REPORTAGE IL GIORNO DEL SIGNORE All'Intifada dello Shabbat Gerusalemm e, ultraortodossi in guerra
domenica 18 agosto 1996 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME TRAMONTO di fuoco a Gerusalemme, anzi, sfida all'Ok
Corral. Da una parte la polizia laica e scocciatissima dello Stato
d'Israele, migliaia di ex russi, ex etiopi, magari ex ortodossi
marocchini che fronteggiano decine di migliaia di ultrà nerovestiti
in lotta per la santità del sabato: sta
scritto su un grande striscione in via Bar Ilan. Il Sabato Santo, il
sabato giorno benedetto da Dio perché l'uomo a sua volta benedica il
creatore senza distrarsi con automobili, marchingegni meccanici,
telefonini. Noi giornalisti siamo la solita miriade internazionale, e
ogni volta che parliamo in un telefonino, o usiamo una penna, un
microfono, una macchina da presa, l'ululato della grande folla
religiosa si volge verso di noi. ci dicono in yiddish, la
lingua dello Shtetl, del ghetto, ovvero Shabbat in ebraico, ovvero
Sabato. Ieri è stato il primo sabato dopo la decisione della Corte
Suprema di non chiudere rehov Bar Ilan, la strada a quattro corsie da
cui si irradiano molti quartieri religiosi. Le odiate auto
dissacratrici possono seguitare a disturbare il silenzio e la
perfezione del giorno santo. La risposta degli haredim, i religiosi,
è potente e furiosa e dice: escalation politica. Escalation vuol
dire far sentire alla città , anche se la legge dello Stato è stata
espressa, che gli ebrei che hanno scelto di vivere come centinaia di
anni fa non intendono accettare una decisione laica e moderna. Non
intendono lasciare ai gitanti del sabato l'accesso motorizzato alle
loro strade. Esplode il sentimento di estraneità della parte
religiosa nei confronti della vecchia leadership laica che, fin dai
tempi di Ben Gurion, li ha sempre ritenuti poco più che
sottosviluppati mentali. E invece eccoli qui. La vittoria elettorale
del centro-destra, che ha dato ai religiosi 23 seggi, ha stappato lo
champagne della rabbia e dell'estraneità , il desiderio di sfondare
lo status quo, un insieme di leggi non scritte dovute alla
consuetudine. Per esempio, ora, lungo rehov Bar Ilan ecco tante
strade chiuse, dove si va invece rigorosamente a piedi, non si
accendono radio né televisori, non si telefona, non si cucina. Ma
Bar Ilan era rimasta nel trattato laico-religioso una zona dove tutti
possono passare di sabato in autobus, senza strombazzare o gridare,
ma col diritto di guidare. Così ha deciso venerdì l'Alta Corte che
non muti la situazione. Sarebbe troppo pesante il precedente di una
grande arteria chiusa. La rabbia degli haredim è mista di
divertimento: è un bel diversivo di sabato vedere tutta quella folla
post- moderna fatta di Cnn, di Bbc, di poliziotti inferociti dal
caldo e dall'attesa, di belle donne in pantaloni, rispetto alla gran
miseria che si respira proprio nel tratto cruciale tra le vie Ohalei
Yossef e Shmuel Hanavi. Le case slabbrate contano decine di terrazze
fatiscenti dove si accalcano le donne e i bambini a guardare gli
uomini che dimostrano nella strada e urlano offrendo i
petti incavati coperti dal talled, il manto di preghiera, ai
poliziotti e anche alle poliziotte coi bastoni. Si intravede che le
case sono quasi senza mobili; l'abbigliamento invece è rutilante e
degno di uno studio antropologico speciale. Gli uomini in gran parte
indossano calze bianche fino ai polpacci e pantaloni alla zuava su
cui calano giacche e palandrane o mantelli di forma diversa, a
seconda del gruppo di cui si fa parte, del rabbino alla cui corte si
appartiene. Tutto in bianco e nero, i cappelli sono borsalino neri o
colbacchi di pelliccia (anche se ci sono 42 gradi). Anche i riccioli
laterali cambiano forma o posizione (lisci o a cavatappo, lunghi o
corti, davanti o dietro le orecchie) a seconda del gruppo. I bambini
più piccoli hanno la camicia bianca e il sasso dell'Intifada nella
mano; indossano gilet neri e sono quasi tutti occhialuti. Le donne
sono incredibili: portano parrucche e colori da dive, rosa shocking o
azzurro angelico, intarsi verdi nei tailleur attillati e lunghi fino
ai piedi coi bottoni d'oro. Una bambina vestita come una sposa
confessa: mentre volano sassi contro le auto
e i poliziotti acchiappano in quattro un giovanotto pallido e lo
scaraventano nella macchina della polizia. Arriva il ministro degli
Interni Avigdor Kahalani, solo, senza scorta, con l'aura dell'eroe
che conquistò quando era il miglior comandante di carri armati nella
guerra contro i siriani nel '73. Getta nel caos le forze di polizia
stanziate sul posto che non sanno come difenderlo: la gente gli si
butta addosso, una poliziotta picchia (piano) una donna con l'abito
rosso e il cappellino nero che a sua volta la picchia (forte) e le
dice: .
risponde a tutti sorridente Kahalani mentre sta per soffocare sotto
le barbe infuriate che gli spiegano tutti i peccati d'Israele,
nessuno vi darà noia. I poliziotti non ne possono più di tutti
quegli esagitati. Vola qualche spintone. Un bambino mi affronta a
occhi spalancati: faccio molto, molto male a scrivere, perché è
Shabbes] Lo ripete con molti punti esclamativi, la sua verità è
assoluta. Dà anche uno spintone a una fotografa perché la macchina
non scatti. Sciupare il sabato significa sciupare il Creato. Meglio
gli spintoni e le pietre.
nemico che sta loro di fronte, incarnato stavolta dalla Corte
Suprema, è ben deciso a non cedere alla violenza. Fiamma Nirenstein