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RETROSCENA I DUBBI DI ISRAELE Hamas, il buco nero della pace Con gli islamici trattativa impossibile

lunedì 14 novembre 1994 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME NOSTRO SERVIZIO Da più di 48 ore, dopo l’attacco del terrorista della Yihad islamica che venerdì scorso si è fatto saltare in aria insieme a tre soldati israeliani, la televisione ripete il rito del lutto dei suoi. Si vede la disperazione delle famiglie dei tre soldati del Miluim, ovvero delle riserve, e che quindi si trovavano in divisa quasi per caso, solo per un mese, ansiosi di tornare alle loro famiglie che ora vengono intervistate in preda al più tragico stupore. Ma come, proprio adesso si deve morire, per un mese di guardie nella garitta? Ma come, non c’è il processo di pace in corso? Ma accanto alle immagini del lutto, altre, più inconsuete, scuotono la coscienza di Israele e pongono domande difficili, domande che, sicuramente, a casa sua, a Gaza, Arafat si pone per converso. La scena che hanno visto gli israeliani aveva i connotati del paradosso, e quindi era perfino un po’ ridicola: avveniva nelle stesse ore dell’attentato, quando una folla di integralisti islamici, dopo la preghiera del venerdì , si è riunita in una piazza di Gaza per manifestare contro Israele in memoria del leader della Jihad, Hani Abed, assassinato il 2 novembre scorso. È noto che uno dei leader della manifestazione, Isham Hamed, in un profluvio di parole d’odio contro i sionisti e gli imperialisti e la promessa di sterminarli tutti, ha annunciato in diretta che era in corso la vendetta per la morte del capo morto dieci giorni prima. Proprio mentre il suicida Hisham Hamad pedalava verso il suo obiettivo. Intanto, mentre i capi della manifestazione passeggiavano su bandiere israeliane di nylon che subito dopo sarebbero state date alle fiamme, la folla sparava in aria sventagliate di mitra; ed ecco avanzare un gruppo a metà tra il travestimento da fantasma e il Ku Klux Klan: interamente involtati in lunghe palandrane bianche, e incappucciati, con in braccio il mitra, alcuni giovani saltavano davanti alle telecamere proclamando con i gesti e l’abbigliamento la determinazione a morire uccidendo, e la gioia della loro scelta. Poco dopo, sempre nel corso della manifestazione stessa veniva annunciato l’avvenuto attacco di Hisham Hamad, fra grida di gioia incontenibile e altrettanto incontenibili raffiche di pallottole. Tutto intorno, e anche all’interno della manifestazione, la polizia palestinese, ovvero la pietra angolare stessa delle garanzie reciproche tra Rabin e Arafat, stava a guardare, ascoltava le promesse di omicidio-suicidio, ben sapendo che quei giovani incappucciati non scherzano affatto. Che polizia è mai questa, si son detti stravolti gli israeliani? Se tutta questa gente ha saputo in anticipo dell’assassinio, com’è che loro non ne sapevano niente? Oltretutto, dopo l’attentato, le guardie di confine israeliane si sono chieste perché il terrorista sia riuscito ad attraversare i check-point palestinesi e giungere fino agli israeliani carico di tritolo. Insomma, uomini politici e giornalisti hanno cominciato a dire, echeggiando così la voce dell’opinione pubblica: la polizia palestinese vuole o non vuole prendere i terroristi islamici? Quali ordini, di preciso, ha dato loro Arafat? Quanto i militanti dell’Intifada di appena ieri, o i seimila nuovi poliziotti tornati in divisa dai campi di esercitazione dell’esercito di liberazione palestinese in Egitto, Libia, Algeria, Iraq, Giordania e Yemen, vogliono e possono arrestare i loro compagni di un tempo? In risposta a queste domande, dopo ripetute e concitate telefonate segrete tra palestinesi e israeliani, la polizia ha arrestato nelle scorse ore, specie durante la notte parecchie decine di aderenti alla Jihad o ad Hamas. Molti si sono dati alla latitanza. E tuttavia l’opinione pubblica israeliana è sospettosa. Si ricorda bene che il 17 luglio scorso la polizia palestinese aprì il fuoco sulle guardie di confine israeliane durante scontri legati al passaggio dei lavoratori palestinesi verso Israele. Ma le alte cariche della polizia dissero allora da ambo le parti, che si era trattato di uno scontro fra soldati, a basso livello. I veri dubbi sorsero il 24 agosto quando la polizia di Arafat lasciò liberi due terroristi della Jihad islamica dopo averli interrogati: si sapeva che avevano ucciso tre soldati israeliani il 20 maggio. Poi, dopo l’assassinio di due israeliani a Ramle, la polizia di Gerusalemme aveva suggerito alla sua controparte palestinese i nomi dei sospetti, che si trovavano a Rafiah. Ma il capo della polizia palestinese Nasser Yussuf ammise alla radio israeliana, che benché egli sapesse dove, come e quando trovare i terroristi, pure come agire. Arafat, ha scritto un commentatore israeliano, se non capisce in fretta che difendendo Israele dalla Jihad difende se stesso, verrà a sua volta travolto dall’ondata islamica. Ma è anche vero il contrario. La gente di Gaza non va pazza per l’accordo di Oslo, non ha ancora visto cambiare la sua vita sociale ed economica; il modello libanese per cui gli hezbollah, combattendo contro gli israeliani li costrinsero a ritirarsi (così pensa la gente di Gaza) è uno schema continuamente propagandato dalla Jihad locale. I sionisti dovranno essere eliminati, dicono i volantini della Jihad e non soltanto cacciati dai territori occupati. Arafat è così ben consapevole che a Gaza gli integralisti islamici sono in continua crescita che ha istituito uffici per l’applicazione della legge islamica, la Shariah, ruoli di consigliere speciale, intere strutture di educazione che cerchino di placare i suoi inquieti fratelli. Ma è quasi impossibile trovare un accordo con qualcuno che fa invece dei gesti di rottura e di violenza la sua arma di battaglia e di proselitismo. Hamas, la Jihad, gli hezbollah, con l’aiuto dell’Iraq, della Siria, e con molteplici supporti in Arabia Saudita, in Egitto, in Giordania, nei Paesi del Maghreb, vogliono tutto, non cercano nessun accordo. Anche gli analisti e i politici israeliani, più spesso di quanto non vorrebbero mostrare, discutono se vi sia una possibilità di parlare col nemico: ma la risposta degli esperti è inesorabilmente . Fiamma Nirenstein

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