RETROSCENA NEL MIRINO DEL RAISS Israele con la maschera antigas Torna la paura di un attacco chimico
martedì 11 novembre 1997 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV
NELL'ANGOLO meno vivibile di ogni casa israeliana si conservano le
maschere antigas, dentro delle brutte scatole di cartone color
caki. Chissà se sono ancora buone, se funzionano anche contro le
novità che ha preparato Saddam Hussein negli ultimi mesi.
Rigirarle fra le mani dà soltanto un senso di polveroso, di
inconsistente, mentre ormai in Israele si sente invece che il
conflitto che aleggia nell'aria ha un peso specifico notevole.
Davanti agli uffici dell'esercito dove si distribuiscono maschere
nuove in sostituzione di quelle malandate o superate, c'è una
piccola folla che discute il presente e ricorda il 1991, quando
Saddam in gennaio colpiva Tel Aviv con i suoi missili, le sirene
suonavano per quella che è stata l'unica guerra inerte della
storia dello Stato d'Israele.
Ora gli F15 si esercitano come impazziti avanti e indietro nel
minuscolo cielo del minuscolo Stato. Eitan Ben Eliau, il capo
dell'aviazione, con quella voce noncurante che gli israeliani
tirano fuori quando la situazione si fa seria, dice che Saddam può
arrivare con i missili fino a noi perché ha una riserva
sufficiente di Scud da impiegare a questo scopo; spiega anche che
egli dispone di armi non convenzionali (gas, veleni, armi chimiche)
in grande quantità ; che non abbiamo ancora notizie precise sul
tipo di volo che può essere affrontato dagli aerei polacchi nati
per la disinfestazione e riadattati dagli iracheni a volare lontano
col loro carico di bioarmi senza pilota. Aggiunge poi, e non si
capisce bene perché , che per ora tuttavia gli israeliani non hanno
di che preoccuparsi. Ma non è l'unico parere. Per esempio il
famoso analista Zeev Shiff dice che c'è di che preoccuparsi
invece, per la quantità di nuovi veleni che Saddam è stato in
grado di mettere insieme, per la loro terribilità e per la
determinazione con cui il raiss porta avanti la sua strategia.
Non bisogna illudersi rispetto alle intenzioni di Saddam, nel
rispetto alla possibilità che egli usi un eventuale conflitto per
far deflagrare la pentola a pressione che l'area mediorientale è
diventata da quando il processo di pace è in crisi. Quello che
Saddam vuole è innanzitutto concludere una serie di lavori in
corso nel suo arsenale. È per questo che tiene molto vicino a sé ,
pare anche fisicamente, e al suo sistema di difesa personale, uno
dei meglio collaudati del mondo dato il gran numero di nemici
intenzionati a farlo fuori, i nuovi impianti di produzione di
"biologia nera". È una produzione che si può spostare facilmente
su camion e che dà al suo possessore la capacità di infettare
decine di milioni di persone contemporaneamente con malattie
incurabili come il botulismo, il virus Ebola, o un vaiolo
rafforzato capace di infettare anche chi è stato vaccinato. Il
nuovo arsenale di Saddam comprende anche il famoso gas VX che
brucia la pelle e soffoca. Saddam ha il lavoro a metà , e lo vuole
concludere distogliendo l'attenzione del mondo con una sceneggiata
sulle sanzioni ingiuste e affamatrici e sui pregiudizi americani.
Ora, Saddam è senz'ombra di dubbio il principale affamatore del
suo popolo, deprivato dalle sue risorse naturali da una dittatura
nepotistica e corrotta che ha trascinato il popolo nella guerra
durata nove anni contro l'Iran dopo che era stato firmato un
trattato che stabiliva confini e prerogative dei due Stati, e che
poi ha tentato di impadronirsi di tutte le risorse petrolifere
della zona invadendo il Kuwait. Adesso Saddam non fa niente di
meglio che preparare quelli che lui stesso chiama "scudi umani"
contro eventuali azioni dell'Onu. Quanto alle sanzioni è noto che
da tempo sotto la pressione dell'Onu anche gli Usa avevano iniziato
una politica di revisione, sia pure cauta, delle decisioni prese
dopo la guerra del Golfo. Certo non poteva risultare molto
incoraggiante il fatto che Saddam avesse venduto (così si dice) i
prodotti giunti nonostante l'embargo per motivi umanitari (latte in
polvere, medicine) a Stati circumvicini.
In queste ore, Saddam, sfortunatamente, ripetendo le mosse del
passato, cerca di muovere simpatie nel mondo arabo, in particolare
ad Amman e a Gaza. Si è scritto in questi giorni che Saddam ha
nascosto alcune parti del suo arsenale nell'ambasciata
dell'Autonomia Palestinese a Baghdad. Arafat naturalmente ha
smentito, ma è difficile scordare i palestinesi inebriati che
saltavano sui tetti per dare il benvenuto ai missili di Saddam. Il
dittatore iracheno ha già cominciato, come fece nel 1991,
a suggerire che potrebbe scambiare un atteggiamento costruttivo con
la restituzione dei Territori ai palestinesi. Quale migliore arma
per proporre una leadership nel mondo arabo in tempi di grande
antipatia per Israele?
Fiamma Nirenstein