RETROSCENA L'INCUBO CHIMICO Corsa alle maschere a gas In Israele torn a la paura
lunedì 2 febbraio 1998 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV
SADDAM, in Israele non è un nome, non è un simbolo, non è una
discussione politica, è il padrone di quei missili che durante la
guerra del Golfo caddero su Israele, è il Raiss che li ha
costretti a indossare le maschere antigas e a infilarsi nei rifugi
con i bambini e i vecchi aspettando il prossimo bum. Così in
queste ore Israele combatte con la paura e cerca di organizzarsi
concretamente con maschere antigas e medicinali, mentre la radio,
la televisione e i giornali ottengono l'effetto opposto a quello di
rassicurare, ripetendo in maniera ossessiva messaggi
tranquillizzanti che in realtà creano sempre più tensione.
Tel Aviv, la città da cui durante la guerra del Golfo la gente
usciva di notte caricando bambini e materassi sulle automobili e
cercando in lunghe code rifugio verso Gerusalemme (città che
Saddam risparmiava in virtù della mescolanza fra arabi e ebrei),
è la metropoli dove sin dal mattino presto la popolazione ha
cominciato a far la coda davanti ai centri di distribuzione delle
maschere. Perché ? Per paura? Certo che no, un israeliano, secondo
il costume nazionale, non ha mai paura: "Per i bambini", dunque,
oppure "per precauzione". "Per fare kappara" (la parola che indica
lo scongiuro), perché non si sa mai. C'è chi dunque ha aspettato
una maschera quattro-cinque ore. Ma ne vale la pena? La gente
risponde con un sorriso ironico, anche se tutti i leader dicono
alla radio che Israele per ora non è minimamente implicato
nell'eventuale conflitto. Risate. Non è implicato? E allora chi è
implicato? Se non Israele chi? L'Italia? Lei, giornalista italiana?
Israele è il ventre molle di tutta la faccenda, la polveriera che
può far saltare in aria tutto il Medio Oriente, lo si sa. Lo
ripete anche il direttore del giornale palestinese "Al Kuds":
processo di pace sì o no, i palestinesi non saranno mai contro
Saddam se viene attaccato dagli americani, che per noi palestinesi
in realtà sono il grande amico degli ebrei. Anzi, questa guerra
sarà il detonatore della rabbia palestinese che Arafat tiene a
malapena a bada.
Al pomeriggio, dopo che i giornali radio hanno ripetuto che le
code per prendere le maschere si allungano, anche le altre città
si convincono: Gerusalemme si mobilita specialmente dopo le 17, ora
del tg, fa la sua professione di umile realismo nei centri di
distribuzione, e la gente chiede anche molte informazioni sui
medicinali da usare in caso di bombardamento biologico.
Israele fantastica molto e amaramente sulle armi chimiche e
biologiche e sulla possibilità di Saddam di scagliarle contro il
nemico di sempre. Antrahx, questa è la parola più tristemente di
moda nell'Israele di queste ore; si tratta della spora venefica di
cui Saddam è in possesso in quantità notevoli, che se inalata
nell'aria è capace di produrre una specie di immediata polmonite
letale; di questo alla televisione medici, pubblici ufficiali del
ministero della Sanità e esperti vari parlano in continuazione. Un
famoso anchorman del telegiornale si è addirittura presentato al
tg con in mano una boccetta del vaccino anti-Antrahx: "Non so
perché con questo mi sento molto meglio", ha detto. In realtà il
governo ha già deciso che non ci saranno per ora vaccinazioni; e
un medico ha ripetuto con aria piuttosto melensa che almeno
all'inizio il gas si cura con regolarissimi antibiotici alla
portata di tutti. Ma intanto la tv mostra immagini raccapriccianti
dei curdi sterminati a suo tempo dai veleni di Saddam, e i
ministri, compreso quello della Sanità , Yeoshua Matza, fanno
continue riunioni di gabinetto per verificare lo stato della difesa
dalle armi chimiche. Risulta che aiuti segreti siano stati chiesti
direttamente agli Usa. Intanto sia Netanyahu che il capo di stato
maggiore Amnon Lipkin Shakah ripetono in coro col resto del governo
che per ora non c'è motivo di allarmarsi e che se mai Israele è
pronto ad ogni evenienza. Però , intanto, si viene a sapere per
esempio che nelle scuole mancano rifugi per almeno 300 mila alunni.
E poi, si sa, essere pronti a tutto quando si combatte contro
Saddam Hussein può voler dire restare immobili senza farsi notare.
Per questo ci vuole un leader che sia disposto a farlo. Netanyahu,
lo è ?
Fiamma Nirenstein
