Quel soldato rapito e lo strazio di un Paese che piange i suoi figli
Il Giornale, 23 luglio 2014
Un Paese che nasce con 600mila abitanti nel 1948 e oggi ne ha poco più di sette milioni, considera ognuno dei suoi ragazzi un gioiello: averne perso circa 23mila, esclusi gli attentati, racconta tutta la sua determinazione. In queste ore, le foto di 27 ragazzi che hanno lasciato per sempre le loro famiglie, le loro ragazze, i loro compagni, invadono i giornali e la mente. E di pochi minuti fa l'annuncio che un altro 21enne, Eviatan Turgyman, è stato ucciso in battaglia. All'ospedale Soroka di Beersheba e anche in altri ospedali di Israele c'è un traffico da autostrada, le ambulanze portano senza tregua soldati feriti; si vedono, alte sulle barelle, le scarpe bianche di polvere di Gaza.
Molti vengono curati, fasciati, steccati, mandati via. Altri vengono trasportati di corsa verso la sala operatoria. La folla dei parenti arriva trafelata, terrorizzata. Ilana madre di Geva lo trova in corsia, ferito ma con un piccolo sorriso dal letto dell'ospedale: "E' nato di nuovo" dice pazza di gioia. Ha un altro figlio dentro Sajaiya, un ufficiale chele ha spiegato che deve restare là con i suoi ragazzi, tanti baci a Geva. I feriti lievi si impuntano a tornare velocemente alla loro compagnia. Nei giorni scorsi un comandante dei Golani, Rassan Alian, ferito a un occhio non ha lasciato in pace i medici finchè, con la faccia piena di punti, non l'hanno rimandato dai suoi soldati a Gaza.Israele si morde le labbra e inghiotte le lacrime, le famiglie devono sostenere la peggiore di tutte le prove, i figli che seppelliscono i padri, i giovani ufficiali che lasciano spose disperate. Israele compie l'operazione di terra per evitare di bombardare dall'aria, e i giovani muoiono.
Ieri il nemico ha mostrato una ghigna molto particolare: uno dei sette soldati di cui è stata annunciata la morte domenica, uccisi mentre impedivano l'ingresso di un gruppo di terroristi in un kibbutz, è stato rapito. I volti e i nomi di sei di loro sono apparsi sui giornali, cinque soldati di 20 anni e il loro ufficiale, Dolev Kedar, 38 anni. Ma un altro ventenne, Oron Shaul, non era stato ritrovato. Già da domenica Hamas aveva annunciato di avere un soldato in mano, il portavoce Hussan Badran in Qatar ne ha detto il nome e il numero, 609206, senza specificare se il ragazzo è vivo, morto, ferito. Dopo due giorni di verifiche, si capisce che comunque è in mano a Hamas.
Lo scopo del rapimento del ragazzo, o del suo corpo,è ricevere in cambio dei prigionieri. Il dolore è troppo grande per lasciare che la rabbia vinca, Israele piange ma seguita a combattere, ed è quasi incredibile che ai tempi nostri, mentre la società occidentale si spezza, la compattezza del compito costruisca la forza e il sorriso dei giovani. Le mamme dei ragazzi uccisi seguono a malapena i funerali, abbracciano la bara, dicono però parole di orgoglio. "Max decise di venire in Israele nel 2012" ha detto la sua mamma americana arrivata da Los Angeles e non c'è stato verso di toglierglielo dalla testa. Ora, il cimitero di Monte Herzl a Gerusalemme, quello degli eroi, è certo giusto per lui". Si sentono tante parole d'amore: "Il mio principe", "Tutta la mia vita". La moglie di Tzafrir Baror, 28 anni, Sivan, alla fine della gravidanza piange nelle braccia di Shimon Peres: "Avevamo promesso di proteggere il nostro bambino dalle guerre, di restare insieme per sempre e così sarà".
Oz Mandelovich aveva parlato alla radio col padre per condividere la loro esperienza nella compagnia dei Golani. Il padre suggeriva un lavoro d'ufficio, e Oz rideva. La sua ragazza ha scritto su whatsapp "Per me tu sei il mio mondo". La mamma di Moshe Malko, 20 anni, ha coperto con grida le preghiere: "Moshiko, vita mia, siamo stati così fortunati ad averti". Gli amici raccontano del loro miglior campione, quel gran giocatore di pallanuoto, quell'ottimo musicista, quel volontario di ogni buona causa, quel soldato valoroso.
La notte di lunedì al cimitero di Haifa è stato seppellito Sean Carmeli, 22 anni, un americano del Texas, uno dei 2000 "soldati soli" che decidono di venire a servire in Israele dall'estero. Sean era un morettino vivacissimo, tifoso del Maccabi Haifa. Su facebook un suo amico, Rafael, ha postato l'orario del funerale: mezzanotte, per permettere alla famiglia di arrivare dagli Stati Uniti. Al cimitero di Haifa si sono presentate 20mila persone, con autobus, mezzi privati, di destra di sinistra, ragazzi, vecchi... C'era la fascia verde del Maccabi Haifa e la bandiera bianca e celeste, gli sarebbe piaciuto.
Cara Fiamma, dolore e angoscia riempiono questi momenti, non ci sono parole abbastanza consolatorie.La strada è dura, eppure non si può non percorrerla.I nemici speculano su questo.Ma non è possibile parlare di tregua ed accordi se non viene riconosciuto lo Stato di Israele.Feltri, sul Giornale del 23 Luglio, ha fatto una analisi della situazione che è condivisibile.Non ci sono alternative: al massimo si può solo contare sulla presa di coscienza (che qua e là si è manifestata), di musulmani palestinesi e non solo, che rifiutano la pazzia criminale dei terroristi. Sarebbe anche interessante conoscere il pensiero dei cittadini israeliani NON EBREI, posto che possano esprimerlo senza rischi per la loro incolumità.Gli appelli alla pace ed alla fratellanza sono una bella cosa, ma solo se non restano un dialogo fra sordi.Diversamente, continueranno a parlare le armi.
Anita , lugano
Che strazio...io sono in vacanza in Sicilia ma il mio cuore è in Israele e le mie preghiere sono tutte per i nostri meravigliosi ragazzi, perle di rara bellezza che adornano il collo del loro popolo. Anche la mia famiglia ha ragazzi al fronte, che Dio li benedica tutti e metta presto fine a questa guerra del terrore. Un abbraccio particolare a tutte le mamme di Israele. Anita
Claudia , Bruxelles
mi si strazia il cuore...è proprio per questo che, come ho scritto ieri, Israele deve avere la forza di andara fino in fondo questa volta. Lo deve a tutti i suoi eroi e alle loro famiglie.