RAMALLAH IERI LA PRIMA RIUNIONE DEL NUOVO PARLAMENTO PALESTINESE. ABU MAZEN CHIEDE AGLI ISLAMISTI DI DIALOGARE CON GERUSALEMME, MA LA RISPOSTA È NO « La lotta armata è un diritto» Hamas si insedia e mostra i muscoli: « Sto p all’ occupazione israeliana»
domenica 19 febbraio 2006 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
inviata a RAMALLAH
Se tutti quelli che quando pensano ad Hamas vedono volti mascherati e
cinture esplosive si fossero trovati ieri all’ inaugurazione del nuovo
parlamento palestinese avrebbero pensato di sognare. Nelle due sedi
parlamentari di Ramallah e di Gaza (il passaggio tra le due parti era stato
proibito da Israele) tra i 132 membri del Consiglio Legislativo neo eletto,
74 di Hamas, 45 di Fatah e gli altri 13 di vari partitini, il partito di
maggioranza ha messo in mostra una gran quantità di cravatte che volevano
rappresentare la rispettabilità di chi le portava, in buona misura
professori e dottori. Tutti nuovi eletti, i clerici laureati come lo sceicco
Naef Rajub, e i professori come Aziz Dwek, professore di urbanistica e
geografia, ora Presidente dell’ Autorità Palestinese, o il dottor Salim Al
Khadi, internista, o Amjad Al Hamuri, dentista, arrivano al mattino alla
Mukata su macchine blu o su jeep grige.
Tira un vento gelido, un poliziotto molto nervoso comanda il plotone
incaricato di respingere i giornalisti che poi riescono ad entrare da un
cancello posteriore. Intorno alla Mukata, la controversa dimora di Arafat,
che certo sarebbe sconvolto nel vedere Hamas prendere il suo posto, si
affollano verso la porta dell’ auditorium anche tutti i vecchi protagonisti,
Hanan Ashrawi, Adu Ala, Sa’ Eb Erakhat. La svolta è scioccante, gli antichi
potenti guardano preoccupati i nuovi venuti, la cui esplicita storia di
terrorismo preoccupa anche loro: a Gaza entra in parlamento Um Nidal, madre
di tre terroristi suicidi; nel West Bank Ahmad Zaada, l’ organizzatore
dell’ assassinio del ministro Rahaman Zeevi.
Abu Mazen arriva col colbacco calato sulla fronte: nel discorso, tra un
minuto, cercherà di riaffermare il potere del Presidente, ovvero il suo
proprio potere, nel gestire e conservare al di là del governo il rapporto
con gli israeliani. Gli uomini della sicurezza sono tesi, ci tengono in un
recinto guardato a vista: il rischio che giovani del Fatah irrompano dentro
la Mukata, magari armati e decisi a riprendere il potere, è ben presente. E
anche dalla parte di Hamas è già avvenuta una secessione di gruppi che
credono esclusivamente nella lotta armata e disprezzano il parlamento. Il
discorso di Abu Mazen cerca un impossibile equilibrio dentro lo stanzone
drappeggiato in azzurro, mentre fuori, su tutti i lampioni di Ramallah,
Hamas ha issato la sua bandiera verde-islamico insieme al vessillo
palestinese.
I deputati stanno scomodi su seggiole dall’ aria provvisoria, di fronte al
podio le telecamere consentono alla gente di Gaza di vedere la cerimonia in
diretta. Abu Mazen chiede ad Hamas di formare il prossimo governo al più
presto, chiede che riconosca gli accordi preesistenti, garantisca che
« l’ unica scelta strategica possibile» è parlare con Israele. Dice anche che
non si può più continuare con l’ anarchia e le varie milizie armate, e che
occorre fare la pace con Israele « oggi, e non domani» . Ma non ha chiesto ad
Hamas, come molti si aspettavano, di riconoscere Israele e di rinunciare
alla lotta armata. Anzi, ha detto che le scelte democratiche dei palestinesi
non possono essere soggette a ricatti di sorta. E del resto, Hamas non
mostra nessuna aquiescenza verso l’ approccio del Presidente: il Primo
Ministro incaricato Ismail Haniye, ha commentato: « Lui espone la sua linea,
noi abbiamo la nostra. E il popolo ha scelto noi» ; Sami Abu Zuhri ha
chiarito che « rifiuta i negoziati mentre l’ occupazione e l’ aggressione
continuano» e che se Hamas conferma la sua fedeltà alla lotta armata come
« diritto naturale del nostro popolo» .
Quattordici deputati eletti si trovano in carcere e hanno lunghi anni di
pena da scontare. Fuori dal cancello, via dall’ atmosfera di sospensione
della riunione in cravatta, nel vento, una cinquantina di persone mostrano
il volto della realtà che ha portato Hamas al governo. Madri velate e padri
in galabja da contadini inalberano decine di ritratti incorniciati d’ oro,
tutti giovani detenuti in Israele per attentati; alcune famiglie inalberano
fino a quattro foto di altrettanti figli in galera, più uno terrorista
suicida. Una realtà agghiacciante specie quando è una folla intera che la
condivide come fosse un costume locale, una scelta normale, e vede nei nuovi
governanti, in Hamas, i primi legittimatori della lotta armata.
Israele, frastornata, oggi tiene la riunione di governo in cui deve decidere
che misure prendere nei confronti di un’ Autonomia Palestinese la cui
maggioranza parlamentare, in linea di principio, invece di parlare,
preferisce sparare, nonostante la buona volontà di Abu Mazen. Ma intanto il
governo ha già fatto sapere che ritiene l’ Autorità nazionale palestinese
(Anp) sua « nemica» dopo l’ investitura in parlamento di Hamas. Lo ha indicato
un alto responsabile dello stato ebraico, sotto richiesta di anonimato.
« Legalmente, l’ autorità palestinese si è definita come nostra nemica, il
discorso di Abu Mazen non cambia nulla. Sappiamo che riconosce Israele,
condanna la violenza e vuole proseguire i negoziati di pace previsti dalla
roadmap» , il piano appoggiato dagli Stati Uniti. « Il problema è che ha
affidato ad Hamas l’ incarico di formare il prossimo gabinetto e non abbiamo
ascoltato da quest’ ultimo che riconosce Israele, accetta gli accordi firmati
dai palestinesi e rinuncia al terrorismo» . Il governo israeliano darà oggi
la sua risposta.