RIVELAZIONI DEI SERVIZI SEGRETI L’ allarme di Israele « Al Qaeda è a Gaza»
martedì 10 dicembre 2002 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
E’ una bugia» ; « E’ ridicolo» : queste sono state le reazioni di Arafat
e di
Hassan Nasrallah, il capo degli Hezobollah, quando Sharon pochi
giorni or
sono ha dichiarato che Israele è a conoscenza di presenze operative
di Al
Qaeda a Gaza e in Libano. Ma le varie branche dell'Intelligence
israeliana
sostengono, sia pure con molte sfumature diverse, questa ipotesi,
specie
dopo che si sa che Israele e gli ebrei sono nel mirino degli
affiliati di
Bin Laden: dal Kenya viene la conferma che il doppio attacco al
Paradise e
all'aereo Arkia è di quell'origine; e domenica un nastro registrato e
attribuito al portavoce di Al Qaeda Suleman Abu Gheith è stato
trasmesso da
Al Jazeera. Vi si dice: « la coalizione degli ebrei e dei crociati non
sarà
mai al riparo dagli attacchi dei combattenti. Colpiremo i centri più
vitali,
e lanceremo operazioni strategiche con ogni possibile mezzo» . Il
messaggio
continua con accenti che hanno lasciato pochi dubbi all'intelligence
israliana: gli obiettivi sono israeliani ed ebraici e possono essere
obiettivi molto grandi, persino catastrofici , « In terra, in aria,
nel mare»
come dice Abu Gheit,
Ma l'organizzazione ha i suoi tentacoli fino nei territori
palestinesi, fino
a Gaza, come ha detto Sharon? La nostra fonte nei Servizi è molto
cauta
nella risposta: è chiaro che né il Fatah ne Hamas hanno interesse ad
essere
identificati con Al Qaeda, né ad esserne fattualmente fagocitate in
una
lotta religiosa e fanatica che non solo toglie legittimità ai loro
obiettivi
nazionali, ma li mette in prima fila fra i nemici degli USA che oggi
sono
sul piede di guerra nell'area mediorientale. D'altra parte, spiegano
a Tel
Aviv, un generale processo di raggruppamento di cellule locali
estremiste
islamiche intorno a Al Qaeda con intenti sia locali che generali è in
atto
ovunque, e fa pensare che un processo di avvicinamento e lavoro
comune sia
oggi possibile, nonostante le opinioni tentennanti o negative dei
responsabili locali; semmai più disponibile potrebbe essere la Jihad
Islamica, che, dice la nostra fonte, è finanziata dall'estero ed è
quindi
favorevole alla cooperazione (si fa per dire) internazionale.
I fatti noti sono riferiti alla presenza di Al Qaeda in alcuni campi
profughi palestinesi in Libano; da qui infiltrati da varie parti
(oggi
soprattutto dall'Afghanistan) cercherebbero di organizzare un loro
terrorismo con base a Gaza. Durante il 2000 furono scoperti due
tentativi di
Al Qaeda di compiere grandi attentati a carattere sia catastrofico
che
simbolico: il primo, far saltare il ponte di Allenby fra Giordania e
Israele, il maggiore e sempre affollato punto di accesso fra i due
Paesi; il
secondo, attaccare gruppi di pellegrini cristiani. Poco prima, nel
1998, era
stato arrestato al check point di Rafah, presso Gaza, un palestinese,
Nabil
Ukal diretto verso una base di preparazione di Bin Laden in
Afghanistan.
Ukal veniva dal campo profughi di Jabalaya; già aveva fatto la spola
(aveva
già frequentato una scuola di terrorismo in Pakistan nell'87, poi a
Kabul,
poi nel campo di Bin Laden a Jalalabad) nell'intento di organizzare
Al Qaeda
a Gaza. Ora sotto processo, ha ammesso gran parte delle accuse.
E tuttavia, per ora, mentre c'è grande preoccupazione che le
operazioni di
Al Qaeda possano raggiungere Israele o le comunità ebraica
« soprattutto
dall'Europa» , dice la fonte, dove fioriscono le cellule di Bin Laden
l'idea
di una presenza a Gaza sembra, all'attuale stato di ricerca,
soprattutto
congetturale. Il modello corrente e che suggerisce il rischio a Gaza,
è
quello della Jama'al Islamiah, che copre ormai con cellule locali
tutta
l'Asia Orientale. Qui, vari gruppi nascono nelle Madrasse, le scuole
interne
alle Moschee; si uniscono con un giuramento di carattere ideologico,
non
operativo, all'organizzazione madre; poi vengono affiliati a una
cellula
vera e propria a carattere locale; infine compiono il loro training
militare
in varie parti del mondo. Dal leader spirituale, lo sceicco Abu Bakr
Ba'asir, dal presidente Hambali, dal consiglio della Shura, passano
poi gli
ordini a quattro grandi gruppi locali, detti Mantiqi. Le loro
operazioni, di
volta in volta variano da attacchi locali, come quello della chiesa
in
Indonesia il 30 dicembre scorso, con 19 morti, a quelli grandiosi,
come
quello di Bali, questo 12 ottobre.