RETROSCENA IL NUOVO TERRORE La guerriglia in spiaggia Dietro l'attacc o l'ombra della Siria
sabato 24 giugno 1995 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV AHZIV, dove si trova il Club Mediterranee, è uno di quei
posti che disegnano, sulla breve costa israeliana, il sogno di essere
un Paese normale. I turisti, nella pace della vacanza, dimenticano di
trovarsi nel mezzo del conflitto arabo-israeliano: l'acqua del
Mediterraneo è trasparente, sotto le onde le rovine romane regalano
qualche emozione archeologica, i giovani israeliani si dedicano
finalmente alla caccia delle ragazze straniere. Per la seconda volta
in tre mesi anche questo piccolo paradiso quasi extraterritoriale è
stato bombardato dagli hezbollah. L'altra volta vi fu ucciso un
ragazzo israeliano di 17 anni, Benny Unassi. La bomba dei
guerriglieri di Allah gli piombò addosso mentre era in costume da
bagno. La sorella, piangendo di fronte alla tv, lanciò accuse
all'esercito israeliano che aveva compiuto il giorno avanti un'azione
antiterroristica entro i confini del Libano, e non aveva poi
avvertito la popolazione di starsene a casa. Stavolta è un francese
di 24 anni che muore. L'Oasi del Club Mediterranee è stata violata
di nuovo. L'avvertimento degli hezbollah è chiaro: chiunque, in
Israele, è in pericolo. Militari, civili, turisti. Sei giorni fa era
stata la volta di tre soldati, morti in uno scontro a fuoco sul
confine del Libano meridionale. Qualche giorno fa un altro militare
israeliano era stato ucciso. Con i mitra, con le bombe, con le
Katiushe che di nuovo costringono gli abitanti di Kiriat Shmone e
delle altre città di confine in Galilea a starsene rinchiuse nei
bunker, coi bambini che cantano le solite canzoncine e fanno i soliti
giochi seduti insieme ai loro insegnanti nel rifugio. Gli hezbollah
con i loro annessi di Hamas e della Jihad islamica sono all'attacco.
In Israele, ieri pomeriggio, alla vigilia della festa dello Shabath,
Rabin ha reagito alla nuova violenza con parole di fuoco: non ci
saranno scuse per gli attacchi ai civili, saranno prese misure nuove
e terribili contro i terroristi che sparano dalle montagne. La
popolazione, secondo un'inchiesta pubblicata ieri stesso dal giornale
israeliano più venduto, Ediot Aharonot, già richiede per il 65 per
cento che si prendano misure più dure contro gli hezbollah
attraverso l'uso dispiegato dell'esercito. Solo il 29% della gente
dice di no, e il 9% si dichiara perplesso. Un'altra indagine di tre
giorni fa mostrava che oggi, molto più di alcuni mesi or sono, la
popolazione è favorevole al processo di pace e al governo che ne è
il padre. Il fatto è che negli ultimi mesi la sicurezza è apparsa
più garantita, e la gente non è più spaventata dagli attentati che
precedentemente avevano fatto sì che l'opinione pubblica sembrava
essersi rivolta verso l'opposizione del Likud. Adesso, tuttavia,
appare sempre più chiaro agli israeliani che c'è un fronte ove si
consuma una guerra quotidiana: dal Libano controllato dalla Siria, lo
Stato che pure partecipa attivamente alla trattativa di pace con
Israele, partono ormai quotidiani attacchi. La guerriglia proviene
dal fronte del Nord, e certo questo dato non è fatto per preparare
un comodo tavolo delle trattative a Assad e a Rabin. Gli hezbollah in
Libano sono in parte finanziati dai siriani, in parte dall'Iran; sono
nati dopo la rivoluzione khomeinista, frutto del tentativo di
esportare la parola dell'Imam iraniano e di servire come struttura
organizzativa per i fondamentalisti sciiti. Dal 1982 in poi, ovvero
dal tempo della guerra del Libano, gli hezbollah si sono diramati in
varie organizzazioni. C'è la Jihad islamica e
della giustizia rivoluzionaria. Le azioni degli hezbollah sono ormai
dagli Anni Novanta intrecciate (dopo essere passate attraverso un
conflitto), con quella dell'organizzazione sciita libanese Amal
controllata dai siriani. Amal è il gruppo che per primo strinse
rapporti con Fatah, la milizia palestinese. Dal 1991, sulla base del
, firmato da Amal e dagli hezbollah, gli
attivisti dei vari movimenti stanziati nei villaggi del Libano
meridionale compiono azioni spettacolari. I conflitti interni non
mancano: la crescita continua del fondamentalismo islamico ha messo
in grave crisi i gruppi laici palestinesi. La fazione di Arafat è
sempre più mangiata dai nuovi addetti alla Jihad. Il loro scopo
attuale è far fallire gli accordi di pace, e far cadere il loro
antico capo, Arafat. Israele non ignora che Assad di Siria non è
affatto estraneo agli attacchi di questo periodo: è tipico della
zona mediorientale la politica del doppio registro. Da una parte
l'uso della forza che mantiene vivo il senso di minaccia, dall'altra
l'apertura delle trattative. Quando Warren Christopher era in visita
in Israele, e poi in Siria, Assad è sempre riuscito ad ottenere il
blocco degli scontri e degli attentati degli hezbollah dai confini
libanesi. Questo doppio registro è evidente anche in una mossa che
Assad compì piuttosto ostentatamente sempre durante la visita di
Christopher: prima cacciò via da Damasco il segretario generale
della Jihad islamica Fathi Shakaki, e poi lo chiamò immediatamente
indietro (per lettera) non appena Christopher se ne fu partito. Gli
hezbollah oltretutto sono diventati ormai molto audaci e militarmente
perfettamente attrezzati per i loro attacchi: la sfida che portano
all'esercito, alla dignità e all'opinione pubblica israeliana è
terribile. È chiaro che Rabin non può accettare che i turisti
vengano uccisi da bombe nemiche sul suo territorio nazionale. Ma è
altrettanto vero che dalla rappresaglia ricaverà un doppio
svantaggio: l'indurimento dei rapporti con la Siria in un momento
molto delicato e un ciclo ininterrotto di vendette islamiche che
possono usufruire di guerriglieri, di bombe, di militari, di attacchi
suicidi. Israele sembra comunque non rinunciare alla strada
diplomatica per risolvere questo momento di crisi. Ha mandato a dire
attraverso i soliti mediatori americani che Damasco sta per
oltrepassare la (come l'hanno chiamata oggi gli ebrei)
oltre la quale la trattativa con la Siria può andare in pezzi. Assad
deve trattenere gli hezbollah e frenare anche le spinte iraniane che,
si sa, in questo momento sono più nervose dato che il processo di
pace è in fase di accelerazione. È di ieri la notizia che il
presidente Assad ha spedito d'urgenza il suo vice a Teheran. Rabin,
nonostante la rappresaglia militare già scattata, pure ha mantenuto
la consueta linea moderata: il 27 di giugno i generali israeliani
incontreranno quelli siriani a Washington per stabilire le linee
pratiche dell'accordo. Fiamma Nirenstein