Fiamma Nirenstein Blog

Quei ragazzini super tecnologici che proteggono i cieli di Israele

venerdì 13 agosto 2010 Il Giornale 8 commenti

Il Giornale, 13 agosto 2010

Hanno poco più di vent’anni, vivono in un bunker, sorvegliano 24 ore su 24 il Medio Oriente. Da schermi che vedono il futuro.

Biranit (Israele) - La vetta di una montagna dove Israele, Libano, Siria, si toccano senza simpatia. Una piccola passeggiata in mezzo a sassi e cespugli dopo un cancello scorrevole guardato da un ragazzo stanco e bruciato dal sole che controlla bene chi sei. E poi qualche vecchia baracca di legno spellata dal vento, fra i cespugli spinosi e i sassi. «Forza - dice Tzachi, 26 anni, occhi allegri color nocciola - sali su...». Una scala di ferro fra gli alberi appoggiata a una specie di vagone verniciato di nero, e poi una porta con un maniglione. E sei dentro, al buio, in un piccolo antro dove a malapena si sta in piedi. Gli occhi si abituano dopo il sole accecante, e vedi una quantità di stelline verdi in movimento inquadrate negli schermi della più incredibile tecnologia. Due lunghi ragazzini di leva, riccioli e brufoli e voce ancora stonata, controllano seduti al buio nello spazio di un metro tre schermi, quello nel mezzo mostra una mappa di tutti i colori. Il Medio Oriente. Gli altri due scrutano al centimetro, 24 ore al giorno, il cielo del nemico, qualsiasi cosa si muova dalla Siria e nel resto delle vicinanze. Ecco guarda, dice Tzachi, e mostra un punto verde a luce intermittente: «Questo lo conosciamo bene, atterra a Damasco sempre alla stessa ora. Nessun problema. Ma se laggiù si muovesse qualcosa di diverso, di nuovo, un aereo, un missile, non importa quanto piccolo, se venisse verso di noi, allora sentiresti subito una sirena. Centottanta soldati, 90 delle riserve e 90 di leva, si muoverebbero tutti insieme. E ognuno sa esattamente cosa deve fare. Ora ti mostro».

Lasciamo l’antro e si vede che rincresce un po’ ai due ragazzini che ci mostravano con soddisfazione il loro lavoro: salutano serissimi e gentili, ma senza staccare lo sguardo dai loro indispensabili giochi tecnologici. Fuori il sole ci acceca. Yallah, forza sali, dice di nuovo Tzachi. Di nuovo su una scala di ferro che sormonta un dislivello di qualche metro e poi su una terrazza di sassi sconnessi sotto una rete: e tutto intorno a noi, svariate batterie di Patriot, in parte rivolte verso la Siria, in parte altrove. Ogni camion porta quattro missili: «Per smuovere questa unità, se occorresse dislocarla in luogo diverso, per un Patriot ci vogliono 30 auto piene di gente. Quindi, dobbiamo avere sempre molti soldati a disposizione, e io non posso mai allontanarmi più di due minuti di corsa».

Tzachi è un veterano di 26 anni, si vede che il compito di essere gli occhi di Israele lo riempie di orgoglio e di responsabilità. Sono i suoi Patriot. Ma questi missili sono stati criticati come armi imperfette, non sempre colgono il proiettile in arrivo, ai tempi dell’attacco di Saddam Hussein ci furono morti e feriti a Tel Aviv, eppure l’Iraq è più lontano della Siria: «Adesso sono molto migliorati» risponde Tzachi. Eppure sembrano così primitivi dentro quelle scatole di legno ritte sui camion. Ride: a volte tutto l’esercito può sembrare primitivo, ma dentro quelle scatole c’è tutta la tecnologia per cui i Patriot stanno molto meglio di te e di me sotto questo sole infernale... E comunque, fra pochi mesi sarà disponibile anche il nuovo sistema Iron Dome, «Cupola di acciaio»: i ragazzini di Tzachi, fra i sassi e le spine, avranno in mano il più avanzato sistema del mondo contro gli oggetti volanti. Saranno le medesime baracche scrostate e una fetta di pane, cottage e frittata all’una, due adolescenti concentrati guidati da uno Tzachi con gli occhi bene aperti, ma le tecnologie saranno sempre più sofisticate. E Israele sa che arriveranno tempi difficili con l’Iran sempre più aggressivo e fiancheggiato dai suoi vicini.

L’esercito israeliano si sta organizzando per respingere una pioggia di missili, l’arma che negli ultimi anni, con l’aiuto dell’Iran, è diventata parte della strategia più odiosa: i Kassam, i Fajar, i Grad che piovono sui civili. Gli Hezbollah, che usavano sparare sulle cittadine del Nord fino alla guerra del 2006, sembra abbiano ricostruito un arsenale di 50mila missili compresi quelli che, come gli Scud, possono arrivare fino a Tel Aviv; la Siria è piena di postazioni balistiche contro Israele. Iran e Turchia hanno appena stretto un patto per aiutare gli Hezbollah a ottenere nuove armi. Il Libano è l’avamposto della nuova strategia iraniana contro Israele.

Il maggiore Hai Lugasi, 35 anni, sposato e con figli che vivono nelle vicinanze della base, proviene dalle Forze Aereonautiche, il gioiello dell’esercito, e ci accoglie a Biranit, il comando dell’esercito israeliano del Nord, dove siamo stati tante volte durante la guerra del 2006, dopo il rapimento di Regev e Goldwasser: «Guardi, è cambiato» dice. É vero. A prima vista vedi le colline morbide come sempre, a sinistra Aita a-Shaab, paesotto shiita, e a destra Kfar Remesh, villaggio cristiano. Però nel mezzo, oltre il recinto e oltre il confine internazionale segnato dall’Onu, vedi le auto bianche dell’Unifil, più in là c’è l’esercito libanese, il Laf.

Non ci sono più gli Hezbollah armati e in divisa, con le bandiere gialle che scorrazzano lungo il confine, non più il rivoltante manifesto con la testa spaccata di un soldato israeliano. Di giorno gli israeliani lo buttavano giù, di notte lo rimettevano in piedi gli uomini di Nasrallah, il leader sciita più bizzarro, violento e determinato del Medio Oriente, ormai il vero padrone del povero Libano ferito. Unifil doveva impedire l’affermarsi di qualsiasi organizzazione armata fuori dell’esercito, ma non ce l’ha fatta: le regole di ingaggio sono restrittive. «Unifil - dice Hai - non ha evitato che Hezbollah ricevesse le armi iraniane dalla Siria, non ha evitato l’altro giorno che l’esercito libanese, in gran parte sciita e amico di Nasrallah ci tendesse un vero agguato, non ha evitato che quel paese che lei vede, Aita a-Shaab, e tutti i 160 paesi sciiti della zona, siano diventati fortezze pronte alla prossima guerra, piene di scudi umani, scuole, ospedali, seduti sui loro missili. Ma hanno taciuto, per quattro anni anche noi abbiamo fatto buon uso della tranquillità» dice Hai.

Adesso dopo l’attacco del Laf avvenuto mentre semplicemente Israele tagliava un albero nell’enclave dentro il confine e col permesso dell’Unifil, la sensazione è che il Libano stia diventando né più né meno che un nemico armato. «E' il ricatto degli Hezbollah impauriti dalla prossima condanna internazionale che sta per arrivare per l’assassinio del premier sunnita Rafik Hariri. L’esercito libanese doveva essere lo scudo della pace, non un nemico che tende agguati e uccide i nostri uomini». Hai mostra la direzione dell’agguato: di fatto l’esercito ha giocato il ruolo degli Hezbollah, e questo ha già cambiato l’atteggiamento di Israele. «Le ronde, le ispezioni, le pattuglie che partono da qui a ogni ora, devono dare sicurezza alla nostra gente, chiunque porti la minaccia» dice Hai. Ci offre un bicchier d’acqua fredda, in una baracca scrostata, uguale ai tempi della guerra.

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Silvia Baldi , Rishon LeTzion - Israele
 martedì 17 agosto 2010  21:05:59

E' da tre settimane che con la mia famiglia ci troviamo in Eretz Israel, abbiamo staccato con le news ma questa ci e' arrivata gigantesca come lo e' in effetti. All'inizio ho pensato fosse una brutta barzelletta, della serie "Il colmo dei colmi". Hahiti be shock, mi ha letteralmente scioccata. Zehirut, attenzione, al peggio non v'e' fine!



Tiziana , roma italia
 martedì 17 agosto 2010  09:23:43

Interessante articolo. Mi chiedo però se un giorno dovremo riflettere in che mani abbiamo messo la bandiera di Israele. Mi riferisco ai tanti articoli larvatamente, ma non troppo, antisemiti che si leggono su Il Giornale. Addirittura sulla rapacitàò di attori come la Taylor che guarda caso si convertono all'ebraismo mano a mano che gli si gonfia il portafoglio. Gradirei che questo mio commento non fosse cancellato. Grazie



Roberto Levi , Ferrara Italy
 sabato 14 agosto 2010  18:37:46

Grazie Fiamma per i tuoi articoli e tutte le informazioni di prima mano scritte in modo schietto ed equilibrato. Leggendoti mi sembra di essere sempre sul posto, accanto ai nostri ragazzi, vicino a mio figlio Simon da tre anni in Tsahal. Con il tuo stile limpido ci spieghi con trasparenza scenari complessi e situazioni difficili.Da un tuo affezionato lettore che ammira il tuo coraggio e le tue fatiche. Roberto Levi



michele lascaro , matera
 sabato 14 agosto 2010  16:28:40

Gentile Signora Nirenstein, sono sempre ammirato della intelligenza e versatilità del popolo ebraico e israeliano nell'epoca attuale.Ma quanto ho letto sul Giornale mi ha lasciato veramente stupito e ancor più ammirato per quanto questi ragazzi, per l'amore verso la loro Patria, stanno facendo. La prego di continuare nelle sue corrispondenze inquesto senso, perché la gente deve sapere. Cordiali saluti.



Mario Boninsegni , Massa - Italia
 sabato 14 agosto 2010  05:08:13

Apprezzo molto gli articoli di Fiamma Nierestein, sono del tutto al fianco di Israele, del suo diritto di esistere e di difendersi, usando i mezzi più sofisticati.Mi auguro che le trattative con i Palestinesi abbiano esito positivo, che non vi siano più aggressioni contro Israele e che vi sia Pace per il suo meraviglioso popolo.



marinella mieli , italo-canadese
 venerdì 13 agosto 2010  23:31:46

Israele sei nel mio cuore un grazie a tutti i nostri soldati per il coraggio che dimostrano, siete i nostri eroi, che Hashem vi protegga sempre amen.



alessandro vergine , via garibaldi 6 corzano (bs)
 venerdì 13 agosto 2010  21:19:35

grazie per il bellisssimo articolo ci fa sentire più vicini a questi meravigliosi ragazzi!



ESTHER MISUL , MILANO ITALIA
 venerdì 13 agosto 2010  18:19:45

grandi i nostri meravigliosi ragazzi che protegono israel, così giovani e coraggiosi,che B-H lì protegga sempre. t'zal è l'ha nostra forza,,,,,,



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