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Resa dei conti dopo l'attentato all'Ingegnere, ma il leader rischia u n conflitto "algerino" E Arafat dichiarò guerra al terrorismo Altri arr esti, la Jihad minaccia di usare armi chimiche

martedì 14 aprile 1998 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO L'ultimo atto è di ieri pomeriggio, quando la polizia palestinese ha arrestato a Shkem 14 studenti attivisti di Hamas. Poche ore prima, attraverso un giornale giordano, Hamas aveva diffuso la notizia che è sua intenzione agire non soltanto in Israele attraverso il suo braccio armato organizzato nell'Autonomia Palestinese, Ezzedine el-Qassam, ma anche con attentati contro istituzioni e personaggi ebrei in tutto il mondo tramite la Jihad islamica e gli Hezbollah. In una manifestazione svoltasi ad Amman in memoria di Muhi ad-Din Sharif, il terrorista trovato morto in un'auto esplosa il 29 marzo, Nasser Assad el Tamimi, uno dei capi della Jihad, ha dichiarato in pubblico: "Finalmente abbiamo capito il segreto per sconfiggere il nemico: le armi di sterminio di massa". A chi gli chiedeva se la Jihad già possedesse queste armi biologiche e chimiche, Tamimi ha risposto che è molto, molto facile procurarsele. Da Gaza il segretario generale dell'Autonomia Palestinese, un alto ufficiale particolarmente vicino ad Arafat, Taib Abed al-Rahim, con tono esplicito mai usato prima dall'Autonomia nei confronti di Hamas ha esclamato: "Sono finiti i tempi dell'Intifada, quando Hamas faceva i suoi processi dentro casa, e dopo le esecuzioni gettava i corpi in mezzo alla strada. Qui c'è stato un delitto compiuto all'interno dei confini dell'Autonomia Palestinese, e quindi non si tratta di un affare interno di Hamas. Soltanto i rappresentanti legali dell'Autonomia hanno il diritto di condurre le indagini, e i nostri giudici di condannare". In realtà le dichiarazioni di al- Rahim, come del resto quelle di tutti i rappresentanti di Hamas e della Jihad, sono altrettante esplicitazioni di una guerra senza precedenti che potrebbe portare da una parte alla riapertura effettiva del processo di pace, ma dall'altra ad una "algerizzazione" del conflitto finora tenuto sotto controllo da Arafat fra Autonomia Palestinese ed estremismo islamico. I fatti sono questi: dopo il ritrovamento del cadavere dell'"Ingegnere numero 2", capo riconosciuto di Hamas e autore di tutti gli attentati successivi all'assassinio del suo predecessore Yehye Ayash, una ridda di voci eccitate ha invaso la scena, e naturalmente prima di tutto è stato messo sotto accusa Israele per avere ammazzato, secondo la versione di Hamas, il suo leader mettendo poi in scena un "incidente sul lavoro" in un'auto esplosa. Ma gli uomini di Arafat hanno intrapreso le loro indagini che, condotte con metodi a dir poco massicci e sbrigativi, hanno portato in pochi giorni in galera circa 200 uomini di Hamas e della Jihad. Nel weekend di Pasqua, Festa del Sacrificio per i musulmani, sono stati arrestati Amad Awadallah, sospettato di avere ucciso Sharif per ordine di suo fratello Adel. Insieme con lui erano stati arrestati quattro uomini, fra cui un certo Ghassam Adassi, che l'altro ieri è riuscito a far giungere fuori della prigione una lettera in cui accusa la polizia palestinese di averlo torturato per estorcergli una confessione fasulla. Ma prima dei cinque direttamente accusati, sono finiti in carcere addirittura Ibrahim Maqadme, il grande capo ideologico di Hamas a Gaza, un leader cauto, silenzioso e terribilmente risoluto; Abdul Aziz Rantisi, il famoso portavoce di Hamas che, nonostante le conclusioni della polizia palestinese, ha seguitato ad annunciare una terribile vendetta della sua organizzazione contro gli ebrei; Nezar Ravan, professore all'università islamica di Gaza; Ribhi Rantisi, un attivista molto famoso; Abdallah al-Shami, uno dei capi della Jihad, che aveva appena tenuto un violento sermone nella sua moschea accusando l'Autonomia di complicità nell'assassinio di Sharif. Insomma, un vero gotha dell'estremismo islamico è finito in questi giorni dietro le sbarre. Tutti questi fatti testimoniano della volontà e anche della capacità di Arafat di fermare il terrorismo. Inoltre, le sue mosse danno a Netanyahu, che sembra seriamente intenzionato a farlo, la possibilità di contenere l'aggressività dei partiti di destra. "Avete visto - direbbe nei prossimi giorni il premier ai partiti che non vogliono fare concessioni ai palestinesi -, dopo che io gli ho detto chiaramente che non avrebbe avuto nulla se non si fosse dimostrato forte contro il terrorismo, ecco che Arafat finalmente agisce e diventa un interlocutore. È una mia vittoria, e anche della vostra fermezza. Lasciate quindi adesso che io proceda a un ritiro fra il 9 e l'11 per cento. Quasi quello richiesto dagli americani. Tuttavia, voi mi siete testimoni, ho tenuto a bada Ross finché Arafat non ha agito come si deve". D'altra parte, la messa fuori legge di Hamas, che grosso modo conta fra i suoi sostenitori la metà della popolazione palestinese, potrebbe portare ad Arafat ciò che ha già portato in Egitto, dove i gruppi estremisti islamici uccisero Sadat, o in Algeria, o in Siria, dove Assad spense nel sangue a Hama l'opposizione, facendo fuori decine di migliaia di persone. Arafat, cioè , potrebbe trovarsi in uno stato di continuo scontro con un fortissimo movimento terrorista a base popolare, entrato in clandestinità , sostenuto dall'estero con milioni di dollari e con armi. È quello che il Rais ha sempre temuto; ma ora, con la sua salute malferma, deve tuttavia scegliere fra il combattimento frontale contro il terrorismo, e il processo di pace. Fiamma Nirenstein

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