REPORTAGE Terapia di gruppo nel deserto Io psico detective ebreo li a iuto a dimenticare i padri
venerdì 25 giugno 1993 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV SENTI, gli ha detto un vicino di casa, nel quartiere ben
ombreggiato della torrida Beersheba, perché non li lasci a casa
loro, con i loro incubi? Forse che noi, i figli dei sopravvissuti,
non ne abbiamo già abbastanza dei nostri? . Era appena primavera
nel Negev, il deserto dei sogni di Ben Gurion, quando lo
psicanalista israeliano Dan Bar On cominciò ad andarsene in giro
per Israele con uno strano gruppo di una ventina di persone così
vicine e così lontane le une dalle altre quanto si può esserlo. Da
una parte ebrei, israeliani o americani, figli di sopravvissuti ai
campi di sterminio; dall’ altra tedeschi, e tedeschi speciali, tutti
figli di protagonisti o comunque di autori dei crimini di Auschwitz
torturatori, assassini di bambini.
si è formato l’ anno scorso. Si era già incontrato in America. Si
sono parlati senza mai smettere per giorni con sollievo, con
sofferenza. Si era stabilita fra loro una gerarchia di attenzione a
seconda di quanto drammatico era il passato della famiglia di
ciascuno. Di certo, il più in alto su quella scomodissima scala
è Martin Bormann, il figlio omonimo del segretario del partito
nazista; proprio del peggiore di tutti. Martin Bormann jr. durante
la visita in Israele è stato tutto il tempo molto emozionato e ha
detto a Dan Bar On che in vita sua ha fatto due conversioni: la
prima dopo avere incontrato il cattolicesimo, e l’ altra dopo avere
incontrato il terapeuta:
sorride Bar On ma so che aiuta qualche ebreo e qualche tedesco a
vivere con un passato invivibile. Non a perdonare, né a chiedere
scusa, né a scontrarsi. Solo a vivere l’ invivibile. Bar On è
professore all’ Università di Beersheba. Nel suo fisico atletico e
marzialmente nordico, il cinquantaquattrenne israeliano porta i
segni di una congiunzione psicologica che prima di Hitler era nel
cuore stesso della storia dell’ ebraismo e della Germania:
famiglia era una famiglia di ebrei tedeschi molto bene integrati:
medici, banchieri, avvocati. Mio nonno amava tanto la sua divisa,
che la indossò perfino per il suo matrimonio. Nel ‘ 33 di fronte
al nazismo montante la famiglia di Bar On prende la strada della
Palestina:
stessa dell’ Olocausto. Ho ereditato l’ idea di un mondo diviso in
bianco e nero, in buoni e cattivi, in umano e disumano. Lentamente
però studiando psicologia ho capito che questo modo di vedere non
ha portato a niente: il silenzio, l’ incomprensione sono rimasti
tali, i perché sono rimasti dei perché , la punta dell’ iceberg ha
mantenuto il mistero di ciò che è sommerso. Ho fatto la mia tesi
di laurea su questo tema: gli attacchi di cuore fra i sopravvissuti
dell’ Olocausto. Ho scoperto che i malati prima dell’ attacco non
avevano mai parlato della loro esperienza. Solo dopo aprivano le
cateratte di terribili racconti. Bar On comincia a studiare e a
condurre interviste nel kibbutz in cui fa il contadino e lo
studente; prende poi una borsa di studio per l’ America e s’
interessa di quello che è accaduto ai figli non solo dei
sopravvissuti ma anche dei nazisti. Comincia a capire che c’ è
qualcosa di strano nella loro psicologia incontrando un caso alla
rovescia:
abbandonato la famiglia da ragazza, e si era fatta ebrea per espiare
diceva le colpe di suo padre. E che cosa aveva fatto suo padre?
Presto, insieme, scoprimmo che non aveva fatto quasi nulla. La donna
aveva solo fantasticato di un passato di aguzzino. Ma ormai era
tardi per ricucire i rapporti. Il padre era morto. Nel 1984 Bar
On va in Germania invitato dall’ Università di Wuppertal e mette un
annuncio sul giornale:
parlare con qualsiasi figlio di chi abbia partecipato allo sterminio
degli ebrei. Le risposte vennero lentissime e confuse. Solo due o
tre erano in realtà figli di gente che aveva veramente fatto
qualcosa di grave. . Bar On capì che la rimozione
dei tedeschi era tale che altro non restava da fare se non agire
come un vero detective. E si mise alla ricerca. Martin Bormann jr.
è più alto di suo padre, ma gli somiglia alquanto. Però , prima
di saperlo Bar On era già in contatto con lui da mesi: Bormann si
faceva vivo solo per telefono.
lungo. Ma lui aveva paura di me, e io di lui. Mi dicevo: non ce la
faccio col figlio di uno dei più terribili nazisti, non ce la farò
mai a guardarlo in faccia. Invece dopo la prima volta ad ogni
incontro il rapporto si è fatto sempre più stretto, vidi con
sollievo che i suoi occhi erano caldi e sofferenti. Capii più tardi
che Bormann aveva salvato il suo cuore solo perché i suoi genitori
nella fuga, lo avevano affidato a della gente semplice, a dei
montanari che avevano saputo volergli bene e fargli scordare in
parte il periodo di Brechtesgarten, il ghetto dorato in cui vivevano
le famiglie dei capi nazisti. Lì una sola volta il bambino Martin
vide degli ebrei che facevano lavoretti di muratura: ma non li
riconobbe perché , date le descrizioni, non gli sembrarono ebrei.
Bormann è ancora oggi impaurito dall’ idea che suo padre lo
ucciderebbe, come lui dice, se potesse rivivere e scoprire che è
diventato religioso:
un terribile incidente ha incontrato l’ infermiera suora che sarebbe
divenuta sua moglie. Hanno lasciato ambedue i voti e si sono
sposati. Ma figli non ne ha voluti. Bar On racconta che per
venire in aprile a incontrare lui e il gruppo di pazienti, Bormann
ha scelto una strada particolare. È passato dal Sinai in un
pellegrinaggio:
arrivato qui, ha detto di sentirsi più sicuro che in qualunque
altro posto. Era molto colpito da come abbiamo coltivato il deserto
ha pianto al Museo dell’ Olocausto; si è sentito depresso quando
una donna, durante un incontro pubblico, ha chiesto a tutto il
gruppo come avevano potuto i loro genitori concepire figli mentre
uccidevano i bambini ebrei. Bormann ha detto: “Me lo sono chiesto
anch’ io tante volte” . Bar On dice che oggi Bormann rispetto a
come poteva essere in gioventù è certamente una persona
tranquilla:
nel passato, ha tentato il suicidio almeno tre volte: quando è
andato a fare il missionario nello Zaire è stato torturato quasi a
morte dagli indigeni. Poi, in Germania, ha avuto un incidente di
macchina quasi mortale. Bar On pensa che il mondo di oggi sia
quasi maturo per capire cos’ è successo nell’ Europa degli Anni 30
40 e possa superarlo:
traumi della storia. Fiamma Nirenstein