RITRATTI D’ ORGOGLIO Valeria, la scrittrice che racconta intimità e paure dell’ amore fra donne
venerdì 7 luglio 2000 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
DA quando tu avevi preso la tua vita per la collottola, conducendola
con un
pugno di ferro verso l’ istituzione familiare, composta di un padre e
di
almeno due figli... Uno spasmodico bisogno di normalità ti aveva
colto e non
c’ era stato verso, avevi mollato l’ amore per le donne che era la
trama
intessuta nelle tue fibre e avevi deciso. Voglio stare con un uomo,
voglio
dei figli, tradotto voleva dire sono stanca di apparire diversa, di
essere
definita da una parolaccia, di non essere omologata da uno stato
civile,
dall’ anagrafe, dagli altri che prevedono soltanto la natura della
filiazione...» . Sul tavolo nell’ angolo del suo appartamento-convento
letterario in Trastevere, piccolissimo, scosceso di scalette che
ricavano
spazi inesistenti, nel doppio volume di puro stampo artistico
bohé mienne
Valeria Viganò mi porge aperto il suo ultimo romanzo Il piroscafo
olandese a
questo brano in corsivo. C’ è dentro uno dei principali tormenti della
vita
di ogni donna gay, la paura che la sua coppia, il suo amore, si
infrangano
sul desiderio di normalità e prima ancora forse di maternità della
propria
partner.
« La vita della donna omosessuale è difficilissima, anche se io ho
avuto
fortuna. Tanta solitudine e silenzio. Pudore femminile, segreti,
monogamia,
innamoramento profondo. In realtà non ho mai deciso di affrontarne a
fondo i
temi fino a questo mio quarto romanzo che esce quando ho 45 anni. Qui
mi
sono per così dire proprio intestardita di lasciare da parte tutti
gli
orpelli per spiegare cos’ è , di cosa è fatto l’ amore fra donne. Per
questo
l’ ho ambientato in Olanda. Per concentrarmi solo sull’ amore, senza
pensare
alle nostre arretratezze sociali, o ideologiche. Una camera stagna
per
l’ esperienza dell’ amore omosessuale, che è riservato e di lunga
durata,
timido e tenace, un incontro con la propria e l’ altrui femminilità .
Intimo
ed esclusivo, molto sensibile, anche sessualmente. Tutto il contrario
dell’ amore fra gay maschi» .
Valeria ha due occhi neri sotto un arco di sopracciglia che fanno
pensare al
tormento e all’ estasi della Monaca di Monza, una ripetuta convinzione
che il
rigore morale sia un dovere primario nella vita: « Io sono sincera
fino a
farmi e a far male, diretta senza remissione» . Anche il suo taglio di
capelli, liscio, corto e femminile l’ abbigliamento essenziale lo
confermano
(pantaloni beige dritti, maglietta blu e mocassini). L’ accento di
Milano (da
cui per amore si è staccata vent’ anni fa per trasferirsi a Roma) è
secco, i
gesti delle mani espressivi: tutto esprime serietà . « Dai miei
genitori ho
ricevuto una meravigliosa indicazione a spiegarmi, a scegliere, a
criticare.
A 18 anni li convocai dal mio psicanalista, che mi aiutò nella
rivelazione
della mia omosessualità : volevo essere onesta con loro. Mio padre
disse:
bene, questo ti creerà dei problemi, e noi perciò ti ameremo di più .
Quando
nella seconda metà degli Anni Settanta nei collettivi femministi
abbiamo
imparato ad amare la nostra femminilità , ho avuto il secondo grande
sostegno, e anche il ciclone della rivoluzione sessuale mi ha
aiutato. Per
fortuna noi non c’ entriamo nulla con i travestimenti da uomo delle
scrittrici alla Nathalie Barney o alla Gertrude Stein: io sono fiera
della
mia femminilità , la amo in me e nelle altre donne. Ho sempre avuto
rapporti
lunghi, prima la mia compagna di banco del liceo, una donna di rara
intelligenza che poi ha preferito la famiglia. La seconda era molto
bella e
spirituale e ora è in un Ashram in India; la terza era una musicista
che ha
messo la musica in tutti i miei libri. Poi una bellissima non
italiana, che
voleva l’ inseminazione per fare un figlio. E’ nel mio romanzo» .
E adesso? Gli occhi severi di Valeria diventano tristi: « Adesso c’ è
qualcuno, ma non c’ è ... è difficile. Perché ? Troppo complicato da
spiegare» .
Al piano di sopra c’ è uno soppalco per il letto su cui è appollaiato
un nido
d’ uccello col computer, e poi una terrazzina. Saranno 30 metri
quadri, a dir
tanto. Una vita elettrica sotto un tetto rosa di Trastevere.