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RETROSCENA TRA PACE E GUERRA Le torride giornate degli 007 In Medio O riente superlavoro per le spie

mercoledì 10 settembre 1997 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV LE spie, con tutto il loro bagaglio di idealismo estremo o di perfetto cinismo, in queste settimane sciamano per il Medio Oriente ancor più del consueto. La visita del segretario di Stato americano Madeleine Albright, che è iniziata oggi, è un grande mobilizzatore di ingegni, e quindi con i soliti ideali occhiali a specchio e con le armi segrete, gli agenti israeliani, ma anche i loro nemici, sono sguinzagliati dappertutto. Certo, prima di tutto per proteggere la Albright, ma noi parliamo anche degli agenti segreti che tessono in questo momento nuovi rapporti in Medio Oriente, oppure anche di quelli che hanno preparato eventualmente gli attentati e gli agguati dei giorni scorsi, e di quelli che prossimamente dovrebbero sventarli. Netanyahu, si dice, al contrario di Shimon Peres è convinto che si possano creare ponti con i Paesi più irrecuperabili, l'Iran e la Siria. A questo scopo Bibi ha mosso varie pedine segrete soprattutto dopo l'elezione a Teheran di Mohammed Khatami, che è visto come un moderato filo-occidentale. È di questi giorni un'accelerata ad una trattativa iniziata nel dicembre del 1996, quando l'allora ministro del Kazakhstan per il Petrolio, Nurlen Balgimbaev, che ha ottimi legami con l'Iran, visitò Israele per cure mediche e fu avvicinato da agenti segreti per dare il via a un dialogo teso ad alleggerire la tensione militare e a ridiscutere il debito che Israele ha sin dal tempo dello Scià con Teheran, e valutato dai 650 milioni a un miliardo di dollari. L'idea che allo stato dei rapporti attuali sembra fantastica, ma che è quella che sotto traccia il governo Netanyahu ha continuato a discutere con il , è che Israele paghi il suo debito con investimenti privati che sviluppino le infrastrutture civili iraniane: scuole, ospedali, banche. In cambio Khatami potrebbe ridiscutere il tasso di odio anti-israeliano cui il suo Paese è abituato, rivedendo il finanziamento al terrorismo e agli Hezbollah oltreché il programma balistico e nucleare. Netanyahu ha accompagnato la politica di quieto approccio con un inusitato silenzio del governo israeliano. Nel frattempo Balgimbaev ha attivato i suoi canali russi che si sono offerti come tramite per canalizzare l'offerta di pagamento del debito. Ciò che è più curioso, è il nome dell'incaricato ufficiale israeliano di questa operazione, che certo nega, e si rifiuta di parlare: è il ministro per le Infrastrutture, Ariel Sharon. Si vedrà se la Albright gradirà questa futuribile versione dei rapporti mediorientali. Un'altra zona di contatti supersegreti è quella fra Netanyahu e il presidente siriano Assad: nel passato Israele aveva utilizzato, per mandargli messaggi, il giornalista americano-libanese George Nadar (che varie fonti hanno poi tacciato di essere un chiacchierone e un millantatore) e il milionario americano Ron Lauder. Stavolta però ad agire da fra Bibi e Assad c'è un misterioso personaggio nuovo di zecca. Egli ha passato, secondo fonti bene informate, nei giorni scorsi numerosi messaggi a Damasco che sarebbero, a detta di un membro autorevole dell'ufficio del primo ministro, così spinti da poter causare in potenza persino la caduta del governo israeliano. In sostanza, Netanyahu ha autorizzato qualcuno a informare Damasco di essere pronto ad assumersi la formula di Rabin: sarà profondo quanto saranno profonde le misure di pace siriane. Queste le novità ; e adesso i tormenti assai seri dei servizi segreti sia civili che militari. Israele ha sofferto in questi giorni i danni del secondo attacco terroristico di Hamas in due settimane e di un agguato degli Hezbollah che ha lasciato sul terreno 12 membri di un'unità combattente che dovrebbe agire in condizioni di perfetta sicurezza. Invece in ambedue i casi l'intelligence si gratta la testa domandandosi com'è stato possibile che gli Hezbollah fossero proprio sulla strada del commando israeliano; e com'è stato possibile un buco nero così grande da far sì che, nonostante i servizi sapessero che si preparavano ancora attentati a Gerusalemme, non sono stati in grado di fermarli. Le riunioni sulla sicurezza in questi giorni prima di tutto registrano una paurosa differenza di opinioni: Amy Ayalon, il capo dello Shin Bet (i servizi segreti dell'Interno), pensa che Arafat non sia affatto complice di Hamas e che sia quindi possibile ricostruire una partnership quanto alla rete informativa nell'Autonomia palestinese. Ma i servizi militari negano del tutto questa possibilità , e chiedono che Israele faccia uno sforzo per fare da solo, stabilendo una nuova rete di spie dopo che l'abbandono dei Territori aveva di fatto eliminato la vecchia. In questi giorni, visto che Hamas ha promesso nuovi attentati l'attività è frenetica; i palestinesi però si muovono da soli, per lo meno è quello che dichiarano. E agli israeliani resta l'opportunità di dimostrare che possono farcela anche senza l'aiuto dell'Autonomia palestinese, facendo vedere al mondo e alla Albright che i terroristi si trovano proprio nella West Bank, sotto il compiacente naso di Arafat. Quanto agli Hezbollah, non si esclude la pista di una fuga di notizie addirittura dall'interno dell'esercito israeliano; oppure, si potrebbe trattare di una spia doppiogiochista, un libanese che sta fingendo di lavorare per Israele e invece fa il gioco degli Hezbollah. Nasrallah, il loro capo, si è vantato in pubblico di aver avuto le informazioni in anticipo. Gli israeliani l'hanno preso molto sul serio. Fiamma Nirenstein

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