RITORNO DIFFICILE PER LE DELEGAZIONI AL DI LA’ DEL SUCCESSO O DELL’ INSUCCESSO Prove di guerra aspettando la pace L’ esercito israeliano prepara i piani, i fedayn si esercitano
domenica 23 luglio 2000 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
SENZA la pace, potrebbe scoppiare la guerra; ma anche dopo la pace,
la
guerra può azzannare di nuovo. In questi giorni alla tv israeliana e
a
quella nell'Autonomia Palestinese si vede per lo più il verde piovoso
e un
po' melenso di Camp David, con i sorrisi tirati di Clinton, Barak,
Arafat.
Immagini piene di stress e di speranza. Poi, ecco che appare la
polvere di
Gaza, su cui si rotolano, strisciano, lottano armati fino agli occhi
centinaia di bambini. Imparano a usare mitra e coltelli, portano
collane di
proiettili appesi al collo: si esercitano per la prossima guerra,
mentre i
leader parlano di pace.
Arafat non è partito e non tornerà , comunque vada il summit, a
un'opinione
pubblica fiduciosa e pacificata. Poco più del cinquanta per cento ha
fiducia
in lui. Hamas, per bocca del terribile sceicco Yassin, dichiara per
l'ennesima volta che la guerra contro Israele continuerà , qualsiasi
acquisizione il rais porti a casa. Lo stesso Fatah esprime
continuamente,
con tediosa insistenza, la sua sfiducia, il suo disgusto. Il mondo
palestinese ha prodotto in questi anni una tale cultura dello
scontro, e in
maniera così pervasiva, dalla scuola elementare alla tomba, che
l'opinione
prevalente adesso è che il capo tornerà comunque senza niente di
significativo in mano, anche in presenza di un accordo. Arafat stesso
paga
le concessioni verbali che ha fatto all'estremismo, soprattutto
dall'assassinio di Rabin in poi.
« Se poi dovesse tornare senza nessun accordo, allora è inutile dire
che i
palestinesi sarebbero disperati: potrebbero, per esempio, attaccare
gli
insediamenti a mano armata, o lanciare l'offensiva a Gerusalemme su
vasta
scala, e allora sarebbe la guerra» , dice un ufficiale dei servizi di
sicurezza. E di fatto, nei giorni scorsi, il viceministro della
Difesa
Ephraim Sneh (Barak è il titolare) ha convocato una serie di incontri
per
coordinare i preparativi di un eventuale scontro armato.
Il settore della pianificazione di Tzahal, l’ esercito israeliano, ha
costruito varie risposte alle più diverse ipotesi. Prima di tutto si
prepara
il dispiegamento, nella zona del West Bank, delle forze ritirate dal
confine
del Libano. Questo dovrebbe avvenire fino a settembre, quando sarà
dichiarato lo Stato Palestinese. Durante gli incontri segreti è stato
anche
previsto, nel caso di un'autentica escalation, il richiamo
straordinario
delle riserve nei ruoli di supporto, come comunicazioni, intelligence
e
tecnologia.
Da queste riunioni spira anche un doppio messaggio. Il primo, che il
capo di
Stato maggiore Shaul Mofaz ha anche comunicato al pubblico, è un
ritegno
pacifista in armonia con il processo di pace e con la sfinitezza
degli
israeliani di fronte alla guerra, la promessa che non ci sarà in
nessun caso
normale un attacco contro i palestinesi, a meno che l'esercito non si
trovi
di fronte a situazioni estreme, come l'assedio di un insediamento. Il
secondo è che Tzahal ha sofferto dell'infelice andamento della
ritirata dal
Libano e cerca una cura alla sua frustrazione nell'apprestare
l'eventuale
scontro, che quindi potrebbe essere molto più duro del previsto.
Però ci sono anche elementi di moderato ottimismo. Comunque vadano le
cose,
i palestinesi, che puntano sull'aiuto internazionale per il nuovo
Stato,
aspetteranno probabilmente fino a settembre per inaugurare una
stagione di
lotta armata; inoltre, nelle due ultime esperienze di grossi scontri,
nel
maggio ‘ 98 e nello scorso maggio, in occasione della celebrazione
della
« Nakba» , la catastrofe della fuga e espulsione del ‘ 48, i palestinesi
hanno
lasciato molti uomini sul campo senza ottenere concreti risultati:
Tzahal
pensa quindi che le varie organizzazioni combattenti non abbiano
intenzione
di percorrere la stessa strada.
Abd al-Razeq-el Majaideh, il capo delle forze di sicurezza di Gaza,
accusa
intanto l'esercito d'Israele di aver inzeppato Netzarim, un
insediamento
dentro la Striscia, di uomini e tank: gli israeliani assicurano che
si
tratta solo della sostituzione di un'unità dei Ghivati con una del
Nahal,
due tipi di organizzazione militare. Ma è ragionevole sospettare che
ci
siano già in atto rafforzamenti di postazioni militari in zone
nevralgiche.
Probabilmente Arafat in questi giorni è dispiaciuto di aver lasciato
che
alle varie organizzazioni armate antagoniste come Hamas, si
aggiungesse
quella dei Tanzim, i giovani di Fatah che il rais ha lasciato
crescere e
armare fino ai denti: dedita a operazioni di guerra e guerriglia, nel
tempo
è divenuta sempre più indipendente e aggressiva, e opera come un
piccolo
esercito in flagrante violazione degli accordi di Oslo.
Anche i Tanzim sono una delle tante variabili dell'incerto esito
dell'incontro di Camp David. E' come se, con la conclusione della
trattativa
in vista, il Vaso di Pandora stesse comunque per aprirsi: nessun
leader può
imprigionare in un trattato lo spirito dannato del Medioriente.
