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REPORTAGE NELLA CITTÀ DELL'ODIO A Hebron, tra i folli di Dio che sogn ano il martirio

martedì 14 maggio 1996 La Stampa 0 commenti
HEBRON UN padre con gli occhi azzurri, un breve mitra appeso alla spalla muscolosa, tre bambini che lo circondano. Dà retta a tutti, ha tempo per tutti. Non distribuisce noccioline, né pop-corn, bensì cetrioli con la buccia da mangiare a morsi, spicchi d'arancia gocciolanti vitamine. Bambini meravigliosi, che respirano aria pura: guance rosse, occhi puliti. anni, mia moglie ne ha 24. Siamo genitori di tre figli, aspettiamo il quarto. E mentre lo dice, li bacia, li accarezza; ha i capelli biondi lucenti di giovinezza, appena coperti dalla kippah nera. abbiamo nessuna paura. Siamo 400 ebrei in mezzo a 150 mila palestinesi. Ma mio figlio, che ha cinque anni, va già al souk, al mercato arabo da solo. Chi vive a casa sua, non ha mai paura. Hebron è un manicomio, una dimostrazione di quanto il sangue sia per gli uomini attraente. Quello degli altri, ma anche il proprio. Sotto la grotta di Machpela, dov'è seppellito Nostro Padre Abramo, giace un segreto della psiche umana ben più complesso dell'ispirazione mistica. Qualcosa che riguarda la struttura stessa della perversione, l'amare l'odio, godere il rischio, sfiorare la morte, adorare i propri nati, e per questo sottoporli a prove inenarrabili fin dalla nascita. Solo una settimana fa è stato accoltellato, dopo una serie infinita, l'ultimo ebreo in quello stesso souk dove i bambini vanno da soli a comprarsi i cetrioli; accanto a quel souk, porta a porta con le case degli ebrei, fiorisce Hamas. Da qui, da Hebron, vengono tutti gli attentati terroristici agli autobus, i suicidi-omicidi. E porta a porta, Baruch Goldstein ha compiuto qui la sua strage di arabi nella tomba dei patriarchi. Fino al 1929 gli ebrei e gli arabi convivevano qui pacificamente. Poi un pogrom arabo antiebraico cambiò per sempre l'atmosfera. Gli ebrei, dopo la grande strage fuggirono tutti, ma poi tornarono lentamente, spinti da un sentimento misterioso e attratti dall'enorme, innegabile importanza storico-religiosa di Hebron nella loro storia: qui nacque il potere di Re David, e non a Gerusalemme. E qui, dalla tomba dei patriarchi emana mistero, santità e follia. Siamo a due settimane dalle elezioni. Peres avrebbe dovuto restituire Hebron ai palestinesi in questi giorni. Ma poi ha deciso di aspettare fino alle elezioni. Hebron, quando arriviamo, sta preparandosi a una manifestazione di protesta, e più che di protesta, di mistico furore; come, l'esercito se ne va, vuole abbandonare 400 figli d'Israele nelle mani di un grande popolo infuriato, vuole lasciarci a un nuovo pogrom? Un paio di migliaia di persone si riuniscono proprio a metà strada fra la grotta dei patriarchi, un bell'edificio moresco, un tempo un ospedale che oggi è una specie di kibbutz, una piccola comune della follia, stretta fra gli arabi e il quartiere di Avraham Avinu. Da Beith Hadasa alla grotta, c'è solo un labirinto di stradine arabe. Beith Hadasa oggi è piena di bambini e di donne incinte, tutte carine, giovani, alternative, con il fazzoletto in testa. Dal 1931, dopo il pogrom in cui gli abitanti della casa furono uccisi tra mille torture, gli ebrei hanno sempre tantato di rientrarvi nonostante le proibizioni dello Stato; anche Begin seguitava periodicamente a cacciar via dall'edificio gruppo di pazzi che vi rientravano nottetempo, con tutte le loro donne incinte, finché una serie di assassini di ebrei perpetrati dai palestinesi fecerò sì che il governo concedesse di nuovo gli insediamenti ebraici. Furono assassinii terribili, fra cui quello di sei giovani religiosi accoltellati mentre andavano da questa graziosa casa moresca alla grotta per pregare. Una conca di follia: tranquillo, con uno sguardo serafico, Noam Arnon, 23 anni, sette figli, tre libri sotto il braccio -.Guardi in alto. Noi ebrei siamo qui in una buca. Se l'esercito va via, ci sparano da lassù . Guardo in su: vicine, molto vicine, le case arabe, da cui sovente piovono sassi e proiettili. Arriva Arik Sharon: la sua aria marziale è messa in discussione dall'aspetto pingue, ma avanza fra il frastuono della musica kleismer, clarinetto e violino, fra due ali di popolo entusiasta. protezione sopra la testa, chiediamo a Noam Arnon. tetto sarebbe una gabbia, chi la vuole, non vogliamo vivere come i crociati dentro a una fortezza. un luogo a un altro in auto blindate quando l'esercito se ne andrà . chiusi in casa tutto il giorno? E poi, ci possono sempre sparare in casa dalle finestre. . Sì , ma poi non possiamo più aprire le finestre. Con sette figli, dove stendiamo i panni?. . Arnon seguita a spiegare che su quella collinetta di fronte, nel quartiere di Abus Nena, il 90 per cento degli abitanti non è andata a votare; Arafat non gli interessa, sono tutti di Hamas. . Ma l'odio suscitato da questa battuta rende la cronista bersaglio dello sguardo di almeno quattro donne incinte, tutte giovani, tutte energetiche americane, vestite a fiori, fra il freak e il religioso, gonna lunga e fazzoletto (niente parrucca), orecchini colorati di rigore. . Lo slogan preferito scritto su tutti i muri e i volantini è . Fiamma Nirenstein

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