RETROSCENA TRA PAURA E SPERANZA Un motivo in più per la pace Solo un' intesa spiazzerebbe i terroristi
lunedì 20 luglio 1998 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
REHOV Jaffa, la via più centrale di Gerusalemme, specie all'angolo
di piazza Sion, è a tutte le ore un coacervo di studenti, turisti
sudati, soldati, gente affaccendata per negozi, banche, uffici. Se
il furgone con il suo carico di morte, con gli esplosivi, ma anche
con i gas e le centinaia di litri di benzina, e le decine di chili
di chiodi fosse esploso là , sarebbe stata una strage immensa,
senza precedenti. Più grande ancora di quella occorsa poche
centinaia di metri più su, al mercato centrale, esattamente un
anno fa, con 16 morti. E allora il ministro della Difesa Yitzhack
Mordechai, sull'onda dell'ira e del dolore popolare, avrebbe certo
dovuto cancellare l'incontro di ieri sera all'Hotel Dan di Tel Aviv
con il vice di Arafat, Abu Mazen. Davvero non sarebbe stata cosa da
poco: Hamas ha scelto molto bene ieri il suo obiettivo, poiché
l'incontro fissato, il primo ad alto livello dall'ottobre 1997,
quando si incontrarono Arafat e Netanyahu, ha assunto in questi
giorni il valore di un vero e proprio summit.
Questo per varie ragioni: la prima, che per arrivare a queste due
ore di colloquio c'è stato un lavoro enorme, in cui ha primeggiato
come al solito lo sforzo americano, ma al quale non sono stati
estranei nemmeno gli emissari europei. Il secondo, che i due
protagonisti dell'incontro sono, all'interno dei rispettivi mondi,
fra i più propensi alla pace. In particolare il ministro della
Difesa israeliano Mordechai è un politico che spicca per la sua
moderazione e per la sua dichiarata fedeltà agli accordi di Oslo.
Ha più volte ripetuto che ormai è arrivato il tempo di firmare il
secondo sgombero dai territori occupati e si capisce che la
proposta americana di lasciare in mano palestinese un altro 13% lo
trova più o meno d'accordo. Inoltre, ultimo punto ma non meno
importante, il più falco fra i ministri nel governo di Bibi, Ariel
Sharon, si trova in Cina, e non può quindi compiere immediate
azioni di ritorsione. Forse è anche per questo che Netanyahu ha
dato a Mordechai il mandato per trattare personalmente la
percentuale dello sgombero. Ma ha poi aggiunto (e questo tutto
sommato dà più forza alla trattative) che successivamente vuole
essere essere lui a prendere con Arafat le ultime decisioni.
Dopo che a sera alla fine della riunione Mordechai ha lanciato la
sua proposta di tre commissioni (una sulla sicurezza, una sulla
Carta palestinese, e l'ultima su quel 4% che appare problematico
all'interno del 13) si può dire che per ora il tentativo di Hamas
di far saltare ancora una volta per aria, in senso letterale, il
processo di pace, non è riuscito. Restano tutti i dubbi legati ai
prossimi probabili tentativi di Hamas, alle ormai troppo prolungate
incertezze del leader israeliano, e alle reticenze di Arafat
rispetto alla Carta e a Hamas. Ma si può dire che il tentativo
fortunatamente abortito ieri può dare ad Arafat una buona
giustificazione per andare incontro agli israeliani, intervenendo
con forza contro il braccio armato dell'organizzazione estremista
(che da tempo, per altro, mina anche il suo potere) e di stroncare
quindi anche le frange più estremiste che insistono per mantenere
nella Carta la promessa di distruzione di Israele. Netanyahu, a sua
volta, sa di essere indebolito. Gli Usa non lo considerano con quel
riguardo a cui erano abituati i leader israeliani; l'Olp gode
invece di un ottimo momento nell'opinione pubblica internazionale;
il suo status è stato promosso all'Onu, e il Consiglio di
sicurezza ha condannato Israele per l'espansione dai confini di
Gerusalemme; tutti, inoltre, considerano che realisticamente Arafat
dichiarerà lo Stato palestinese entro un anno.
Ambedue i contendenti dunque vanno indeboliti all'incontro, Arafat
da Hamas e dalla lunga attesa, e Netanyahu dalla sua stessa paura,
dalla sua politica di incertezze, dal suo proprio governo. Adesso,
parrebbe quindi una buona situazione per trovare un accordo. Ma il
cittadino di Gerusalemme ha ricominciato invece a tremare, a non
usare gli autobus, ad attendere con ansia il ritorno a casa dei
bambini.
Fiamma Nirenstein