RETROSCENA LA GEOGRAFIA DELLA RIVOLTA Nel cuore del ghetto di Roma ce nto metri tra odio e amore
giovedì 18 aprile 1996 La Stampa 0 commenti
PASSA il morè Nello, ovvero il maestro Nello, quello che ha
insegnato la Bibbia, la Torah con l'accento romano antico, con le
gutturali e le aspirate, al cugino, allo zio, alla mamma, alla
figlia, e che lo insegnerà ai piccoletti, Vittorio e Amedeo, tutti
quegli ebrei con i nomi sabaudi. È lui, piccolo, allegro,
velatamente dentro ogni cosa, sapiente sempre in polemica, il vero
simbolo del ghetto di Roma; passa davanti al pasticciere che fa le
dolci e mandorlate; davanti alla libreria specializzata in
testi ebraici; alle fanciulline in minigonna e stella di David al
collo, ai ragazzi mori con i Rayban, al paninaro che sa fare con la
pizza bianca fantastici giochi d'equilibrio per preparare sandwich da
cui sia bandito ogni salume e quant'altro non sia permesso dalle
regole alimentari ebraiche. Il morè Nello, come mille altri al
ghetto, è imparentato con tutti, conosce tutti, generazione dopo
generazione, per quante fazioni in lotta o imparentate fra di loro
possano esserci nella comunità . Egli, insieme a tanti come lui,
fornisce con la continuità della Piazza, il popolo ebraico di Roma,
la vera discendenza dai primi ebrei deportati da Gerusalemme
dall'imperatore Tito duemila anni or sono. E la Piazza che morde oggi
la mano al suo capo carismatico di una vita, al grande rabbino capo
Elio Toaff, in carica dal 1951, dona e toglie la sua simpatia con
movimenti repentini e bruschi; quando si adombra, quando si offende,
quando non si sente abbastanza rispettata, a volte anche quando
invidia. Il capo della rivolta anti-Toaff, Mino Di Porto, con quel
cognome così antico, ha un soprannome inintelleggibile: ;
la Piazza straborda di soprannomi. Franco Pavoncello, che è un
professore universitario, poiché suo padre veniva chiamato
, si chiama oggi . Un altro dei protestatari,
Mino Zarfati, chissà perché si chiama Casalino, Un altro tipo duro,
Baffone, non ha nulla davvero a che fare con i comunisti, anzi. Toaff
abita proprio al centro di una piccola Repubblica riottosa che è il
ghetto di Roma, dove, come ti muovi, sbagli. Il suo appartamento di
fronte al Tempio è scuro, ottocentesco, con molti ritratti della
moglie scomparsa, i mobili fiorentini e le rose nei vasi. A poche
centinaia di metri, il luminoso appartamento ipermoderno di Tullia
Zevi, la presidente dell'Unione delle comunità : moquette rasa, color
pastello, pochissimi e eccezionali mobili di raro design. In quei
cento metri succede di tutto, gli odi e gli amori si mescolano ad
ogni ora. Poco lontano, in mezzo al Tevere che si trova a fare un
mulinello d'acqua gialla, sull'Isola Tiberina, c'è il Tempio dei
Giovani, duri e puri, anche loro uomini d'affari, ma solo a tempo
parziale, molto impegnati a seguire le mizvoth, i precetti che ogni
ebreo deve seguire, spesso in preghiera nel piccolo tempio
sull'acqua, avvolti nel talled. Spesso alleati della Piazza. Sono
affezionati e ammirano il loro gran rabbino, che è anche un
cabalista. Ma stanno un po' a naso ritto di fronte alla sua
disponibilità , che ritengono tutta italiana, al compromesso, al
sorriso. E sono anche un po' seccati della sua tendenza a durare
moltissimo sul suo scranno. Alcuni pensano che sia giunto il momento
di attraversare quella metà del fiume, e conquistare insieme alla
Piazza, a nuovi rabbini, il Tempio maggiore. Il Consiglio nella sala
quadrata e un po' ecclesiale del primo piano del Tempio, oltre ai
rappresentanti della Piazza che in genere sono proprietari di negozi
d'abbigliamento e che hanno condiviso a lungo con il rabbino capo
ogni secondo, quando la situazione antiebraica e antiisraliana era
più tesa, i serissimi ragazzi dell'isola passano molte ore a
discutere; ma ci sono anche moderati professionisti, come il
presidente Claudio Fano; e poi scapigliati e capaci di parlare un
linguaggio molto più politichese, i giovani neoeletti di sinistra
del Centro Martin Buber. Se si riuniscono di sera, vanno
all'orfanotrofio ebraico, l'istituto Pitigliani, un edificio strano,
gotico, freddo d'inverno, che ricorda i tempi eroici della sinistra.
Loro sono appassionati e militanti come Claudia Fellus, una bella e
giovane donna rossa di capelli, libica di seconda generazione,
vicepresidente del Consiglio. I giovani di sinistra e quelli del
Tempio dei Giovani, non parlano romanesco come la Piazza; la Piazza
alle volte li ritiene spocchiosi; e loro alle volte danno l'aria di
tenerli un po' a distanza. Insomma, com'è logico, quindicimila
ebrei, tanti ce ne sono a Roma, misurano fra loro enormi differenze.
Toaff è stato sempre il mago delle ricuciture, capace anche, quando
ci fu la grande ondata dei libici alla fine degli Anni Sessanta, di
dar loro fiducia e di aiutarli a costruirsi un Tempio nella loro
tradizione, staccata dal Tempio di Roma. Perciò , da vero arbitro, è
stato sempre destinato alle critiche. Persino quando ricevette il
Papa in Sinagoga; oppure, in occasioni più semplici, quando lo
accusarono di essersi dimenticato di dare la benedizione nel sacro
giorno del Kippur agli uomini della sorveglianza o in tante altre
piccole occasioni in cui semplicemente la Piazza aveva voglia di
alzare la testa e dire: guardateci, noi siamo i veri, indomabili,
ebrei di Roma; noi continueremo nella nostra gara di caratteracci, di
primi attori, di gente genuina, ed anche di buone intenzioni. Senza
la loro indomita volontà di protagonismo, che oggi si esprime contro
Toaff, ma che domani troverà certo la via di riabbracciare
appassionatamente il suo amato rabbino (è sempre andata così ) la
Piazza non avrebbe costruito la comunità più antica del mondo,
nutrendola e facendola crescere di generazione in generazione fino ad
oggi. Fiamma Nirenstein