RETROSCENA LA MENTE DI HAMAS
lunedì 20 ottobre 1997 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV ISRAELE deve sparire dalla carta geografica. Ecco, l'ha
finalmente detto. Dopo svariate fumosità , dopo il mistico incontro
con Menachen Frooman, il rabbino dell'insediamento di Tekoa, vicino a
Betlemme, ne è uscito allegro dicendo: È ora che i leader
religiosi si tirino su le maniche, lo sceicco Ahmed Yassin le
maniche se le è tirate su davvero e ha detto il suo pensiero al
quotidiano svedese Svenska Dagbladet:
diritto di esistere. Il processo di pace, dunque, è tutto da
condannare e Arafat con lui:
dollari, saresti soddisfatto che i ladri ti restituissero cento
dollari? Questa è la soluzione di Arafat, e quello che noi invece
chiediamo è che tutto quanto, assolutamente tutto, ci venga
restituito. Lo sceicco ha detto anche che uccidere donne, vecchi e
bambini è una violazione della legge islamica, e tuttavia che gli
attacchi di terroristi suicidi si devono giustificare. Dunque, lo
sceicco vecchio e malato, rientrato a casa dopo otto anni dalle
prigioni israeliane il 1o di ottobre in cambio dei due agenti del
Mossad che hanno fallito l'attacco mortale a Khaled Mashaal, uno dei
capi di Hamas residente ad Amman, ha risposto - riecheggiandolo - ad
un intervento di Mashaal stesso che due giorni fa aveva dichiarato
che con Israele non ci può essere nessuna tregua. A sua volta
Mashaal era sembrato negare alcuni timidi passi dello sceicco per
condurre la sua organizzazione a fare, per così dire, politica, a
risultare un possibile interlocutore di pace almeno per una
sospensione degli attentati suicidi. Yassin infatti, una volta
liberato, aveva lanciato messaggi poliformi, a volte più a volte
meno possibilisti. Messaggi che tuttavia avevano fatto dire a
studiosi di cose palestinesi e giordane come Asher Susser, professore
all'Università di Tel Aviv:
"cessate-il-fuoco" è forse un'apertura sia ad Arafat che a
Israele. Questo porterebbe nelle sue intenzioni a far riconoscere
Hamas come un interlocutore-protagonista nello stabilire le
condizioni per una futura pace. Ma come stanno invece le cose dentro
Hamas? Per quello che dicono le fonti dell'intelligence israeliano,
l'arrivo di Yassin ha provocato un riaggiustamento nella piramide e
nell'ideologia dell'organizzazione. Yassin ne è dopo tutto il vero
fondatore; il suo peso e prestigio sono enormi; se Arafat è davvero
malato come si dice, la figura di Yassin è tale da poterglisi
contrapporre direttamente, per quanto questo a noi occidentali possa
apparire remoto. Ma negli anni della sua permanenza in carcere, la
struttura di Hamas si è molto sviluppata, e la leadership si è
differenziata. Non è più una piramide, quanto piuttosto un'idra
dalle molte teste. Oggi esiste composto da una
decina di persone. Sono loro a stabilire quando è politicamente il
caso di procedere a un attentato. A quel punto, la proposta viene
trasferita a Damasco, dove ha sede il comitato politico capeggiato da
Imad Alani. È lui a dare quindi l'ordine al braccio armato, Izzadin
al-Kassam, situato a Gaza e nel West Bank. Ma il supporto logistico
forte è fornito dal gruppo politico che tiene aperto l'ufficio di
Amman; contro questa sede, diventata negli anni sempre più potente,
neppure re Hussein osa muovere foglia; anzi, la usa per trattare con
la sua opposizione religiosa interna. Per esempio, in questi giorni,
prima delle elezioni, Hamas è il tramite per convincere i religiosi
giordani a partecipare. Ad Amman, uomini come Abu Marzuk, che è
stato estradato da poco dagli Stati Uniti, e Khaled Mashaal che ha
resistito in vetta alla struttura persino dopo il ritorno di Marzuk e
che è proprio un uomo che tratta problemi di esplosivo e di armi, e
che si dice abbia tirato le fila non solo degli attentati in Israele,
ma anche di quello in Argentina, stabiliscono i tempi e i modi degli
attentati. Ora, sembra che proprio Mashaal avesse recentemente
individuato la necessità di spostarsi logisticamente sempre di più
verso una solida alleanza con gli hezbollah, così da far partire un
numero maggiore di suicidi-terroristi dal Libano. Infatti Gaza,
Ramallah e Hebron sono più pericolose, soggette alle rappresaglie e
alle pressioni di Arafat. La presenza di Yassin a Gaza di fatto
sposta di nuovo nei Territori un epicentro di potere che Hamas sembra
stesse dislocando in parte altrove. Può anche darsi che Hamas abbia
voglia di sostituire Arafat nella trattativa con gli israeliani; di
fatto la sua anima politica, quella che durante l'Intifada la portò
a stringere accordi con gli israeliani, è sempre stata molto
realistica. Così spesso sono le organizzazioni che agiscono in nome
di Dio, poiché di fatto il rapporto con gli uomini è ai loro occhi
piccolo e poco importante. Lo sceicco, che certo è e rimane una
figura centrale per la idra di Hamas, ha ad un tratto capito che
doveva rappresentarne, almeno adesso, le cento teste. Ora, di certo,
la voce più unificante, anche di fronte al popolo, è quella che
chiede la sparizione di Israele. È un avvertimento sia ad Arafat che
a Israele stesso, che hanno appena ripreso la trattativa e anche ad
un certo ritmo sotto gli auspici di Dennis Ross. Ed è una
rassicurazione ai capi come Khaled Mashaal, che forse era stata
richiesta con una certa urgenza dopo che troppe parole gentili erano
intercorse tra gli uomini di religione. Fiamma Nirenstein