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RETROSCENA UN PAESE SEMPRE PIÙ VULNERABILE Esercito e Servizi k.o. Isr aele perde le certezze

sabato 6 settembre 1997 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV DUE facce di cinquantenni impalliditi fino a mostrare le occhiaie blu del dolore e della depressione, sconosciute perfino al loro stesso specchio. Perché di due uomini duri si tratta: Benjamin Netanyahu e Amnon Lipkin Shakach, il primo ministro e il capo di Stato Maggiore. Due tipi grandi e grossi, il primo un conservatore, il secondo un progressista; il primo in genere roboante e baritonale, il secondo scabro e contenuto come si conviene a un militare israeliano. Ieri però , sotto l'occhio delle telecamere, erano semplicemente identici mentre annunciavano le loro sconfitte e le loro incerte strategie. Hamas ha colpito da un giorno soltanto in piena Gerusalemme e già , durante la notte, l'esercito è andato incontro, nel Sud del Libano, a una strage dei ragazzi, che spiccavano nella prima fila, e che sono morti in prima fila, come ha detto il Primo Ministro dei dodici soldati uccisi l'altra notte. Era un'operazione preparata da tempo, di quelle che l'esercito israeliano non sbaglia mai per grinta e per astuzia, per la perfetta tenuta degli uomini delle Unità Speciali. Invece, una volta sbarcati su quella costa del Sud del Libano, o che sia stata una spiata, o un'esplosione malaccorta che ha richiamato gli hezbollah, o che, semplicemente, una terribile sfortuna abbia voluto che il nemico fosse proprio in zona, pronto all'agguato, fatto sta che per la terza volta in pochi mesi l'esercito israeliano ha preso una botta micidiale, un vero disastro. Esso viene infatti dopo lo scontro dei due elicotteri alcuni mesi fa, e successivamente l'incendio che ha bruciato vivi, solo una settimana fa, altri quattro soldati. Risultati di una guerra che dura ormai da vent'anni, ma che stavolta somigliano agli autogol di un esercito che forse si era troppo affezionato all'idea della pace, che si è in parte demotivato rispetto a un compito di difesa che invece non accenna a concludersi. Shakach si è dovuto difendere dai giornalisti dall'accusa di aver mandato la spedizione fuori nella notte senza aver capito i pericoli cui andava incontro. darglielo - ha detto -. L'esercito compie decine di queste operazioni vittoriosamente e silenziosamente, solo che allora non ve lo veniamo a dire. È certo vero, ma le sue parole sono cadute su altre parole di dolorosa impotenza: quelle di Netanyahu, che ha annunciato, sì , che il processo di pace non riprenderà finché Arafat non darà una del suo impegno contro Hamas e il terrorismo; ma questo non ha bloccato le accuse dei giornalisti, del popolo di Israele troppo ferito, dei genitori dei ragazzi uccisi nell'esplosione. In sostanza, si pensa che lo Shabbach, cioè i servizi segreti dell'Interno, non siano riusciti nel giro di un anno intero a mettere le mani su quello che è , così si pensa, un unico gruppo terroristico, dipendente da Hamas che a partire dall'attentato del Caffè Apropos di Tel Aviv, in cui agì un unico terrorista, ha messo a punto tecniche sempre più sofisticate. Sofisticate vieppiù , ma identiche, riuscendo a colpire per due volte in un mese nel centro di Gerusalemme. Stesso esplosivo, stessa tecnica: esplode una bomba umana, richiamando col botto sul posto una folla che corre in soccorso, ed ecco che esplode un'altra bomba, uccidendo anche i soccorritori. Due terroristi si sono fatti esplodere così al mercato di Mahanei Yehuda, e solo un mese dopo tre nella zona pedonale di Ben Yehuda in pieno centro a Gerusalemme. L'intelligence ritiene che si tratti di un gruppo con base nei territori dell'Autonomia, guidato da quello che viene chiamato , ovvero Muhi A Din Sharif. Egli, il capo del braccio armato di Hamas, per quanto si sa, si nasconde all'interno dell'Autonomia stessa e basa le sue azioni su forti gruppi di sostegno dentro Gerusalemme stessa, palestinesi muniti di carta d'identità israeliana, che consentono loro un complesso lavoro logistico e una lunga informazione preventiva. Sono tutti elementi importanti, che tuttavia non hanno portato lontano perché a tutt'oggi non è stato ristabilito un rapporto di collaborazione con Arafat e la sua polizia e perché Arafat, vedendo il consenso vacillare intorno a sé , ha inteso tenersi Hamas all'interno del recinto del suo potere e della sua forza contro Israele nell'ipotesi di uno scontro frontale. Questo costituisce per Hamas un'ottima base per lavorare in pace al reclutamento di terroristi suicidi, che sempre secondo le fonti dello Shabbach oggi funziona senza problemi. È infatti vivo il sentimento che si può formare nel mondo arabo un nuovo largo fronte anti-israeliano; e qui si saldano senza remissione i due eventi di questi giorni, l'attentato terroristico e l'episodio di guerriglia nel Libano. È di pochi giorni fa la visita del presidente Assad di Siria (dopo molti anni di tentennamenti) a Teheran, la patria del più acceso antagonismo contro Israele, e data la dipendenza degli hezbollah dalla Siria si può prevedere una recrudescenza di quella che ormai possiamo chiamare tranquillamente la . Intanto Mubarak, che oggi incontra d'urgenza Arafat, ha rimandato senza complimenti a Netanyahu una lettera che gli era stata inviata dal primo ministro stesso d'Israele: lo ha pregato di inoltrarla per vie . Questa lettera riguarda la sorte del cittadino israeliano Azzam Azzam che Israele ritiene fermamente innocente, e che invece è stato condannato da un tribunale egiziano per spionaggio. Israele si sente soffocare, e il senso di essere aggrediti da tutte le parti non può certo aiutare a risollevare le sorti del processo di pace. Fiamma Nirenstein

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