RETROSCENA LA MACCHINA INCEPPATA E il Mito fece una doccia fredda Dai fasti del ratto di Eichmann alla figuraccia di Amman
mercoledì 25 febbraio 1998 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV
DANY Yatom era un grande amico di Yitzhak Rabin; lo aveva aiutato in
particolare nei rapporti con la Giordania, il Paese cui il Mossad
paga ora un tributo proprio con le sue dimissioni. Rossiccio di
capelli, tozzo e simpatico, spesso allegro, ha compiuto imprese
eroiche di salvataggio nella Saieret Matchal, l'"unità miracolosa"
dell'esercito israeliano. Poi, più di trent'anni nel Mossad. Ora,
andandosene, segna una grande svolta nei mitici Servizi segreti
d'Israele.
Era un monumento ai Wonder Boy d'Israele, il giardino di sculture
moderne che Shabatai Shavit, capo del Mossad dall'88 al '96, aveva
fatto costruire intorno al quartier generale, in uno spazio aperto.
Un tributo artistico alle imprese del Mossad come il rapimento di
Eichmann, o il salvataggio di Entebbe, o la distruzione
dell'impianto nucleare iracheno di Tammuz, o anche l'assassinio a
Malta di uno dei grandi cospiratori del terrorismo islamico, Fatki
Shakaki.
Ma proprio Shavit, che nessuno conosceva per nome, visto che
allora le leggi lo vietavano, una mattina trovò il suo nome e
cognome pubblicato su una rivista inglese, e poi su Internet, a
disposizione di tutti. Fu uno dei grandi choc del Mossad, e non
mancarono apprezzamenti positivi anche in Israele: il processo di
pace in corso richiedeva una maggiore trasparenza; bisognava
spazzar via, in buona sostanza, la necessità di tanta segretezza,
e creare condizioni per reclutare agenti alla luce del sole.
In realtà , da qui in poi, le cose sono precipitate fino alle
attuali dimissioni di Yatom. I due colpi più terribili
all'immagine del Mossad sono stati il fallimento dell'attentato
contro Khaled Mashaal, in una strada di Amman a settembre; e poi la
scoperta, compiuta a dicembre, che il vecchio agente Yehuda Gil
aveva per quasi vent'anni fabbricato materiale spionistico sulla
Siria. Per poco Israele, a causa sua, non era entrato in guerra.
Ambedue le vicende hanno dato agli israeliani la disastrosa
sensazione di avere un fianco scoperto e di vedersi strappare un
grande motivo di prestigio internazionale.
A lato del declino del Mossad c'è stato anche quello dello Shin
Beth, i Servizi interni. A causa della loro incapacità , si dice in
Israele, non erano stati previsti il massacro di Hebron nel '94, i
vari attacchi suicidi palestinesi, e l'assassinio di Rabin. Unica
decorazione: il funambolico omicidio dell'"Ingegnere" Jehye Ayash.
Sia il Mossad sia lo Shin Beth sostengono che in realtà il loro
lavoro di questi anni ha sventato molti attacchi bellici e
terroristici, e che, semplicemente, l'opinione pubblica non ne è
stata informata. È possibile. Ma ciò che si vede, oltre ai
fallimenti, è una grande litigiosità interna nei Servizi segreti
prima impensabile, e la diffusa discussione su una rapida riforma
di cui tutti i responsabili dicono che c'è un bisogno estremo. Il
Mossad, come lo Shin Beth, non sono corpi separati dalla società
israeliana. L'agente odierno è in genere un uomo dalle mille
esigenze, e per niente convinto di doversi sacrificare per la
patria. Per l'Interno, con la separazione di Israele dai Territori,
è diventato difficile servirsi di spie, visto che tutte le città
sono sotto l'Autorità Palestinese. Questo ha privato Israele anche
di molte informazioni che riguardano Egitto, Siria, Libano e
Giordania.
Quanto al Mossad, negli Anni 70 e 80 furono reclutati molti
tecnici ed esperti, ricercatori e persino accademici che non sono
mai riusciti ad andare d'accordo con la base dei Servizi di cui si
lamentava persino Ben Gurion per quanto era rude. Gli intellettuali
crebbero con il processo di pace, e diminuirono gli uomini
d'azione. Inoltre, il nucleo scientifico del Mossad si è abituato
a lavorare più con i satelliti americani che non con la propria
testa e questo, per esempio, ha fatto sì che durante quest'ultima
crisi lo stato delle armi di Saddam risultasse in sostanza del
tutto sconosciuto agli israeliani.
I risultati della Commissione Chicanover e della Sottocommissione
della Camera in realtà indicano una strada politica quasi
obbligata, anche se non è detto che essa restituisca forza e
freschezza al Mossad: una dura supervisione sugli agenti del Mossad
da parte di un corpo esterno, probabilmente legato al Parlamento, e
un certo controllo anche del rapporto fra Servizi e il Primo
Ministro, che per ora è l'unico che può prendere le decisioni
finali. Sarebbe una vera rivoluzione, ma il Mossad ha bisogno di
una doccia fredda.
Fiamma Nirenstein