REPORTAGE LA DIFFICILE CONVIVENZA Stop al di Betlemme Ebrei e palestinesi rifiutano l'apartheid
lunedì 19 febbraio 1996 La Stampa 0 commenti
BETLEMME NON si farà il muro il Berlino. Non si costruirà questa
muraglia di 80 metri per quattro di altezza che avrebbe fatto di
Betlemme una città senza ingresso. I lavori sono stati bloccati.
Piccolo, scuro, con i sottili baffetti da notabile, carico di anni e
di carisma, il sindaco Elias Frej, che ormai da tempo immemorabile
guida la città natale di Gesù Cristo, ha addirittura appeso sulla
porta del suo ufficio, di fronte alla chiesa della Natività , il
piano che l'autorità militare israeliana aveva fatto e a cui aveva
dato il via . Laddove, a pochi metri dalla
linea che divide Gerusalemme dall'autonomia palestinese, sorge la
piccola casa araba di due stanze, ritenuta la tomba di Rachele, da
qualche settimana si costruiva una risposta semplicistica ai problemi
di sicurezza dei pellegrini ebrei: un gigantesco muro di cemento, che
tagliava in verticale l'unica strada di accesso a Betlemme, separando
così la tomba dalla strada su cui passano le macchine. Poco più in
dentro, verso la tomba, una grande tettoia, quasi un bunker, per
riparare i visitatori da eventuali aggressioni. L'accordo di Oslo
prevede che la tomba sia protetta dagli israeliani, ma anche che la
strada sia sempre aperta ai palestinesi e a chiunque. Così - dice
un militare israeliano - avevamo trovato un modo di lasciare aperto
il traffico e di evitare nel contempo che qualcuno facesse un
attentato agli ebrei e potesse scappare via, dentro Betlemme, a pochi
metri di distanza. Era un bunker enorme, un muro insensato, brutto,
però sicuro. Altrimenti chi può proteggere i pellegrini che vengono
a piangere e a pregare sulla tomba di quella che per gli ebrei è una
specie di madre universale, una Madonna ebraica, madre della
maternità santificata, cara anche ai musulmani? Dietro le spalle, le
garitte dei militari israeliani e palestinesi, poco avanti in mezzo
alla strada, le vestigia fresche del muro che non sarà : tronconi di
cemento, assi, blocchi di pietra, cavi d'acciaio. Tutto fermo. Però ,
fino a poche ore fa, si lavorava. Il traffico impazzisce sulla strada
già stretta, bloccato da tutti quei detriti edilizi. Cos'è - dice
Frej -, una punizione perché siamo stati l'unica città tranquilla
durante l'Intifada, senza neppure un morto israeliano?. Le macchine
strombazzano e si spingono sulla soglia del silenzio di Rachele,
moglie di Giacobbe, che dette alla luce due dei dodici figli del
patriarca, Giuseppe e Beniamino, i più cari al loro padre e alla
storia del popolo ebraico. Ma Rachele, nel dare alla luce Beniamino,
morì :
pilastro della tomba di Rachele fino a questi giorni, dice la
Scrittura. Ed eccolo là il pilastro, coperto di un panno di velluto.
La stanza è piccola, si dice che in questo biancore avvengano
miracoli di fertilità . Le madri delle spose senza figli avvolgono la
tomba in lunghi fili bianchi girando intorno più volte. Lanterne
arabe pendono dal soffitto, una piccola yeshivà , una scuola di ebrei
religiosi, prega sul retro, nel cuore dell'autonomia palestinese,
proprio nel mezzo di un antico cimitero arabo.
padre, mostra col dito Nadem, l'interprete palestinese. Poco
lontano, e forse non a caso, c'è la mangiatoia del Bue e
dell'Asinello, un altro florilegio di maternità . C'è di che
impazzire, specie ora che i rimasugli della muraglia, che Frej
seguita a chiamare ancora e ancora per sottolineare
lo sgarro storico che è stato compiuto, chiudono, sbarrano l'entrata
a Betlemme e rendono disperato il negoziante del piccolo supermarket
di fronte, che da quando convive con quello strazio non ha più
venduto né un pane né un sapone. Per aumentare la confusione, il
suo negozio è situato dentro un edificio di proprietà del Wakf,
l'autorità religiosa musulmana cui sono affidati tutti i beni
islamici, compresa la Spianata del Tempio, e lui, il negoziante, è
cristiano. E sul tetto dell'edificio, i militari israeliani stanno di
guardia a proteggere gli ebrei. Il conflitto fa capolino da ogni
parte. Ma la pace porta con sé molte sorprese, e così è accaduto
che gli israeliani, fatto inusitato, si siano tirati rapidamente
indietro da un'impresa forse militarmente sensata (effettivamente non
è facile proteggere gli ebrei in una zona in cui chi li volesse
attaccare può trovarsi in pochi secondi sotto un'altra giurisdizione
penale) ma anche politicamente impossibile in pieno processo di pace.
Prima si è mossa la gente di Betlemme, e di fronte alla tomba, sulle
strade polverose, di fronte ai venditori di ceste intrecciate a mano
e di frutta, negli ultimi due giorni hanno marciato cittadini e
bambini di tutte le scuole. Li guidava, carico della sua autorità ,
Salah Tamari, un ex comandante dell'Olp in Libano, un palestinese-
beduino, con gli occhi azzurri e con la divisa sempre addosso, che è
arrivato primo alle elezioni palestinesi con 19 mila voti. Intanto si
svolgevano le trattative diplomatiche, condotte soprattutto da Frej,
che incontrava autorità militari, ma soprattutto alti dirigenti
dell'autorità civile:
Gerusalemme, come ripeto da ventiquattro anni. Non c'è nessuna
ragione per segregare Betlemme rispetto alla Città Santa; e nel
2000, anno del Giubileo, questo muro avrebbe rappresentato un
ostacolo impossibile per tutti i pellegrini cristiani. La gente è
andata e venuta senza sosta a frotte davanti alla tomba, nonostante
il digiuno e la preghiera di Ramadan, che è finito ieri. Piano piano
s'è capito, anche da una telefonata diretta con Shimon Peres,
racconta Elias Frej, che la decisione militare era una decisione non
politica:
volto da antico gatto egiziano - non vuole questa muraglia. Su per
le scale di Ahmad Issa, il costruttore palestinese che aveva ricevuto
l'incarico di tirar su quel muro, c'è silenzio e fa freddo. Un suo
collaboratore s'affaccia alla porta e sorridendo con malizia, dice
che i lavori sono sospesi, che non c'è niente di cui parlare,
dunque, basta. Issa non dirà niente. Quel che si sa è che la parola
magica per gli israeliani, , sicurezza, stavolta non ha
funzionato. Ha vinto la politica, e il buon senso. Rahel Immenu,
Rachele nostra madre, dorme da 3800 anni in quella stanzetta bianca.
Per questa volta, i motori delle ruspe non la sveglieranno. Fiamma
Nirenstein