Quei negoziati di pace in cui nessuno crede più
mercoledì 14 agosto 2013 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 14 agosto 2013Il tempo del giubilo è lontano. Le trattative sono vecchie di vent’anni e, in parallelo, lo è stata la guerra. Peccato, qui sono andate sempre a braccetto, e ormai nessuno è più in grado di dimenticarlo, tantomeno oggi, all’apertura dei colloqui che gli americani coccolano come un neonato. Nemmeno si sa dove si svolgono, tanto poca è la sicurezza dell’evento. Nessuno può obliterare il ricordo di tante occasioni pleonastiche. Come a Madrid (1991) dove la squadra palestinese ogni notte prendeva l’aereo per Tunisi per rendere omaggio al suo insonne capo, Arafat, che gli insegnava a dire no. Poi Oslo (1993), poi Wye Plantation (1998) Camp David (2000)… Questi colloqui sono soprattutto americani e chissà se almeno Kerry ci crede. Abu Mazen ne ha bisogno come scudo contro Hamas e gli altri estremisti infuocati dell’Area, Israele perché pensa all’Iran e alle promesse di Obama. Ma ci sono stati tempi diversi. Ai tempi di Rabin, improvvisamente i supermarket si riempirono di merci, i vestiti, il cibo, le canzoni, tutti cambiò, Mc Donald aprì il suo primo branch dove si affollavano i giovani affamati di normalità; con Barak, ormai troppi attentati avevano bruciato la freschezza della speranza, ma quando sulla porta del cottage di Camp David Bill Clinton, Arafat e Barak davanti a una porta stretta cedevano ridendo il passo l’uno all’altro, ancora si sperava che dietro quella porta si compisse il miracolo.
L’Intifada penetrò nei sogni degli israeliani e li cambio per sempre, viziò di sangue i palestinesi. Sharon li vinse, ma poi fallì la grande mossa dello sgombero di Gaza (2005), che invece di pace portò missili. Ad Annapolis (2007), in un emiciclo di cemento Ehud Olmert giuocò la sua corrida offrendo ai palestinesi praticamente tutto, compresa Gerusalemme. Non andò.
Il debutto odierno del nuovo processo di pace deve accontentarsi di un misero 18 per cento degli israeliani che credono nella sua riuscita mentre l’80 la credono improbabile o molto improbabile. I palestinesi in massa protestano perché Abu Mazen ha accettato i colloqui ma stanotte 26 prigionieri palestinesi di cui molti si sono macchiati di delitti repellenti (per esempio l’omicidio a Gaza dell’avvocato filopalestinese Sean Feinberg cui vennero mozzate le orecchie, o la mattanza a colpi di scure di un sopravvissuto della Shoah, Isaac Rotemberg) sono stati trasportati a Ramallah, dove verranno condotti al check-point di Betunya per essere trasportati a Ramallah: li aspettano le famiglie e gli uomini di Fatah, il centro del potere palestinese. Per Israele si tratta di una corona di spine per cui i genitori, le mogli e i figli degli uccisi non si stancano di protestare, la protesta è accorata e ragionevole. Non c’è nessuna garanzia che questo strazio porti alla pace. Per i palestinesi si preparano giorni di glorificazione di eroi che però sono, ai loro occhi, pochi e scelti fra i meno importanti per esercitare una pressione utilizzando gli altri gruppi da rilasciare.
Tuttavia la festa sarà grande: su 26, 14 vanno a Gaza e il resto con Abu Mazen, che si prenderà il merito della liberazione di tutti. Hamas ha proibito di festeggiare, Abu Mazen ne sarebbe troppo soddisfatto. La seconda causa di inquietudine è l’annuncio del governo israeliano che costruirà 1200 unità di abitazione oltre la Linea Verde, cosa che ha creato grande scompiglio internazionale e fra i palestinesi. La mossa è stata resa nota adesso per lo scontento che Netanyahu avverte nella coalizione, a causa della liberazione dei prigionieri. Lo sfondo strategico di questo debutto, in cui domina lo scetticismo, è più a sud, nel Sinai, da dove ieri sono stati sparati tre missili sulla cittadina di vacanze di Eilat. Si consolida il nuovo fronte di guerra che Al Qaeda con i suoi alleati di Hamas e vari gruppi salafiti ha aperto contro Israele e l’Egitto post Fratelli Musulmani. E’ vero che questi due Paesi hanno già firmato da tempo un accordo di pace, ma forse in questi giorni il loro interesse comune antislamista è l’unico scenario di concordia che è dato scorgere all’orizzonte.
mercoledì 14 agosto 2013 12:11:38
Cara Fiamma,non si può come sempre che concordare con l'articolo.E' chiaro,dice com'è la realtà.Comprendo pienamente come possa sentirsi il popoloisraeliano...a me mi fàsentire pieno di rabbia ed indignato.Anche il leggere gli interventi dei vari forum..interventi intelligenti che cercano di controbattere quelli di un' ottusità ..e chiusura mentale di persone..che dovrebbero essere adulte...mentre è piu' facile incontrarsi e dialogare con degli adolescenti che per fortuna hanno un' intelligenza superiore.Non sono tanti...ma per fortuna ci sono!Io ..nel mio piccolo dirò sempre la mia idea...in maniera piu'incisiva lo fà Dominique, il mio coinquilino, persona molto intelligente ,informata..educata e con gli ideali che ci accomunano.Quasi sempre ha una risposta vera..e documentata da dare..'..continua a comunicare il suo pensiero a chi gli stà di fronte quando vi èl' occasione...aggiungese vogliono capire..'Cosa talvolta ardua..le persone non sono poi in grado di interpretare ..fatti ..cose in maniera reale..e come dico ioscarsamente dotati diintelligenza duttile.Inoltre mi chiedo quale grado di conoscenza anche storica abbiano dellungo travaglio israeliano..parlano di pancia!Poi ...la fetta abbastanza consistente..che conoscono molto ma continuano la loro battaglia con articoli,interventi ..etc nei quali mostrano spesso il lato negativista,iracondo e razzista ..etc..nei confronti di Israele.Involuzione del sensodemocratico.La storia non ha insegnato tanto..Si aggiunge a tutto..la mancanza di incisività dei vari capi di stato di nun certo rilievo...nei confronti della questione palestinese ' senza capo ne coda..guidata da un' esercito di terroristi'..Dal fronte palestinese dovrebbero chiedere'..pretendere garanzie..' e atti che possano portare ad una ..tranquilla convivenza fra Israele e Palestina..Queste garanzie dovrebbero essere pretese maggior