Fiamma Nirenstein Blog

REPORTAGE LA MESSA DI PROTESTA Non scuote il Sepolcro il richiamo di Yasser

lunedì 2 settembre 1996 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME FEISAL Hussein, Ziad Abu Ziad e un altro gruppetto di deputati del Parlamento palestinese arrivano verso le 10 al Santo Sepolcro, giù per le pietre sempre più dissestate e lottizzate fra le varie confessioni cristiane. Arrivano con un'ora di ritardo alla messa di che Arafat ha voluto in uno dei luoghi più santi della cristianità ieri, domenica, con l'appoggio del patriarca latino monsignor Sabbah. Scendono mogi e irati, fra una piccola folla di cristiani. Per le misteriose dinamiche del Santo Sepolcro, in cui non si muove foglia senza consulti a livello mondiale fra le varie confessioni, la messa si svolge in una cappella laterale che non è affatto di rito cattolico, cioè quello di monsignor Sabbah, il primate palestinese che invece è più devoto alla causa nazionale dei suoi; si svolge invece in una orientale cappella greco-ortodossa. Feisal e Ziad sono musulmani come la stragrande maggioranza dei palestinesi, e lo si vede subito dall'atteggiamento perplesso e dall'abbigliamento sportivo; i cristiani infatti sembrano tutti quanti un po' europei, hanno la cravatta, l'aria da notabile, e il vestito scuro nonostante il caldo. Ma soprattutto hanno un'espressione diversa, compunta come chi sa da sempre giocare una difficilissima guerra di posizione. Il conflitto israelo- palestinese li stringe infatti tra la continua richiesta di fedeltà condita di sfiducia che viene loro dai compatrioti arabi con conseguenti persecuzioni, e l'atteggiamento tendenzialmente ostile degli israeliani che li vedono alla stregua di ogni altro palestinese. La messa voluta da Arafat è tutta cantata in arabo, da un gruppo di coriste che dall'alto di una terrazza fronteggiano l'altare e una quantità di icone dorate dalla pittura bidimensionale, dove San Giorgio cavalca un piccolissimo cavallo e uccide un enorme drago, e tanti altri santi guardano con cipiglio medievale. Feisal e gli altri notabili fra cui Hafir Abd Al Jader che è stato appena costretto a chiudere il suo ufficio a Gerusalemme, ascoltano un discorso pieno di tristezza, di ira, di recriminazioni contro Israele che attraverso la chiusura dei Territori, di pregare sui luoghi santi quando essi ne sentono il bisogno. I toni sono duri mentre le candele tremano: il sito della crocifissione è un po' più in alto, poi l'asse della vestizione del Cristo sacrificato, poi il Sepolcro di pietra stesso sono invasi da una cacofonia di suoni mistici ognuno diverso dall'altro. Monsignor Sabbah dice la propria messa per la pace in una cappella poco lontano; intanto finisce il rito greco-ortodosso e Feisal e Ziad si arrabbiano con i giornalisti che forse sono nello stesso numero dei fedeli intervenuti. non pensate alla pace piuttosto che a queste sciocchezze?, dicono inciampando nei sassi che nessuno riesce mai a risistemare perché non si sa se tocchi ai protestanti, ai cattolici, agli etiopi, ai copti, agli armeni... La conferenza stampa di Feisal, da lì a un'ora circa, sarà di nuovo piena di toni infuocati; prometterà l'intifada. Ma intanto Arafat aspetta da un momento all'altro che si inveri il desiderato incontro con Netanyahu che si sta materializzando proprio in queste ore e lo rimetta in sella come leader massimo dei palestinesi e indiscusso padrone del processo di pace, l'unica prospettiva che dia ai palestinesi qualche speranza di benessere e di giungere a definire il loro Stato. Non tutte le manifestazioni semifallite vengono per nuocere: e certo Arafat non ha spinto l'acceleratore né perché venerdì scorso i musulmani si riversassero infuriati nella spianata della moschea di Al Aqsa magari creando irreparabili incidenti; né perché la messa di ieri fosse qualcosa di più di un simbolo. È bene mostrare ira; è bene spingere l'immobile governo di Netanyahu a muoversi. Per questo, mentre si seguita a esclamare che l'intifada può rinascere da un momento all'altro, Feisal spiega ai giornalisti, per giustificare la scarsa affluenza di pubblico, che questa non era proprio una manifestazione, ma un incontro a cui era richiesto di partecipare solo agli alti ranghi del mondo palestinese. Arafat ha saputo mostrare il bastone, e nel frattempo seguitare a promuovere incontri segreti a Tel Aviv fra i suoi strateghi e quelli israeliani a casa di Terje Larsen, il plenipotenziario Onu per Gaza. Così , ora Netanyahu annuncia il vicino incontro; David Levy vola al Cairo; i giornalisti si preparano a seguire un incontro che certo non vedrà Arafat mano nella mano con il suo interlocutore come ai tempi di Shimon Peres. Ma sarà l'unica vera ripresa del processo di pace, con un Arafat un po' malconcio ma bene in sella, e un Netanyahu che sta imparando a non scherzare col fuoco. Fiamma Nirenstein

 Lascia il tuo commento

Per offrirti un servizio migliore fiammanirenstein.com utilizza cookies. Continuando la navigazione nel sito autorizzi l'uso dei cookies.