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Quei sorrisi di plastica sull'orlo di una guerra

venerdì 6 settembre 2013 Il Giornale 4 commenti
Il Giornale, 06 settembre 2013

Il grande freddo fra Obama e Putin indossa le piume della festa. Arrivano nel palazzo Costantino di San Pietroburgo al G20 i boss dei venti Paesi più industrializzati del mondo, sfilano salutando il padrone di casa, Vladimir Putin, sulla porta e spariscono dentro verso una doppia agenda: una falsa, sull’economia mondiale, e una vera, la guerra contro Assad di Siria. I due uomini che si salutano con un sorriso di circostanza e posano per i fotografi, sono due leader incerti sugli esiti di questa riunione, anche se si sorridono alquanto. Obama mostra a Putin e alle tv di tutto il mondo come si balza pieni di energia fuori da una limousine, ma sa che deve convincere il maggior numero possibile dei leader del mondo che in Siria non esiste altra soluzione che quella militare. Ha elaborato una sua ragione morale: non sono stato io, ha detto, a inventarmi la “linea rossa” legata all’uso delle armi di distruzione di massa.

Siete voi che l’avete creata, il mondo intero, e quindi la responsabilità è tanto mia quanto vostra. Questa tesi subito rimanda alla responsabilità internazionale rispetto all’Iran, Obama la suggerisce chiaramente: se il mondo non interviene quando si gassano i propri concittadini, che direte sulla distruzione di massa per eccellenza, l’atomica? Ripete questa ragione anche il leader repubblicano John Mc Cain quando annuncia il suo sostegno, e a San Pietroburgo, Obama in mezzo a un mondo patchwork, a strisce, a macchie, pensa forse: meglio contare sul voto del Congresso. Putin, sulla porta, sembra sicuro, ma non lo è: gli sorride, ma si sono letti negli occhi in quel secondo che Putin ha dato del bugiardo a Kerry (“E’ triste, ha detto, che presenti i ribelli come moderati, lo sa che sono di Al Qaeda”), che Snowden è da qualche parte in Russia, che Obama ha invitato i gay russi a incontrarlo. Due leader in competizione, con pareri completamente diversi sulla questione più importante, quella della Siria, ma due leader che avrebbero interesse a trovare un accordo, perché nessuno dei due è forte.

I due hanno scopi opposti: Obama sa quale è il suo scopo immediato, non gli importa tanto del risultato finale (se Assad, resterà, sarà destituito, se i ribelli saranno amici o nemici); Putin invece, che non è molto affezionato ad Assad, e tantomeno agli Hezbollah e agli iraniani vuole capire chi siederà al potere una volta finita la guerra, chi gli garantirà l’accesso al porto mediterraneo di Tartus e al Medio Oriente. Putin indaga, si informa, fa la faccia feroce, ma vuole sapere cosa può ottenere e nello stesso tempo mantiene la faccia dura con gli USA, gli dona in patria. Il consesso internazionale è alla ricerca di una soluzione mediata. Così lui media: il tema “Siria” non è sull’agenda, dice, parliamo di economia, a cena poi discuteremo della guerra. Un modo di rimandare ancora, di studiare, di osservare… Intanto invia il suo ministro degli esteri a incontrare quello siriano a Damasco, cerca forse un accordo per un summit.

La Cina ha dichiarato esplicitamente le sue preoccupazioni per l’economia mondiale, tutti pensano a quei pipeline di petrolio che passano ovunque, ai 50mila barili della Siria, ai 3milioni e 800mila che passano da Suez tutti i giorni e sono la nostra benzina quotidiana, i condotti che percorrono la Turchia, l’Iran, l’Iraq, l’Algeria… Il Sud Africa è contrario all’idea di un intervento militare, così l’Argentina, e probabilmente anche il Brasile e il Messico. La Francia fino ad ora ha rappresentato la rocca di Obama in Europa, ma in queste ore si parla di una sua preferenza per la trattativa, l’Italia vuole l’autorizzazione ONU, Ban Ki Moon è là nel ruolo tipico dell’ONU: non fare niente.

Il teatro mediorentale intanto si scalda: dal Libano giunge la notizia che gli Hezbollah possono mobilitare diecimila combattenti, e che li userà, quando l’Iran lo ordinerà, in parte per occupare il terreno in Siria quando Assad collasserà, e in parte, soprattutto, per attaccare Israele. Ma Obama ormai ha deciso, salvo novità eccezionali. Putin, alla fine, è messo male: non ha via di uscita a meno di non voler essere ricordato come l’iniziatore della terza guerra mondiale, cosa difficile da credere.




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Sam , Italia
 mercoledì 11 settembre 2013  20:00:13

Signora Mileti, ho letto il Suo intervento in questo spazio. Non condivido quasi mai le idee che qui vengono esposte, nondimeno torno a leggere perché ritengo doveroso documentarsi sulle opinioni di chi la pensa diversamente da me. Lasci che Le esprima il mio apprezzamento per le Sue parole che trascendono le differenze di opinioni e di idee e si concentrano, invece, sulla sofferenza comune. Il dolore, diceva il grandissimo Saba, "ha una sola voce, e non varia". Lei la ha colta. O, quanto meno, così io interpreto le Sue parole. Con grande stima. Sam.



antonio fanone , roma - italia
 venerdì 6 settembre 2013  17:10:05

Cara Fiamma,perdona la licenza ma gradirei che qualcuno mi spiegasse la differenza tra un Assad che dicono uccide con il gas e quei delinquenti assassini che in nome di un Dio (dicono loro) scannano e giustiziano sommariamente gente senza pietà e si qualificano ribelli e non sono neanche Siriani, di questa marmaglia assassina chi se ne occuperà????............o servono a qualcuno......provo solo pena e grande preoccupazione.....mi auguro che Israele unico baluardo di democrazia reale in medio oriente sappia gestire questa situazione con più lucidità di un occidente addormentato, grazie



gianfranco ferrero , italia
 venerdì 6 settembre 2013  13:02:26

non la gravita' della serieta' ma i sorrisi delle bugie della buona educazione....



Anna Maria Mileti , Italia
 venerdì 6 settembre 2013  11:49:19

Come possiamo da ogni parte dell'Occidente giudicare il mondo Arabo con tutte le sue divisioni, diversificazioni, confusioni tra fede e teocrazia, se abbiamo governanti e noi stessi, sudditi e servi, con facce di bronzo ciniche alla soglia di azioni di guerra e di fronte alla grande sofferenza del popolo di Siria, di Egitto, di Turchia, di Marocco, delle Nazioni Africane, dei nostri stessi popoli di appartenenza. E' solo un èlite che comanda, male e portatrice di ostilità ovunque. Noi stessi siamo minacciati nei nostri principii fondamentali. Come possiamo essere forti e credibili e temibili con quelle facce, se non riusciamo neppure a dialogare fra noi stessi; se non riconosciamo di essere stati anche noi co-protagonisti della diffusione e dell'uso di armi che ci stanno facendo scomparire. Siamo tutti macchiati di sangue, anche le loro facce di plastica da cui trasuda ugualmente la fasulla certezza di vittoria. Ma su chi?



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