REPORTAGE LA CONVIVENZA IMPOSSIBILE Quattrocento residenti ebrei, 140 mila palestinesi, il ricordo di stragi reciproche Un giorno a Hebron, la c onca dell'odio La città che ha fermato la pace tra Israele e Olp
giovedì 17 ottobre 1996 La Stampa 0 commenti
HEBRON NOSTRO SERVIZIO Ormai, in fondo a quella conca d'odio che
sembra un presepe candido di case arabe, dove sotto la Grotta di
Machpelà macchiata di sangue, dorme Abramo in compagnia di Sara e
tutti i patriarchi, i 400 residenti ebrei (forse 500 ormai, a forza
di riprodursi a ritmi scatenati) sentono arrivare la stretta finale.
L'esercito israeliano, che in queste ore costruisce di fronte alla
Grotta garitte più alte e a prova di fuoco pesante, se ne andrà , è
ormai questione di giorni. Netanyahu ha temporeggiato quanto ha
potuto; Arafat ripete che la pazienza ha un limite, accusa Israele di
voler e di volerla dividere in
modo . Però il ministro degli Esteri David Levy ripete che
la trattativa è agli sgoccioli, e il presidente Weizman ha detto a
Mubarak che . Tira dunque vento forte fra i coloni, e tira
aria di cambiamento fra i 140 mila palestinesi che abitano chi dentro
la cittadina, spalla a spalla coi loro nemici, chi sulle colline
circostanti, affacciate come una terrazza circolare sulla testa degli
ebrei. spiega serafico
e determinato David Wilder, il portavoce della comunità dei coloni,
americano d'origine, laureato in Storia, una breve barba sale e pepe:
Perché questa è la nostra casa, dove è nato il regno di David,
dove le mura testimoniano la più antica fra tutte le comunità
ebraiche della Terra, dove siamo rimasti a vivere nei secoli finché
nel 1929 non ci ha spazzati via un pogrom arabo. Nel 1967 siamo solo
tornati a casa nostra. Io e mia moglie fino ad oggi abbiamo messo al
mondo cinque figli e siamo, rispetto ad altre famiglie, un piccolo
nucleo. Qui nasceranno gli altri nostri bambini. I bambini ebrei,
quasi tutti con la kippà e i riccioli laterali, percorrono a
miriadi, spesso da soli, le strade che sono state mille volte
insanguinate dagli attacchi palestinesi agli ebrei, dagli attacchi
israeliani ai palestinesi. La memoria della strage del '29 è
diventata simmetrica nella memoria collettiva alla strage di Baruch
Goldstein, che nel 1994 uccise sparando alla cieca 27 arabi dentro
alla moschea nella Grotta. Anche se le cifre da queste parti sono
sempre approssimative, si può dire che più della metà degli
abitanti palestinesi adulti di Hebron appartengono o simpatizzano per
Hamas; e comunque tutti gli attentati (fuorché uno) compiuti dalle
bombe umane del terrorismo islamico vengono da qui. I coloni di
questa zona a loro volta non sono tipi teneri. La loro strategia si
avvale di scorribande nella parte araba, di occupazione di negozi e
di abitazioni che fino al 1929 appartenevano a ebrei.
era stato eletto per lasciare Hebron in mano ai palestinesi. Al
contrario, molte volte aveva promesso di proteggerne l'ebraicità -
dice Nadia Matar, che è la leader riconosciuta delle Donne in verde,
le militanti dei Territori ora tutte mobilitate per l'ultimo centro
da sgomberare - per Hebron combatteremo fino alla fine.
uno choc - aggiunge David Wilder - vedere Netanyahu stringere la mano
ad Arafat, ma non per questo abbiamo pensato che ci avrebbe
abbandonato. Ancora seguitiamo a sperare che non ci lascerà in
questa conca senza protezione, senza speranza di sopravvivere a un
altro pogrom, che certamente ci sarà se l'esercito se ne andrà .
Hebron è l'unica delle città che fanno parte dell'Accordo di Oslo
nel cui centro vivano degli ebrei, ed è quindi sempre stata un punto
nevralgico nella trattativa. Abu Allah, uno dei responsabili
palestinesi dei colloqui di Taba, svenne e fu portato all'ospedale
per lo stress; Uri Savir, il capo della delegazione israeliana,
rimase chiuso in una stanza con i suoi interlocutori per molti giorni
e molte notti per cercare l'impossibile soluzione. In sostanza, oggi
è prevista una sorta di zona recintata sotto il controllo ebraico,
da Kyriat Arba in periferia a Beit Hadassa, l'antico ospedale nel
centro. Tutta la giurisdizione civile resterà in mano ai
palestinesi. Ciò che ancora resta irrisolto: il diritto dei soldati
israeliani a entrare in zona palestinese in caso di attacco; la
costruzione di edifici alti da cui si potrebbe sparare sugli
israeliani residenti; il controllo dell'acqua e dell'elettricità .
Oltre a questo gli ebrei pongono altri mille problemi: come si potrà
vivere blindati? Sempre con le finestre chiuse? E come ci si potrà
spostare per strada mentre dalle colline si può prendere la mira? E
c'è ancora un altro guaio in vista: è di queste ore la notizia che
i coloni hanno acquistato di nascosto molte case e terreni nella zona
palestinese, sia nella casbah che nel quartiere di Abushira, dove
Hamas la fa da padrone. Anche con gli eventuali osservatori della
forza di pace, anche se l'esercito israeliano se ne andrà , anche se,
come sembra, i palestinesi rinunceranno all'uso di armi a canna
lunga, la guerra di Hebron non finisce domani. Fiamma Nirenstein