Fiamma Nirenstein Blog

Salvataggio in extremis per Durban: sì con riserve al testo sul Medio Oriente Lo schiavismo riconosciuto come « crimine contro l’ umanità » , ma non pe r il passato. E l’ Occidente esprime « dispiacere» , non scuse

domenica 9 settembre 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein inviata a DURBAN Finalmente ce l’ ha fatta: l’ agitata Conferenza dell’ Onu sul Razzismo ha prodotto ieri sera il suo documento finale con 24 ore di ritardo sul previsto. Uno stillicidio di emendamenti, richieste di modifiche, proteste, una valanga di osservazioni del Pakistan e dell’ Afghanistan che chiedevano di cambiare il testo sul Medio Oriente. Hanno cercato fino all’ ultimo di ottenere un inasprimento del linguaggio che ricordasse il punto di partenza in cui Israele era comparato ad uno Stato di apartheid e il sionismo al razzismo, sottolineando che « occupazione e colonialismo sono causa di razzismo» e ritornando sulla sofferenza dei palestinesi. Nel frattempo, però , in Europa, una riunione dei ministri degli Esteri cui Louis Michel, il belga presidente di turno, si era paracadutato direttamente da Durban, inviava in maniera ultimativa alle sue delegazioni il messaggio: non accettare neppure una virgola di cambiamento. Alla fine il Brasile, interpretando l’ angoscia generale, ha chiesto che tutti votassero a favore del passaggio alla seduta plenaria: la proposta è passata 50 a 38. E là , finalmente, il documento è passato con le riserve di Australia, Canada (che si è battuto per il riconoscimento dello schiavismo come crimine contro l’ umanità e perché fosse eliminato il riferimento al ritorno dei profughi che « mette a rischio la stessa incolumità di Israele» ), Iran e Siria. Ma il disaccordo è rimasto nell’ aria come una verità raffigurata da una parte dal discorso di Fidel Castro e dall’ altra dall’ assenza di Colin Powell, e dalla domanda angosciata degli ebrei se « una conferenza sul razzismo dovesse improvvisamente produrre la dichiarazione più razzista contro di noi dai tempi della Seconda Guerra Mondiale» . L’ ambasciatore Moreno, il presidente italiano della Commissione centrale, può a ben diritto dire che l’ Italia ha contribuito molto alla conclusione positiva. In effetti, non fosse stato per la strenua, notturna dedizione di mediatori come l’ Italia, il Belgio e la signora Zuma, ministro degli Esteri del Sud Africa, la spaccatura sarebbe stata inevitabile. E’ solo in virtù di questi mediatori che la signora Robinson ha potuto all’ ultimo dichiarare che la Conferenza è stata un buon successo, poiché per la prima volta ha consentito di udire le voci delle vittime e degli esclusi in genere inascoltate da consessi internazionali importanti come questo, e che molte buone indicazioni per battere il razzismo sono comunque uscite da questo convegno. In realtà ciò che esce in definitiva, anche se il documento finale indica molti buoni propositi, è un’ impressione di sconcerto sui tre punti fondamentali che sono stati per otto giorni il centro della discussione. Innanzitutto, il Medio Oriente: nel documento il linguaggio, purgato da eccessi, in realtà è stato pagato in molti modi. Innanzitutto il Medio Oriente è l’ unico conflitto nominato nel documento; il tema dell’ antisemitismo e la Shoah stessa vengono eliminati da tutte le raccomandazioni che altrove citano tutte le espressioni di razzismo presenti nel mondo. L’ Olocausto e l’ antisemitismo stanno solo nella parte sul Medio Oriente. Su Israele, nominata una sola volta, non si dice più che sia razzista: ma si parla di « diritto al ritorno» esattamente nei termini in cui lo propone Arafat, e si allude pesantemente all’ intervento internazionale. Insomma, è stata accettata la linea politica dei palestinesi. Sullo schiavismo, resta volutamente una genericità che a molti non è piaciuta: non si parla di scuse, ma di dispiacere, e si parla della schiavitù come « crimine contro l’ umanità » soltanto quando ci si riferisce al presente, e non al passato, in modo da evitare rivendicazioni legali o economiche rispetto alla tratta dei neri. Si parla altresì di « obbligo morale di prendere misure appropriate ed effettive per fermare le conseguenze che sono derivate dallo schiavismo» . Insomma, c’ è un riconoscimento morale che tuttavia non sfocerà facilmente nella realizzazione del sogno compensativo dell’ Africa e dei neri d’ America. La conferenza « riconosce» , « si dispiace» , chiama gli Stati a « onorare la memoria delle vittime» ma non si scusa, anche se il documento cita positivamente chi ha voluto farlo come la Germania, e chiama a prendere misure « appropriate ed effettive» . Per esempio, si può arguire, l’ eliminazione del debito. Infine le minoranze indigene, gli Intoccabili, i tibetani, tutti quelli la cui menzione specifica avrebbe disturbato gli Stati, non vengono richiamati nel documento conclusivo: si fa riferimento a loro con buone parole generiche. In conclusione di questa Conferenza resta all’ orizzonte la nuova linea di fuoco propagandistica mediorientale che i palestinesi hanno portato fin sotto le mura nemiche: l’ idea che Israele sia apartheid, la forma ultimativa del razzismo. Anche il ritiro dei termini più accesi pure lascia una pesante traccia nell’ eco mediatica che la nuova offensiva ha prodotto. Sullo sfondo, l’ immagine meravigliosa e melanconica di un mondo di tutti i colori che in questi giorni ha intrecciato a Durban lingue, abiti, sofferenze diverse. Un mondo che vorrebbe, ma che ancora non sa.

 Lascia il tuo commento

Per offrirti un servizio migliore fiammanirenstein.com utilizza cookies. Continuando la navigazione nel sito autorizzi l'uso dei cookies.