RETROSCENA UN RAID RISCHIOSO La fantascienza arma segreta contro i ma novali del terrore
venerdì 12 aprile 1996 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV IL brivido di Entebbe, la sensazione funambolica del
bombardamento del reattore nucleare iracheno, l'orgoglio delle tante
azioni spregiudicate e repentine che hanno fatto la fortuna di
Israele, ieri sera ha attraversato una società che ormai da tre anni
è abituata a coltivare solo sentimenti di pace e a inghiottire gli
attacchi dell'integralismo islamico. È successo dopo una giornata di
incertezza e di rinnovata paura della guerra. Il comandante dei
servizi segreti dell'esercito israeliano ha preso la parola dopo la
conferenza stampa di Peres, che aveva spiegato le ragioni del raid
sul Libano con un volto inconsueto, squadrato dal sentimento dello
sforzo che gli dev'essere costato attaccare, lui che è sempre così
pacifista, così paziente.
poter per sempre contare sull'impunità nel colpire i civili
israeliani. E devono anche scendere ormai dall'immagine onnipotente
che si sono autorappresentati. Con loro tutti i mezzi diplomatici
erano stati tentati - Peres ha semplicemente spiegato -. Avevamo
parlato col governo del Libano, con la Siria, con gli Hezbollah
stessi, anche gli iraniani erano ormai avvertiti. Poi, è venuto il
momento di reagire. E dopo di lui, ecco che Moshe Ayalon, il capo
dell'intelligence dell'esercito, si fa avanti, dimesso e gelido
insieme, e presenta alcuni piccoli film girati dall'interno degli
elicotteri che hanno bombardato tutti quei luoghi i cui nomi escono
di nuovo dalla memoria e dalla mitologia per rientrare nella storia
violenta del Medio Oriente: Beirut, Baalbek, Nabatyeh. Ma stavolta
niente case distrutte, o profughi in fuga. Quello che Israele ha
visto sui televisori è il bagliore di un missile, diritto, appuntito
e preciso, che parte da un elicottero contro una finestra all'angolo
Nord del primo piano di un palazzone-alveare, nel centro della
capitale libanese. Là dentro c'era l'ufficio, i documenti, la
centrale stessa degli Hezbollah. E anche i film su Baalbek e Nabatyeh
mostrano la chirurgia dell'attacco degli elicotteri israeliani:
uffici, depositi d'armi, campi di addestramento, tutti obiettivi
calibrati e mirati al microscopio. Solo così Peres, il leader che si
è sempre rifiutato di reagire con la forza dei carri armati agli
attacchi di Hamas e della Jihad Islamica su Gerusalemme, poteva
reagire: con una sciabolata diretta contro gli Hezbollah, senza
sbavature eccessive (almeno per ora così sembra); solo così poteva,
lui che dedica la sua vita alla pace, rischiare di nuovo una guerra.
Perché è un gesto veramente molto aggressivo quello di raggiungere
la capitale del Libano, affrontare la grande rabbia e quindi di nuovo
forse la pioggia di Katiusha degli Hezbollah, rischiare di rafforzare
la solidarietà che in questi anni essi si sono assicurati presso la
popolazione, rinfocolare l'odio dell'Iran, il principale finanziatore
e organizzatore di tutti i gruppi estremisti islamici, e anche
mettere in imbarazzo il Rais siriano Assad, poco entusiasticamente
avviato sulla via della pace, spintovi a forza dagli americani. Ma
come ha detto in una parola il coordinatore governativo per il
Libano, Uri Lubrani: , cioè : c'è un momento in
cui bisogna dire basta. Israele non toccava più Beirut dal 1982;
soprattutto, dopo l'operazione Resa dei Conti di tre anni fa, le
reazioni agli attacchi di Hezbollah si erano fatte le minime
indispensabili. I governi di Rabin prima e di Peres poi hanno sempre
tenuto in gran conto l'influenza siriana nella zona. Toccare il
Libano equivale a toccare la Siria; così come ogni attacco degli
Hezbollah è impensabile senza l'assenso di Assad. Quindi, il governo
pacifista di Israele ha da una parte tentato di tenere a bada gli
attacchi, e dall'altra ha tentato di non offendere il governo
libanese e quindi quello di Assad. Però adesso le cose sono molto
cambiate: dal 4 marzo ci sono stati ben 11 attacchi degli Hezbollah,
11 volte i convogli israeliani sul confine sud-libanese sono stati
attaccati con gravi perdite; i cittadini di Kiryat Shmona e dintorni
sono stati portati dai bombardamenti di Katiusha sull'orlo
dell'esaurimento nervoso. Le famiglie dormono nei rifugi, i bambini
sono stati evacuati. L'ultimo bombardamento è costato di nuovo una
vittima, e questo proprio durante le feste pasquali, quando tutto il
Paese si riversa al Nord per godere la primavera in Galilea.
sicurezza - ha detto Peres - è sempre e comunque la cosa più
importante per lo Stato di Israele. Stavolta lo sberleffo era troppo
grande: nonostante da parte siriana ci fossero velate garanzie di
pace, e fosse trapelato il tentativo di Assad di bloccare i
finanziamenti iraniani via Damasco agli Hezbollah, pure la guerra del
movimento integralista islamico contro il processo di pace era giunta
al parossismo. E ha avuto in Libano lo stesso impulso che ha portato
agli attentati di Hamas a Gerusalemme e a Tel Aviv. Per ora la Siria
non reagisce con eccessiva passione agli attacchi israeliani. E
Israele non ha affatto messo un punto alla sua operazione. Peres, è
chiaro, vuole cambiare definitivamente le regole del gioco, ovvero
vuole che Siria e Libano spingano fuori l'Iran dal giuoco, e con esso
la leadership degli Hezbollah. Se no, è disposto, lo si vede da
questa operazione, a penetrare ovunque. E in Libano, si sa quando si
entra, ma, insegna la storia, non si sa quando si esce. Fiamma
Nirenstein