RIMOSSO UN AVAMPOSTO COME PREVISTO DALLA ROAD MAP Il primo sgombero di Sharon Ore di battaglia soldati-coloni Centinaia di militari e di giovani hanno combattuto senz’ armi, a mani nude: 30 feriti. Uomini in lacrime, do nne con bambini che implorano
venerdì 20 giugno 2003 La Stampa 0 commenti
MITZPEH YITZHAR
NULLA e tutto, Mitzpeh Yitzhar è il primo avamposto importante dove
coloni
e soldati hanno fatto la guerra: nulla, in alto in mezzo alla
Samaria,
deserto e stoppie, ulivi in lontananza, giallo e pietre, qualche
ciuffo di
fiori rosa e celesti, tre o quattro prefabbricati e in tutto venti
coloni
residenti fissi; tutto, il popolo israeliano si muove e si scontra in
nome
della Road Map, due processioni dolenti e determinate, un migliaio di
coloni
provenienti a piedi da tutta la Giudea e la Samaria e oltre si
arrampica
verso l’ alta collina in aiuto dei loro amici, e centinaia e centinaia
di
soldati arrivano da tutte le parti pronti allo scontro come in una
guerra
totale, carri armati, mezzi corazzati, bulldozer, ambulanze al
seguito. Ma a
mani nude, niente armi addosso o in pugno. Il solito mitra a
bandoliera che
il soldato non lascia nemmeno quando va a dormire, non c’ è . La guerra
civile
non deve cominciare qui, questi sono gli ordini. Gli stessi ordini
hanno
ricevuto dai loro rabbini i ragazzi che pressano a grappolo i
bulldozer coi
loro corpi; non fosse per gli tzitzit, le frange bianche che escono
da sotto
le magliette slabbrate, e la kippà , il cappellino rituale, sembrano
in
genere membri di un agitato movimento di Verdi.
Ma lo scontro c’ è e fa decine di feriti fra i soldati e i giovani
coloni.
Perché comunque la si metta, questa è una guerra: l’ inaspettata
guerra di
Sharon contro una parte dei suoi elettori, e sgomberare Mitzpeh
Ytzhar non è
stata una scelta casuale. E’ come se da quell’ altura Sharon mandasse
a dire
ai coloni: « Non ho paura di voi, quello che si deve fare si farà , se
l’ ho
fatto qui posso farlo altrove» . Qui infatti molti dei residenti e dei
loro
amici sono gente che non conosce compromesso, provengono dalla scuola
religiosa della Tomba di Giuseppe, con l’ esperienza di scontri
diretti con i
palestinesi, con morti e feriti, con la rabbia covata per la
dissacrazione
della Tomba violata; a 500 metri da Ytzhar stessa dove vivono cento
famiglie, gli avamposti sulle vette guardano dall’ alto il villaggio
palestinese di Hawara, i cui abitanti sono responsabili negli anni
della
morte di diversi israeliani; e gli israeliani di Ytzhar hanno verso
il
villaggio un atteggiamento che induce l’ esercito a proteggere i
cittadini
arabi.
Mitzpei Ytzhar è nel cuore della Samaria. Poco lontano Ofra, la madre
degli
insediamenti legali, poi Eli, e più in là Beit El, e Tapuah. Siamo al
centro
del problema, nel cuore degli insediamenti più antichi e della vita
di
quella che è ormai una enorme comunità di più di duecentomila
persone, di
cui molti alla terza generazione. L’ avamposto controlla l’ ingresso a
una
vallata segnata da decine di agguati mortali a civili e soldati
israeliani,
compreso quello in cui furono uccisi, in una sorta di tiro al
piccione, in
una gola, nove fra viaggiatori casuali e soldati di guardia.
Saliamo al mattino e la collina è completamente in fiamme, i campi
sono
stati bruciati per evitare che i soldati possano giungere fino ai
prefabbricati e una grande tenda che raduna i volontari corsi in
aiuto, si
vedono per centinaia di metri le strisce di benzina rovesciata per
terra che
ardono i cespugli e le stoppie. Qualcuno con una pompa cerca di
salvare
dalle fiamme una vigna che deve essere stata curata per anni dagli
stessi
che oggi l’ hanno incendiata. Per accedere alla montagna si passano
una
quantità di posti di blocco dove tutto sembra proibito, e si lascia
l’ auto
dove comincia il fuoco. Si sale incontrando decine e decine di
giovani
coloni e centinaia di soldati che arrivano da ogni parte: « Sharon ci
ha
deluso - dicono i giovani - speriamo solo che sia una finta, che lo
faccia
per buttare fumo negli occhi agli americani, non possiamo credere che
ci
butti fuori così da casa nostra, con l’ importanza strategica che ha
la
nostra postazione, con il terrorismo suicida che continua e
continuerà .
Questo è un luogo dove nessuno ha mai abitato al di fuori di noi, è
la terra
su cui Abramo portava a passeggiare i suoi bambini, ed ecco che ci
vogliono
sbattere via, come estranei. Oggi lui sgombera noi, domani i
palestinesi
sgombereranno lui da Gerusalemme» . Così in coro parlano alla
giornalista,
eccitati, i vari Mordechai, Michael, Shlomo. Una macchina bruciata e
rovesciata viene spostata dall’ esercito, e poi una dopo l’ altra, fino
alla
grande tenda, cominciano le barriere di pietre costruite nottetempo.
Nelle
prime ore hanno fermato i soldati, poi le ruspe le hanno spostate.
Quando si giunge in vetta, ai primi prefabbricati, si può vedere il
cuore
della strategia finora messa a punto dai coloni: da una parte, i
giovani che
si infilano sotto i carri armati e si sidedono dentro le ruspe, che
si
arrampicano sui tank finchè i soldati non li buttano di sotto, senza
fargli
male per quanto possono; ma la vera barriera sono le donne, quasi
tutte
giovanissime e con i loro bambini appesi al collo in marsupi colorati
o
seduti a schiere nelle carrozzine. Vanno vicino ai soldati, ragazzini
rossi
dal sole e dall’ angoscia di dover combattere contro i loro
connazionali e
fratelli, offrono loro acqua e panini: « Ti prego - dice a Itzik una
ragazza
col suo piccolo - non puoi, non devi ubbidire agli ordini, è una
dissacrazione del nome di Dio, noi cosa facciamo di male? Coltiviamo
la
terra dei nostri padri, la terra che ci è stata restituita dopo
migliaia di
anni; e davvero pensi che se mi mandi via di qui col mio bambino
questo
porterà la pace? Pensi che Hamas sarà contenta? Vuoi aiutare lo
sceicco
Yassin?» .
I soldati hanno ricevuto ordini: conservano il silenzio, ogni tanto
azzardano una parola di scusa. Un colono, mentre ci avviciniamo a un
grappolo che sta cercando di salire su un mezzo corazzato in
movimento e di
fermarlo, si avventa contro di noi accusando i giornalisti di
considerarli
« solo dei pazzi fanatici: perché venite qui a vedere questo giardino
zoologico, non siete più capaci di capire cos’ è un ideale... E tu che
sei
una donna, non passare questa linea, qui i religiosi le donne non ce
le
vogliono» . Altri vengono a difenderci, a molti non importa che la
giornalista sia una donna. Presto i soldati, che vengono
continuamente
riforniti d’ acqua, cominceranno a scendere sotto il sole dell’ una del
pomeriggio verso la tenda e le baracche. Là c’ è la roccaforte: sangue
dal
naso, svenimenti, spintoni. Il popolo di Israele se le dà , i militari
aprono
le braccia per mostrare che sono senz’ armi, ma l’ aria sa di sangue,
la
polvere e il fumo puzzano e distruggono l’ odore dei fiori rosa e
azzurri e
quello della liquirizia.
Ci sono alcuni deputati che nonostante siano teoricamente vincolati
dalle
decisioni del governo a seguire la Road Map e quindi a compiere
questo e
altri sgomberi, sono venuti a portare solidarietà ai loro elettori.
Ma sono
tre in tutto, e Pinchas Wallenstein, il capo della Moetzet Yesha, il
Consiglio degli insediamenti, ha un bel ripetere con aria minacciosa:
« Possono sgomberarci finché vogliono, tanto stanotte o domani
ritorneremo» .
La realtà è che sui coloni cala un umore cupo, pensavano che la
grande
ondata di terrorismo avesse finalmente convinto tutti, e soprattutto
il
governo, a seguire la loro strada, quella della presenza sul
territorio
costi quel che costi. Non è andata così . Alcuni dei ragazzi piangono
disperati per le botte, il fumo, la delusione. Ci sono anche molti
soldati
che non possono sopportare quello che stanno facendo. Anche alcuni di
loro
piangono. Tutti quanti hanno vent’ anni e hanno affrontato quasi tre
anni di
funerali. Ma il monte arde, la tenda si sgonfia, domani arriva Colin
Powell.