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RETROSCENA LA GUERRA SEGRETA degli 007 tropp o teneri

lunedì 30 ottobre 1995 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME. Dopo il tempo delle liete colombe della pace è arrivato per Israele il momento di mostrare i denti: ed è il Mossad, chi altri, a scuotere la società israeliana e forse l'intero Occidente dalla paura di essere inermi di fronte alla poliedrica forza suicida dell'integralismo islamico. Rabin sorride di nuovo storto, un po' feroce come gli si confà , con la vecchia faccia da generale e dice: Shkaki, il capo della Jihad islamica. Certo, se è lui, non piangerò . Anche Shimon Peres abbandona per un secondo i panni del profeta di pace, lo sguardo color nocciola si fa finalmente glaciale, e scandisce: . Ma qui non si tratta di giustizia cosmica, o almeno non soltanto. Prima ancora di guardar dentro la personalità del morto, tanto efficacemente pericolosa quanto simbolica, non si può fare a meno di ricordare che manca un anno esatto, da oggi, alle prossime elezioni; e che il governo pacifista di Rabin e di Peres ha sul collo il fiato di chi non capisce che cosa c'entri seguitare a morire a causa degli autobus che esplodono dopo gli accordi di Oslo; cosa c'entri seguitare a morire di bombe suicide nelle strade di Tel Aviv, alle fermate. E che dunque occorre rassicurare l'opinione pubblica, che la sinistra non conosce soltanto le buone maniere, ma anche la dura tradizione di autodifesa di Israele. Inoltre, solo pochi giorni fa Israele piangeva nove soldati uccisi in un agguato dagli hezbollah sulle montagne del Libano meridionale, e non ha potuto rispondere in nessun modo all'attacco islamico. Rabin, in quell'occasione, in un tramonto livido e impotente, levò il dito contro Assad di Siria. Poco tempo dopo, in America, aveva alluso direttamente alla protezione di Assad alla Jihad islamica, e al capo della sua fazione più aggressiva, il Dottore, appunto Fathi Shkaki. Allora Israele non agì in nessun modo contro Assad: avrebbe pagato con la sanzione degli americani, col boicottaggio da parte dei Paesi arabi del vertice economico di Amman che è cominciato ieri, un'altra occasione importante di fusione pacifica con il mondo circostante; avrebbe pagato con l'accusa da parte del consesso internazionale di bombardare i civili dei villaggi. Dunque, che fare? Israele ha compiuto, uccidendo Shkaki, la mossa che gli è più congeniale, un'elegante, anarchica, spregiudicata piroetta simile a tante altre mosse del Mossad. Perché era molto difficile prendere Shkaki, sempre rintanato a quel terzo piano, nel campo profughi di Damasco, da cui per fax e per telefono inviava ai suoi continui ordini di uccidere. Era lui che aveva inventato la guerra degli autobus, servendosi di un'unità di elite, pronta a farsi ammazzare; è già suo, nell'89, l'attentato al numero 405 che viaggia sulla linea più importante d'Israele, Tel Aviv-Gerusalemme; venne buttato giù da una scarpata da un attentatore armato e mascherato, uccidendo 16 persone. Bombe sotto le macchine, intensificazione delle azioni nella striscia di Gaza dopo il ritiro dell'esercito in base al trattato di Oslo; soldati, riserve, civili uccisi su tutto il territorio d'Israele, secondo il pensiero di Shkaki, che tutta Israele è e rimane Palestina. La sua strategia è che non vi sia luogo sicuro per gli ebrei. E infine le due bombe umane alla fermata dell'autobus di Beit Lid, 19 morti, tutti soldati di leva, e 68 feriti. E infine l'autobus numero 36, a Kfar Darom, l'8 di aprile, otto morti e 35 feriti. E ancora chissà quali altri attentati la cui responsabilità non è certificata. Questo era Fathi Shkaki. La peggiore testa pensante contro il processo di pace, che dichiarava che Palestina; e che suo esilio da Gaza nel 1988 aveva saputo servire da raccordo fra il suo amico Assad di Siria, l'Iran, la Libia, gli hezbollah del Libano che avevano ormai in lui un fornitore e un punto di passaggio di idee omicide, di materiale intellettual- religioso, di armi, di tritolo, di campi di addestramento. Era amico personale delle ambasciate dell'Iran e della Libia in Siria, era un vero protegè di Assad, che solo una volta, durante la visita di Warren Cristopher l'aveva fatto spostare da Damasco. Shahaki era sempre ben protetto dalle guardie del corpo, ma stavolta si era mosso senza sufficiente protezione. Quando, circa un anno fa, l'ultimo segretissimo capo del Mossad fu nominato dal governo, sul nome si pettegolò dicendo che si trattava di un quarantenne di buona famiglia gerosolimitana, troppo intellettuale e di sinistra, troppo pacifista, come ormai è diventato tutto il Mossad. Eppure anche questo Mossad di sinistra, così sembra, sa fare il suo lavoro. Fiamma Nirenstein

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