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RAMON ERA STATO UNO DEI PROTAGONISTI DEL RAID CONTRO IL REATTORE NU CLEARE IRACHENO Israele sgomenta: ci aveva fatto dimenticare la guerra Il paese ha assistito in diretta tv alla tragedia del suo eroe dell’ aeronautic a

domenica 2 febbraio 2003 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein GERUSALEMME Il Columbia era il sogno, l'ultimo angolo di pace degli israeliani: da 16 giorni, mentre in terra erano spari e scoppi, maschere antigas e provviste per la guerra, Ilan Ramon volteggiava nello spazio, senza guerra con i palestinesi, senza elezioni politiche, senza terroristi, con altri sei astronauti, gente normale e insieme eccezionale, come lui, come Israele sogna di essere: venuti nel mondo un popolo fra gli altri, non per il conflitto ma per il consenso, per il progresso che possono promettere la scienza, lo spazio. Due minuti prima delle quattro alla TV giornalisti e esperti spiegano con la faccia della festa ai telespettatori tutti in casa per il sabato di riposo com'è importante la missione del Columbia, come gli astronauti e fra loro « Ilan shelanu» , il nostro Ilan, usciranno dallo Shuttle, come verranno accolti con grandi festeggiamenti, come a Houston li aspettano le famiglie, e come Rona, la moglie di Ilan insieme ai loro quattro bambini mentre aspetta il momento di abbracciare il marito, faccia piani per il ritorno in patria. In studio siede contento un piccolo anziano signore, Eliezer Ramon, 79 anni, un sopravvissuto di Auschwitz, il padre di Ilan: « Ieri ho visto mio figlio in videoconferenza, e i bambini gli hanno chiesto di fare una capriola senza peso. L'ha fatta e io pensato: così la potrei fare anche io. Quanto avrei voluto che mi portasse con sé » , ha riso « ma so che là dentro è piuttosto affollato» . Eliezer non finisce di parlare: da Houston il corrispondente lo interrompe: « Qualcosa non va: non si riesce a stabilire la comunicazione con il Columbia» . Eliezer si guarda intorno improvvisamente perduto, qualcuno lo aiuta ad alzarsi e a dirigersi al riparo dalle telecamere. Così Israele ha saputo cosa stava succedendo lassù , e si è gettata in una serie infinita di commenti increduli, di esclamazioni disperate: non è possibile, un momento fa nelle famiglie ci si chiamava l'uno l'altro per vedere l'atterraggio in diretta, un po' di gioia fra tanto dolore, troppa sfortuna per essere vero, incredibile che la sfortuna possa arrivare fino a questo punto. Sharon lancia un messaggio stupefatto, quasi senza parola: « preghiamo per gli astronauti» . Ilan, 49enne, pilota dell'Aviazione israeliana, dopo una missione comune nata da una richiesta di Shimon Peres a Bill Clinton, si era preparato con dure esercitazioni a Cape Canaveral insieme ai suoi compagni per quattro anni: « Sono abituato alla fatica, e con compagni meravigliosi come questi tutto è stato un piacere» . Del resto Ramon veniva dalla durissima scuola da cui escono i piloti di F16, l'é lite dell'esercito israeliano: era in squadra, il più giovane di tutti, nella spericolata missione che nell'81 distrusse il reattore nucleare di Saddam Hussein. Dolce e quieto, colto, con i capelli sottili e lisci svolazzanti nella mancanza di gravità , lo si vedeva in questi giorni tutto assorto nel suo ruolo leader della parte sperimentale della missione, mentre pedalava su certe biciclette, mentre avvitava e svitava congegni fluttuanti, mentre si occupava della crescita di un giardino di cristalli affidato alla missione da una prima liceo di Kyriat Moshkin, un sobborgo di Haifa. Il viaggio era stato rimandato diciotto volte, e per motivi di sicurezza non era stato confermato fino a una settimana prima del decollo. Israele aveva partecipato in diretta al grande onore, alla grande vacanza del volo fuori della pesante atmosfera in cui arranca l'Intifada, in cui si prepara la guerra dell'Iraq. Film documentari, ricordi del Challenger, l'altro Shuttle esploso nell'86, biografie di tutti i compagni di Ilan, e Ilan, Ilan, Ilan, col fiatone sulle montagne quando si abitua alla mancanza di ossigeno, quando fluttua, quando mangia o beve le razioni speciali, quando con pudore abbraccia la moglie e i figli. Per volare via, Ilan si era caricato di una quantità di simboli del popolo ebraico, aveva affidato a se stesso un compito identitario e universale molto complesso: da una parte ha ripetuto (anche durante un incontro satellitare con Ariel Sharon) un suo messaggio pieno di poetico desiderio: « Israele dall'alto è talmente minuscola e bellissima, è un piccolo quieto pezzo di Terra» ; dall'altra parte, aveva portato con sè nello spazio un carico enorme di simboli, il disegno fatto da un bambino ucciso nel campo di concentramento di Tereszjnstadt, in cui si vede, nero su nero, la Terra vista dalla Luna. Ilan ha anche portato con sé una Bibbia miniata, una moneta del 69 dopo Cristo coniata a Gerusalemme con una scritta impressa: « Salvezza per il popolo d'Israele» , le foto di tutti i suoi cari, dei suoi figli, di quella scabra Rona, mora e quadrata moglie che non ha mai sorriso, e che ieri, mentre tutti si preparavano a festeggiare, seguitava a dire: « Finchè non lo rivedo non sono tranquilla, il mestiere di pilota mi ha abituato a ogni tipo di sorpresa, ma anche a saper aspettare quieta. Si, non sono stati anni facili, ma fra poco torniamo a casa» . Ilan ha voluto benedire il sabato dal cielo, ha voluto mangiare solo cibo kosher, sia pure in pillole: « Non me l'ha chiesto nessuno, e io non sono religioso; è solo perché mi aiuta a percepire la mia realtà , a portare con me l'identità intera, la storia del mio popolo» . Con sè aveva anche un bicchierino d’ argento per il brindisi di benedizione del sabato. Adesso il lutto e anche la ferita identitaria d'Israele sono grandi come lo è stata nei giorni scorsi la gioia: è insopportabile agli israeliani la scomparsa di Ilan con la sua timidezza, il suo garbo; i bambini che non rivedrà mai più , destino molto comune in Israele; la famiglia reduce dalla Shoah; la grande forza silenziosa che deve avere un pilota israeliano, scelto uno su centomila; e tanto più quando diventa il primo astronauta, scelto uno su un milione; è inverosimile quel suo volare via per sempre, lui che doveva tornare, che finalmente era impegnato in una missione gioiosa, così lo vedeva la gente, un uomo fortunato, non come gli altri quaggiù , che devono andare nelle Riserve, a combattere anche a cinquant'anni. Il suo capo militare, Eitan Ben Eliahu, il colonnello che lo ha scelto per la missione, è rimasto silente due minuti quando gli è stato chiesto cosa sente, lui che l'ha mandato nello spazio: « Penso che nessuno era adatto alla missione come Ilan. Nessun altro avrebbe potuto essere prescelto, fuorchè lui. E inoltre - e qui Ben Eliahu che è noto come un uomo duro e contenuto ha parlato con voce roca - non è certo la prima volta che si sceglie un pilota per una missione in cui si rischia la vita. Talvolta voli accanto al tuo migliore amico, si lasciano due strisce di fumo parallele, e d'un tratto uno dei due, senza un suono per te che stai dentro la tua carlinga, sparisce in una striscia di fumo, o esplode. E tu resti solo, sospeso, e tuttavia devi continuare quello che stavi facendo.. sai che è importante per te, per tutti, anche per lui che ora non c'è più » . Nella notte Arafat ha fatto le condoglianze ai familiari delle vittime americane e dell’ israeliano; almeno fino a sera non si aveva notizia di manifestazioni di giubilo dei palestinesi per la sciagura.

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