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RETROSCENA MOLTI ATTORI PER UN CONFLITTO L'amore impuro di Ankara Con Israele un patto che indigna l'Islam

martedì 6 ottobre 1998 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV SUI remoti confini fra la Turchia e la Siria le truppe, nelle loro divise da guerra, si agitano nelle esercitazioni. La Turchia ha mobilitato per le manovre dei prossimi giorni 10 mila dei suoi famosi, duri soldati. Ma non è un conflitto a due, e nemmeno a tre. Le forze in campo sono ormai molte e con interessi completamente diversi fra di loro. Questo conflitto non è affatto lontano da noi. Esso implica, oltre ai Paesi musulmani nel loro insieme, naturalmente chiamati in causa dato che si tratta di uno scontro interno, anche Israele e gli Stati Uniti. Israele, per la sua cooperazione militare con la Turchia. L'America, per la sua meno nota interferenza nello scontro fra i turchi ed i ribelli secessionisti, un brutto affare di famiglia che ha già fatto 29 mila morti durante un conflitto lungo 14 anni. Tutti in questa storia parlano a nuora perché suocera intenda. Fra Turchia e Siria la ruggine è assai vecchia. Al centro, oltre ad un indubbio antagonismo legato al fatto che dai tempi di Kemal Ataturk la Turchia cammina sia pure contraddittoriamente sui sentieri della modernizzazione e dell'Occidente e appartiene più al campo americano ed europeo che a quello ad esso opposto fin dalla Guerra Fredda, ci sono problemi di confine ma soprattutto d'acqua. La Siria è molto preoccupata per tutte le dighe che la Turchia costruisce sull'Eufrate, e ritiene che la conseguenza sarà una diminuzione delle sue risorse idriche. La Siria ha sempre chiesto che le risorse originate in Turchia vengano suddivise fra Ankara, Damasco e Baghdad secondo i bisogni di ciascuno dei contendenti. La Turchia risponde che l'acqua è una risorsa nazionale, proprio come il petrolio, e che lei non si è mai sognata di chiedere ai sauditi di suddividere con altri Paesi musulmani i proventi di quella ricchezza naturale. Nel frattempo, con un comportamento invero stimabile, la Turchia ha seguitato a fornire acqua a Siria ed Iraq senza fare storie; ma le innumerevoli riunioni della commissione che dovrebbe arrivare ad un accordo definitivo fra i tre non hanno mai fatto passi avanti. L'arma della protezione e del finanziamento dei curdi serve alla Siria, oltre che per indebolire un vicino troppo appassionato di giochi di guerra, anche per tentare di giungere forte a un negoziato complessivo anche sull'acqua. Ma la Turchia non riconosce nessuna extraterritorialità alla sua guerra contro quelli che ritiene pericolosi terroristi che minacciano la sua integrità territoriale. Non è pronta a compromessi, e vuole che il messaggio sia chiaro: se non buttate fuori il Pkk da Damasco, possiamo arrivare a bombardarvi la capitale. Ma tanta durezza si capisce meglio se voliamo al di là dell'Oceano, a Washington, appena poco tempo fa, il 17 di settembre. Qui, sotto gli auspici americani, i curdi hanno firmato un trattato di pace fra le loro varie fazioni. L'accordo, specie quello fra la fazione della famiglia Barzani, il partito democratico curdo, e quella dei Talebani, l'Unione Patriottica del Kurdistan, è l'ultimo atto di un impegno americano verso i curdi, che negli ultimi anni li ha coperti di soldi e di aiuti di ogni genere: accade da quando gli Usa hanno deciso di combattere la propria guerra contro Saddam non dai cieli o sui campi di battaglia, ma foraggiando i suoi nemici. È una rassicurazione per chi teme l'opzione militare americana contro l'Iraq; ma per la Turchia, invece, è solo un terribile oltraggio che l'America aiuti i suoi nemici a rimettersi insieme senza neppure chiederle il permesso. Così , possiamo senz'altro interpretare la mossa della Turchia come un avvertimento trasversale agli americani e in generale a tutta quella parte dell'Occidente che si preoccupa del problema curdo. Ma mentre la Turchia lancia un avvertimento all'America, a sua volta, per paradossale che possa apparire, tutto il coro dei Paesi arabi le lancia un avvertimento a sua volta perché non si avvicini troppo all'Occidente secondo la sua antica vocazione e secondo quella nuova dell'alleanza militare con Israele. All'ammassarsi delle truppe nemiche al confine, subito la Siria ha accusato Israele di essere responsabile delle malefatte turche, definendo senz'altro "diabolica" l'alleanza. Quando si parla d'Occidente il diavolo è sempre in casa. È un coro costituito da Mubarak, dai sauditi, dallo Yemen, dal Qatar, a cui presto si aggiungeranno altri Stati arabi. Gli israeliani si sono affrettati a negare ogni coinvolgimento e hanno persino alleggerito la loro presenza militare al confine siriano, sul Golan, per dimostrare che la Turchia marcia da sola. È una mossa anche intesa ad aiutarla di fronte all'opinione pubblica araba, che in definitiva non le perdona l'incontro positivo fra un Paese musulmano e lo Stato d'Israele. La Siria si ricorda anche bene quando, negli Anni 60, Israele e Turchia tentarono un'alleanza strategica, finita ben presto, contro l'insorgenza del partito Baath sia in Siria sia in Iraq. Inoltre, sicuramente c'è una certa ostentazione, una qualche lieta temerarietà nel modo in cui la Turchia mostra interesse verso il sistema israeliano di difesa antimissilistica Anti-Arrow, e a come gli israeliani si mostrano sorridenti, felici, specialmente di fronte agli alleati americani ogni qual volta c'è un'esercitazione in comune e ci si può far vedere in pubblico con qualche generale turco. È un amore illegale, due amanti di cui ormai tutti sanno, ma che conserva un meraviglioso sapore esotico, insopportabile sia per i nemici che per i gelosi. Fiamma Nirenstein

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