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RETROSCENA GLI INSUCCESSI DEL GOVERNO Israele conta sgomento tutti gl i errori di Bibi

martedì 7 ottobre 1997 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME NOSTRO SERVIZIO In queste ore in Israele si è intensificato lo sport nazionale per cui giornalisti e politici, con la testa fra le mani a cena, discutono lunghe ore su questa domanda: . Nessuno viene a capo della sua strana, enigmatica personalità . Ma come fa un primo ministro così apparentemente sicuro, giovane, colto, a farsi tanto volentieri lo sgambetto da solo? Come ha fatto ieri in piena bufera, a dire, mentre Ahmad Yassin raccoglieva ovazioni entusiastiche a Gaza, quasi pari a quelle raccolte da Arafat a suo tempo, una frase che suona più o meno così : talvolta vanno male. Io che ho partecipato a diverse, lo posso dire, e devo aggiungere che a me sono sempre riuscite bene. Frase riportata da Dan Semamà , giornalista del canale di Stato. Netanyahu, mentre cerca di minimizzare il disastro politico e diplomatico creato dal fallimento dell'operazione di Amman, in Giordania, non ignora certo che gli ultimi giorni hanno letteralmente terremotato la situazione politica che il primo ministro israeliano stesso si era tanto impegnato a costruire: dopo gli ultimi attentati, infatti, Bibi aveva puntato tutto sull'emarginazione di fronte all'opinione pubblica internazionale proprio di Hamas, l'organizzazione fondata da Yassin che è dietro al terrorismo degli uomini-bomba, e aveva messo come condizione ad Arafat per la ripresa dei colloqui di pace l'impegno a combattere l'organizzazione anche nelle sue . Vale a dire, capillarmente. Arafat, quindi, si era dato da fare finché Netanyahu si era sentito abbastanza rassicurato: e proprio ieri un desolato Dennis Ross è giunto a Gerusalemme per la ripresa della trattativa, mentre Hamas incoronava il suo re a Gaza. Bibi, così , diventa un amico oggettivo, per così dire, del grande antagonista del suo interlocutore Arafat. È lui, infatti, che fece estradare Abu Marzuk in Giordania dagli Stati Uniti, lui che ha liberato lo sceicco Yassin, due leader di Hamas particolarmente importanti. È lui che ha liberato El Rantisi, l'onnipresente portavoce di Hamas; lui che ha spedito ad Amman d'urgenza l'antidoto per salvare Khaled Meshaal, il capo di Hamas assalito senza successo dai suoi. È lui che ha sollevato d'improvviso l'ombra che ormai esisteva, pesante, fra i capi arabi istituzionali e Hamas, gettandoli inopinatamente gli uni nella braccia degli altri. È vero che le operazioni del Mossad possono anche fallire, ma in questo caso in genere si dissolvono nell'aria, evaporano: qui il fallimento sul territorio giordano è stato pari a una decisione di aprire il vaso di Pandora della paura che re Hussein ha del suo 70 per cento di abitanti palestinesi, fra cui moltissimi simpatizzanti di Hamas. E subito dopo la decisione di liberare Yassin, l'irriducibile, il vecchio che sembrava mezzo morto e che improvvisamente è redivivo e vigorosamente dedito alla lotta e anche al potere, è stata anch'essa una scelta decisamente audace: l'autonomia - dice disperato Sofian Abu Zaide, il responsabile di Arafat per i rapporti con gli israeliani - non possiamo sperare che nel pragmatismo di Yassin, che affianchi Arafat. Certo, se Netanyahu lo avesse sentito, sarebbe stato molto meglio per tutti. Bibi, dunque, ripete che un errore si può sempre fare, e certo ha ragione: ma nessuno accusa i giovani del Mossad di essere stati poco fortunati, o poco ginnici. Semmai questo creerà una delusione rispetto al mito del del Medio Oriente. Il fatto è che gli errori qui sono altri, e somigliano a quelli antichi di Netanyahu: sempre errori di sottovalutazione. Come all'inizio del mandato, quando credette di poter tenere Arafat in attesa di un suo segno, e di proibire addirittura al suo elicottero di atterrare senza con questo costruire uno sgarro e un danno profondo. Come quando aprì la galleria lungo il Monte del Tempio e non s'immaginò che da qui sarebbe nata una vera e propria guerra con decine di morti, e come quando muove i bulldozer e non ricorda che la smodata risposta palestinese è in definitiva quella di Hamas, con i terroristi suicidi. Ora come farà Bibi a chiedere di nuovo ad Arafat di perseguire, catturare e punire gli uomini di Hamas nelle sue città ? Certo il Rais allora gli dirà : /APTITOLO TEL AVIV NON vi sarà più attività del Mossad all'estero temporaneamente, così avrebbe deciso Bibi Netanyahu, fino ai risultati della commissione istituita per indagare sul fallimento dell'operazione di Amman del 25 di settembre. Lo afferma il quotidiano Haaretz, e se è vero, la notizia conferma la teoria dell'esperto del Mossad Yossi Melman secondo cui la morte di Khaled Mashaal era programmata nell'ambito di un'operazione più vasta, che ora sarebbe stata per evitare ulteriori danni. Yossi Melman è in Israele il più famoso conoscitore del Mossad; ha scritto un grosso libro sul suo funzionamento e la sua storia, ed è un commentatore fisso di storie di servizi segreti costruite attraverso fonti interne alla struttura dei servizi stessi. In questa nostra intervista punta soprattutto a due questioni: il fallito attentato di Amman era legato a una generale operazione punitiva contro Hamas; il secondo punto: mai e poi mai il Mossad aveva compiuto un'operazione così fallimentare nella sua lunga storia. Il primo punto: perché lei pensa che l'attentato a Mashaal sia parte di un piano più vasto? Perché non avrebbe nessun senso altrimenti. Intanto, perché attaccare uno soltanto dei capi di Hamas, un'organizzazione costruita a piovra, con più teste, cinque o sei almeno, che condividono pari grado e responsabilità ? È nella tradizione di Israele agire estensivamente costruendo così una deterrenza politica, una tensione insopportabile nel nemico. Ora, per esempio, Abu Marzuk, uno dei capi, è intoccabile perché è stato proprio Israele che lo ha fatto giungere libero ad Amman spingendo gli americani alla sua estradizione. Ma ci sono altri capi, come Ibrahim Maqadmeh che invece non lo sono: infatti Maqadmeh è sparito improvvisamente, non si sa dove sia, è sparito dalla sua casa di Gaza. L'autorità palestinese dice che Maqadmeh è il capo di una nuova organizzazione supersegreta di Hamas, parallela alla sua ala militare, Iz a-Din Al-Kassam. Ora, si sa che poco dopo il secondo attentato terroristico a Gerusalemme, il Comitato Interno che decise questa operazione si riunì , e decise di intraprendere l'eliminazione dei responsabili, un po' come ai tempi di Golda Meir, che decise, e ci riuscì , a far fuori a uno a uno i responsabili dell'attentato di Monaco, ovunque si trovassero.... Un momento. Cos'è questo Comitato Interno? Varash, ovvero il Và ad Rashei Sherutim, il comitato dei capi di tutti i servizi segreti. Chi partecipa invece al ? quanti, insieme a Netanyahu, che però resta l'ultimo a decidere, condividono una responsabilità della scelta. Anche il veleno così strano e nuovo usato ad Amman fa pensare ad una sperimentazione audace, a un'operazione a vasto raggio.... Evidentemente però non è stata una buona idea... essere costretti a portare armi in piena Amman. Ma ora che si sa, e non si doveva sapere naturalmente, che ne abbiamo fatto uso, questo provocherà nei nostri nemici, forse, un senso di giustificazione nell'usare armi chimiche; per esempio, potrebbe spingerli ad avvelenare, che so, delle sorgenti... L'idea era quella di usare il veleno per spargere un silenzioso panico di tipo nuovo fra i leader di Hamas, e poi sparire nel nulla. Ma non ha funzionato. Ecco. Dunque questo è uno dei motivi per cui lei ritiene che questo sia il fallimento peggiore della storia del Mossad. sono tanti] Lo sa che quando il Mossad sventò l'attentato a re Hussein nei primi Anni 60, il re invitò nel suo palazzo tutti gli uomini del Mossad e le loro mogli a cena? Pensi cosa abbiamo distrutto] E poi almeno i nostri nelle altre occasioni riuscirono a scappare... Qui si sono fatti anche prendere con la conseguenza di demoralizzare la loro organizzazione e tutta quanta la società israeliana. Fiamma Nirenstein

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