace e quindi di
una
sostanziale reticenza al combattimento, a usare le armi solo quando
vengano
attaccati, e sempre dall'esterno dell'Autorità palestinese. Non ci
sono né
soldati né carri armati né quant'altro dentro la Autorità . Tzahal,
l'esercito, è nelle zone e sulle strade concordate nei termini
dell'accordo
di Oslo.
C'è semmai un nuovo atteggiamento nei coloni: disperati quando Barak
aveva
portato in pegno a Camp David l'esistenza stessa degli insediamenti
di Gaza,
adesso sono convinti che la loro sorte non sia più quella di dover
sgomberare, ma che il rifiuto di Arafat abbia prolungato
indefinitamente la
loro vita. L'esercito deve difenderli per ordine del governo fin
quando lo
status quo sia mantenuto, ed essi si sentono in diritto di
richiedere, di
fronte al pericolo costante che Arafat garantisce loro dopo giorno,
una
protezione più attiva di quella che Barak consente: vorrebbero per
esempio
che Tzahal, l'esercito, attaccasse, cosa che non ha mai fatto, e che
entrasse nella zona dell'Autorità Palestinese, anch'essa cosa
proibita e mai
praticata. La dinamica degli attacchi è fatta di tre modalità
distinte: le
manifestazioni di massa compresi i bambini fino ai chek point, come a
Khan
Yunes, accompagnati dagli spari dei tanzim e talvolta della polizia
palestinese; i vari congegni esplosivi lungo le strade; l'uso
massiccio
delle armi quando scende il buio contro gli insediamenti, i soldati,
le
macchine di passaggio. I soldati hanno ordine di sparare soltanto
quando
vengono presi a bersaglio dal fuoco nemico. « Pensa di aver ucciso
delle
persone rispondendo agli spari?» , abbiamo chiesto a molti soldati.
Molti non
lo sanno, molti « sperano di no» , solo pochi non rimpiangono di
doversi
difendersi col fuoco. Poco prima di dirigersi di ritorno lungo il
mare da
Moran, il più isolato degli insediamenti, verso Kitzufim ,i soldati
si
preparavano a un'ennesima notte in cui i palestinesi, spiegano i
soldati,
liberi dall'occhio delle macchine da presa, usano liberamente i
Kalashnikov.
A Nevet Dkalim, un grande insediamenti, dalla strada sovrastante,
interna
all'Autorità di Palestinese, piovevano le pietre. E la notte
prometteva i
soliti spari.
Poi, lungo la strada di Kitzufim, nello stesso buio su cui si librava
mentre
tornavamo una grande luna rossa, l'agguato che ha ucciso il guidatore
del
camion. A Ofra i tre uccisi in un altro agguato; nel quartiere
gerosolimitano di Ghilò , dove siamo giunti due ore più tardi da
Kitzufim,
già da molte ore piovevano gli spari. Arafat sembra aver deciso di
mettere
sotto assedio tutto ciò che parla di insediamenti, di esercito, di
confini
del '67.