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RETROSCENA LA SVOLTA IN ISRAELE Scaricato dai laboristi potrebbe cost ituire un suo partito e persino cercare l'accordo con Netanyahu Peres tesse l'u ltima trama Per l'ex leader un futuro da battitore libero

giovedì 15 maggio 1997 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Sempre, nella storia dello Stato d'Israele, e verrebbe da dire in quella di tutto il mondo ebraico, gli scontri interni fra fazioni sono stati particolarmente sanguinosi, e talmente settari e a volte stupidi da offuscare delle verità lapalissiane, dei rispetti umani di fondo. Sono leggendarie le reciproche crudeltà della destra e della sinistra sionista, gli sgambetti di Ben Gurion, le ferocie personali di Moshe Dayan o di Golda Meir. E così , anche Shimon Peres, il grande facitore di pace, di cui pure a suo tempo già Yitzhak Rabin diceva che era capace di , ha dovuto subire un grande smacco dai suoi compagni di partito più giovani. Novello Giulio Cesare, è stato ucciso da un Bruto sui cinquant'anni, Ehub Barak, ex membro di kibbutz, ex soldato di una eroica Sayeret Matkal, le unità speciali dell'esercito israeliano, e infine ex capo di stato maggiore. L'ha battutto senza pietà con 1403 voti contro 856. Il risultato del match è stato fin troppo chiaro: che Peres se ne vada per sempre dalla politica israeliana, dal suo partito. Eppure già ieri Shimon Peres aveva di nuovo la pelle tonica, lo sguardo ironico e un po' cattivo che lo contraddistingue, e l'aria di dire: immaginate. Sto solamente scegliendo la meglio. Per esempio, Peres potrebbe diventare un battitore libero dell'unica politica che gli sta veramente a cuore, il processo di pace che lui considera come cosa personale, cosa sua, una cosa preziosa che era il segreto suo e di Rabin, un giocattolo magico che gli è stato proditoriamente strappato dalle mani. Ora, dicono i commentatori politici, Peres potrebbe decidersi a gestire persino per conto del governo Netanyahu (con cui peraltro voleva fare un governo di coalizione fino allo scandalo Bar On) una specie di alto commissariato per la pace. Dopotutto il prossimo ritiro dal West Bank è imminente secondo gli ultimi accordi fra Israele e Arafat. E potrebbe essere per Peres una bella occasione per tornare sulla scena solo e libero anche di portare una guerra indiretta al suo nemico Barak. Anche Moshe Dayan entrò in un governo di destra su base personale. Oppure Peres potrebbe fare un suo con 11 parlamentari alla Knesset, come fece Ben Gurion nel 1965. Oppure, potrebbe battersi fino in fondo perché passi il suo candidato alla carica di primo ministro, Yossi Beilin, e potrebbe cercare l'alleanza con altri leader del partito che non hanno simpatia per Barak e lo temono per la sua rigidità , o, come dice Peres, per il suo atteggiamento da killer verso i nemici. Anche se certo Peres non sparirà dalla politica d'Israele, pure nella personalità di questo leader c'è qualcosa che parla insieme di masochismo e di titanismo. Un Premio Nobel della pace, che senza ombra di dubbio si vede come l'unico vero erede di Ben Gurion di cui fu fedele discepolo, come mai si è presentato col viso stravolto di ansia e di desiderio di fronte alla folla urlante del suo partito e ha chiesto: perdente, un looser? ricevendone un ululato affermativo? Peres sapeva bene che tutti gli invidiosi, tutti quelli che vedono in lui un padre da uccidere per poter vivere, tutti quelli che pensano che per vincere le prossime elezioni bisogna per forza cambiare cavallo, tutti quelli che pensano che sia colpa sua e solo sua se Bibi ha vinto le elezioni, avrebbero urlato come hanno urlato: Ken] Sì ] Eppure Peres ha voluto chiederlo lo stesso. Lui che è stato primo ministro due volte, ministro infinite volte, lui che ha costruito l'arma nucleare d'Israele, che ha inventato insieme a Rabin il processo di pace, pure di nuovo è ritornato il bambino polacco fragile e inerme che i compagni di gioco a Tel Aviv vedevano come un deboluccio, un intellettualino. Peres tuttora parla ebraico con un forte accento polacco; non ha passato militare alle spalle anche se ha costruito la macchina bellica d'Israele; e accanto a Rabin, ha sempre fatto la figura dell'outsider, è rimasto quasi uno straniero accanto a un sabra; i suoi modi europei, la sua gentilezza, la cultura enciclopedica e il vezzo di citare, hanno sempre contrastato con la scelta del pioniere israeliano-militare, la scelta cioè di cancellare la subalternità diasporica accentuando la durezza fino alla maleducazione. Hanno molto detto di Peres, in questi giorni, che egli è malato di potere, che non è capace di ritirarsi con grazia come ha fatto adesso John Major, e come hanno fatto a loro tempo sia Ben Gurion che Yitzhak Shamir. La verità è che da una parte Peres, più che al potere, non può rinunciare ad avere finalmente almeno una prova d'amore dal suo popolo, dal suo partito, che l'ha visto sempre come uno straniero nonostante tutto, ed ecco il masochismo di appellarsi ancora e ancora a quell'amante infedele. D'altra parte, e qui viene la sua parte titanica, Peres sente di avere una visione unica, un compito storico che soltanto lui può realizzare: la pace. Quel ragazzino infelice sa anche di essere un grande della storia. Per questo si fa sotto con i suoi pugni di piccolo polacco e chiede: . E in fondo, che la folla gli risponda di sì , è previsto. E non gliene importa nulla. Fiamma Nirenstein

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