RETROSCENA L'ONNIPOTENTE SHIN BET Gli angeli custodi di Israele sono caduti a Gerusalemme
giovedì 9 novembre 1995 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV NON sono molte ormai le certezze che restano agli israeliani
dopo l'assassinio di Yitzhak Rabin. Crolla in queste ore oltre
all'idea di un Israele compatto, finalmente unito contro le
intemperie cui gli ebrei sono stati esposti in duemila anni di
Diaspora, anche l'immagine del migliore scudo della sicurezza, i
servizi segreti interni, lo Shin Bet, detto anche Shabbach. Insieme
al Mossad, i servizi segreti che si occupano di operazioni compiute
all'estero, era ritenuto infallibile, rapido ed era spesso messo in
questione per i suoi metodi spicci e anche crudeli. Adesso una
raffica di dimissioni, di espulsioni, e un'inchiesta pubblica,
accompagnata da una tensione affilata come una spada, investono lo
Shin Bet. È un tratto tipicamente israeliano quella figura di
studente che però si distingue per i capelli cortissimi,
l'auricolare che lo collega alla centrale, il lieve rigonfiamento
della pistola sotto il blazer, e comunque quell'aria che non ammette
repliche, confidente in se stesso, puntata su 360 gradi di orizzonte.
L'uomo dello Shabbach è un mito vivente, persino i suoi cari non
sanno dove va, cosa fa, perché d'improvviso scompare e ricompare. La
gente gli tributa rispetto e anche paura. Durante gli anni
dell'occupazione dei territori dal 1967 in avanti, lo Shabbach ha
compiuto un lavoro intensivo, reclutando collaborazionisti arabi, e
correndo immensi rischi personali fra i propri uomini, per reprimere
il terrorismo; ha compiuto operazioni incredibili in abiti da
palestinesi, travestendosi da donna araba, infiltrandosi nel Fatah e
nei ranghi dell'Intifada. I suoi metodi spicci, i suoi interrogatori
brutali sono stati messi sotto accusa da tutto il mondo, ma
soprattutto da Betzalel, l'organizzazione israeliana per i diritti
civili. Lo Shin Bet infatti, non poche volte, soprattutto da quando
l'integralismo islamico ha cominciato a fare stragi nel cuore della
società civile israeliana, si è trovato dei morti fra le mani: i
suoi interrogatori erano così duri che il governo e l'Alta Corte
sono più volte intervenuti per invitare a utilizzare soltanto
e solo nel caso si considerassero
indispensabili per ottenere delle informazioni per fermare, come si
disse allora, una . Lo Shin Bet, naturalmente, ha da
alcuni anni anche il compito di scoprire i possibili complotti della
destra estremista interna, di difendere la società e gli uomini di
Stato dalla sua aggressività , e soprattutto di difendere la vita del
capo del governo dalle aggressioni fisiche. Per questo, recentemente,
era stata istituita una nuova scorta di motociclisti che potessero
agevolmente seguire Rabin ovunque; e di continuo lo Shabbach
verificava e rinnovava, con tecniche molto sofisticate, le strategie
di difesa, di reazione, rispetto a possibili attentati. Era ormai dal
1971, quando il rabbino americano Meir Kahana sbarcò in Israele e vi
fondò il suo movimento razzista Kach, che i servizi interni erano
consapevoli di una crescente forza e determinazione degli estremisti
israeliani; il Kach, e dopo la morte di Kahana anche i gruppi Ejal,
Dov e altre organizzazioni di destra, hanno compiuto numerose
scorrerie contro i palestinesi nei Territori uccidendoli, ferendoli,
e devastando le loro proprietà . Vi sono stati episodi ripetuti e
gravi, compiuti fin dentro Gerusalemme, e assai numerosi nel cuore
dei territori occupati. La più evidente tragedia dell'estremismo
ebraico fu quella, anch'essa preannunciata da smodati attacchi
verbali, compiutasi con la strage che Baruch Goldstein, un settler
americano, perpetrò a Hebron, nella grotta di Machpela. Lo Shabbach
ha avuto alterni successi e insuccessi nella lotta ai complotti degli
integralisti israeliani: ma in generale si può certo dire che le sue
migliori prestazioni non sono state in questo campo. Si è battuto
molto meglio, ed è comprensibile il perché , nel campo considerato
avverso, il campo arabo. È evidente che i terribili errori che oggi
fanno dello Shin Bet un corpo finito, superato dai tempi, sconfitto
nella sua più importante battaglia, sono in gran parte dovuti a
motivi ideologici di fondo: nonostante tanti avvertimenti, lo
Shabbach, come del resto tutto quanto Israele, non ha creduto alla
possibilità che le smodate minacce dei settler si trasformassero in
realtà . I servizi segreti israeliani non hanno creduto, nonostante
tanti indizi, che quegli idioti che gridavano
traditore e nazista non si sarebbero mai trasformati in niente di
serio. Se Ygal Amir fosse stato un arabo, probabilmente non avrebbe
mai potuto arrivare a due metri da Rabin con una pistola nascosta
sotto le vesti. In queste ore, poi, si fa strada, anche sotto forma
del sospetto che Amir facesse parte di un complotto che implicava
vari gruppi estremisti, o che addirittura fosse in contatto con
elementi deviati, come si dice da noi, dei servizi segreti, qualcosa
che è comunque un'altra verità sociale, anche se non penale. Una
verità che è già sotto gli occhi di tutti: molti uomini
dell'estremismo religioso collocato nei territori negli ultimi anni
sono diventati intima parte della sezione più militante delle
istituzioni, come l'esercito e i servizi, che invece per tradizione
sono stati sempre rigidamente governativi e neutrali. Questo perché ,
da quando è iniziato il processo di pace, i religiosi nazionalisti
dei territori si sono fatti largo in tutte le istituzioni che
contengano in qualche modo un'idea di difesa del Paese, intendendo
per difesa qualcosa di completamente diverso dall'idea che ne ha il
governo, e pure cercando di infiltrarsi nei suoi organismi. Dunque,
lo Shin Bet ha sbagliato tutto. Prima, e dopo l'attentato: non ha
protetto il territorio, non ha controllato il parcheggio, non aveva
un'altra macchina a disposizione per scortare il capo, non ha reagito
in nessun modo quando Amir ha tirato fuori la pistola, non ha
avvertito l'ospedale che arrivava il primo ministro, ferito; non
aveva preparato una via di fuga verso l'ospedale. Niente di niente.
Però c'è da dire che a sua volta Rabin non indossava un giubbotto
antiproiettile e che continuamente negli ultimi mesi si era esposto a
qualsiasi aggressione senza nessuna precauzione. Sia lui, che lo
Shabbach, che tutto Israele sono stati vittime di un medesimo
equivoco: non credevano che un ebreo potesse sparare a un altro
ebreo. Fiamma Nirenstein