RETROSCENA L'ARMATA DEI RABBINI
sabato 4 gennaio 1997 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME NOSTRO SERVIZIO Vicino a Bet El, l'insediamento della
West Bank più vicino a Ramallah, in un paesaggio spoglio, su
un'altura detta Artis, in piena notte, come ombre fatali, giungono i
coloni per affermare il disegno divino come lo interpretano loro,
ovvero l'allargamento degli insediamenti ebraici. Affermano questo
disegno contro quello che a loro appare soltanto il povero svolgersi
degli eventi, l'attentato di Hebron, le trattative in corso con
Arafat perché venga superato il disastro creato da Noam Friedman.
Dalle 2 di notte Bibi Netanyahu subisce dunque un nuovo potente
assedio, forse per lui più pericoloso di quello dei palestinesi e
dei sette ministri che gli hanno dichiarato guerra all'interno dello
stesso suo governo: l'assedio del popolo nazionalista religioso
militante, che lo votò convinto che Bibi avrebbe rovesciato il loro
destino, non avrebbe restituito Hebron, e avrebbe invece consentito
di allargare gli insediamenti. Invece fino a ora i coloni più che
chiacchiere e rinvii non hanno ottenuto: e adesso questi 200 che
arrivano nottetempo con gli scialli di preghiera, il generatore per
la luce elettrica, i mattoni per costruire gli scalini che salgono
sulle sette brutte case mobili, messe ad angolo retto, vogliono
chiamare la nuova cittadina d'insediamento col nome della famiglia
Tzur, di cui i palestinesi hanno ucciso in un agguato il mese scorso
madre e figlio, e al cui funerale Netanyahu promise mare e monti.
-. Ci hanno fatto credere che avremmo potuto costruire case per oltre
1500 famiglie, e poi alla resa dei conti il permesso ci è stato
negato. I vecchi leader non sono più buoni; restano con i coloni
fisicamente presenti a Bet El i leader più duri, come il deputato
del partito Moledet (Patria) Benny Elon:
affatto un'azione contro lo Stato; non è un'azione illegale, anzi è
a favore dello Stato, del sogno sionista che ha fondato questo
Stato. Passano le ore, e gli altoparlanti di Bet El quando si fa
giorno invitano i cittadini ad andare a raggiungere i cinquanta
fondatori di quella che chiamano ormai Karmei Tzur, lasciando da
parte il lavoro di preparazione del sabato, che per i religiosi
comincia già nella mattinata del venerdì . Bisogna far presto. Si
costruisce, si organizza, si procura acqua ed elettricità , e fra gli
uomini si forma subito in un angolo un gruppo intento allo studio
della Bibbia. Gli uomini intrecciano anche una danza su un canto
religioso, in cerchio, mentre le donne accudiscono i ragazzini. Tutti
indossano gli abiti tradizionali, ma non quelli da puri studiosi,
quanto quelli da pionieri religiosi, con camicie a quadri e kippà
fatte a uncinetto. Intanto arrivano alcuni soldati, alcuni
poliziotti, e più tardi giungerà anche il generale della zona della
West Bank Gabi Ofir: vengono senza far troppo rumore, parlamentano e
trattano con i coloni, che non sanno che dietro la collina, poco
lontano, si stanno accumulando forze dell'ordine agguerrite,
numerose. Ai settler di Bet El, è vero, lo Stato d'Israele comincia
a non apparire più come lo Stato che avevano sognato; ma anche per
lo Stato di Netanyahu la destra comincia ad essere un nemico in
potenza, un mondo intero ideologicamente motivato al di là
dell'opportunità politica, dei patti stretti nel passato e
indispensabili per il futuro, al di là della più elementare visione
internazionale: uno scacchiere di cui occorre conoscere e seguire i
regolamenti. Ancora tuttavia sembra che la guerra non sia pronta: i
settler stessi la sera rinunciano a dormire nelle case mobili, le
lasciano in custodia ai poliziotti; Yaacov Katz, uno dei leader, si
dice , ma si sente che è una captatio benevolentiae, che
là , o in quel punto poco lontano, si otterrà il permesso di
costruire. Tutto questo mentre Arafat forse in queste ore esagera nel
cercare di capitalizzare politicamente l'attentato terrorista di
Friedman; dopo tutto l'accordo su Hebron era stato raggiunto, e
Netanyahu è ormai visibilmente ansioso di concluderlo. Mai né Peres
né Rabin avevano telefonato con tanta celerità dopo uno sgarro
subito dai palestinesi ad Arafat come invece ha fatto Netanyahu due
giorni or sono senza neppure sapere se c'erano dei morti, per
scusarsi. Inoltre il fatto che si lascino ancora passare tante ore
mette alla prova la pazienza degli americani, e solletica
l'antagonismo mai sopito del mondo arabo intero; e consente ai vari
Sharon e Begin, i durissimi ministri del gabinetto di Netanyahu, di
lavorare per costruire un'opposizione sempre più larga agli accordi
per liberare la cittadina che è il pomo della discordia e
consegnarla all'Autorità palestinese. Ma tant'è : il governo
Netanyahu è nato nella patente contraddizione della promessa di
osservare gli accordi di pace e di tener fede a un elettorato che in
parte di questi accordi non ne vuol sapere. Questo elettorato
comprende probabilmente anche gran parte dei giovani che vanno alla
stessa yeshiva, la scuola religiosa, dove ha studiato Noam Friedman.
Fiamma Nirenstein