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REPORTAGE NEI TERRITORI CON ARIEL IL FALCO Sharon: ma difenderò coi denti altre città

venerdì 17 novembre 1995 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV NON potremo più rovesciare completamente la situazione. Ormai Betlemme, come Hebron, Shkem, Ramallah, Jenin e gli altri grandi centri sono sulla via di finire nelle mani di Arafat. Altre zone, invece, tenetelo bene a mente, non le abbandoneremo mai. Detto da lui, da Ariel Sharon, il grande eroe di guerra, generale della guerra del Libano, quindici anni ministro nei governi del Likud, vent'anni alla Knesset, sembra una promessa fatta all'Autonomia Palestinese che la visita del suo capo a Betlemme non sarà ostacolata nella sostanza, e che altri sono ormai i terreni dello scontro. Altri, ma ci saranno. Grande e grosso, la camicia celeste aperta sul collo taurino, colui che si definisce concetto stesso di settlement conduce un piccolo drappello palesemente ostile di giornalisti di tutto il mondo nei territori della Samaria, da insediamento a insediamento. Si sente in lotta contro il governo come prima dell'assassinio di Rabin? di colpa, gli estremisti sono un pugno di pazzi. Il dolore c'è , certo abbiamo fatto, io e Rabin, quarantott'anni di esercito insieme. Ma la politica resta la stessa. Forse che i palestinesi sono diventati più affidabili? forse che la Siria è più malleabile? forse che il Golan e la Giudea e la Samaria sono meno fondamentali per la nostra difesa?. Sharon, come un vorace gatto con gli stivali, misura quelli che palesemente gli appaiono come possedimenti personali: C'era fame, c'era guerra, c'era duro lavoro. A 14 anni sono entrato nell'Agana e ho cominciato a combattere da bambino. Ecco qua: 144 insediamenti, 146 mila abitanti, 86 mila bambini. Io, io ho disegnato le linee secondo cui i settlement avrebbero dovuto nascere. Così li vedete oggi: vivaci, collegati da zone industriali completamente israeliane, situati laddove lo richiede né più né meno che la necessità , la difesa di Israele. Così era ieri, così è oggi, e così vi prometto che sarà anche domani. Una grande carta geografica, crepata e lisa, viene srotolata ad ogni terrazza di terra da cui il panorama mostra quant'è piccola Israele; come due terzi della popolazione, situata lungo la costa, come Tel Aviv, l'aeroporto Ben Gurion, Natania, Haifa, le centrali elettriche di Hedera, quella di Ashdod, tutto sia a un tiro di schioppo. all'ottobre del 1977: la preparai quando ero il capo del comitato per i settlement per il governo Begin. Ecco: qua ci sono le zone di difesa irrinunciabili. Questa, subito sopra la costa, a un passo da tutti i centri più popolati d'Israele. Poi quella del piano Allon, la zona lungo la Giordania e la Siria; poi, la strada di collegamento tra la zona costiera e il Giordano, con il suo snodo all'incrocio dell'insediamento di Tapuah; e infine, Gerusalemme, che per assicurarsi il destino di capitale d'Israele, deve costruire città satelliti che pareggino la forza degli arabi dentro e nei dintorni. A Beith Arieh, Sharon sposta all'indietro le lancette della pace, sembra ignorare del tutto quel come lo chiama incidentalmente, che è l'Accordo di Oslo. Da una parte ha rinunciato ai grandi centri; è la sua nuova strategia. Dall'altra, dopo l'assassinio di Rabin, lancia qui la strategia di tenersi il tenibile. Beith Arieh è la prima tappa di questo puzzle inverosimile formatosi dal 1967, sotto governi di destra e di sinistra: la gente qui sembra sicura che niente potrà accaderle. Sharon assicura che i prezzi delle case crescono: quattro stanze 150 mila dollari su un cucuzzolo; lontano dagli ebrei, vicino agli arabi infuriati che si odono, vicinissimi, nelle loro moschee. Il generale, che possiede una fattoria al Sud, e coltiva centinaia di ettari di agrumi, parla del West Bank come parlerebbe della sua fattoria: ecco Ofarim, ed ecco i villaggi arabi di Lurban e di Dirbalut, qui è stato ucciso un soldato israeliano. E a Tapuah, poco più in là , alcuni abitanti hanno festeggiato danzando la morte di Rabin. Ma niente è più importante della terra per Sharon; più importante del conflitto, è la difesa: arabi, Arafat, re Hussein, non sono eterni. In quest'area l'odio regna sovrano. Non c'è nessuno Stato nel mondo a cui si possa chiedere di abbandonare le misure minime di sicurezza. Il suo piano non soddisferà mai i palestinesi. comunque. È vero che i settler si stanno organizzando in un esercito privato, e che lei li starebbe aiutando in questa operazione? una falange armata? Non è così . Semmai, fra loro, che sono per la stragrande maggioranza brava gente e moderata, è viva la tradizione del volontariato, che in Israele c'è sempre stata.... Non è una risposta ambigua, da parte di un generale dell'esercito israeliano? . Fiamma Nirenstein

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